"Un atto di alto valore per l'affermazione dei diritti civili, un impegno comune contro la pena di morte e tutte quelle sanzioni che calpestano un principio essenziale di civiltà giuridica: quello della finalità rieducativa della pena". Così il presidente del Consiglio regionale, Nicola Irto, ha commentato l'approvazione dell'ordine del giorno con cui l'Assemblea legislativa calabrese si è impegnata a sollecitare l'attuazione della moratoria sulla pena di morte approvata dall'Onu. L'aula di palazzo Tommaso Campanella ha dato il via libera all'unanimità al documento sottoscritto da tutti i capigruppo presenti in aula (primo firmatario lo stesso presidente Irto) con cui viene chiesta l'applicazione della risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu. Una campagna di sensibilizzazione sostenuta soprattutto dall'associazione "Nessuno tocchi Caino".

Nell'ordine del giorno viene ricordato che "il 18 dicembre 2007 l’Assemblea generale delle Nazioni unite ha approvato per la prima volta la Risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali; successivamente la stessa Assemblea generale ha approvato ulteriori risoluzioni dirette a sensibilizzare un numero sempre maggiore di Paesi nel mondo al fine di mettere fine all’utilizzo della pena di morte ed ad ogni condanna disumana e degradante". La Commissione per i diritti umani dell'Onu, si legge ancora nella narrativa del documento, "ha approvato, nel 1997 su iniziativa italiana e nel 1999 su iniziativa europea, una risoluzione nella quale si ribadisce che l’abolizione della pena capitale costituisce un rafforzamento della dignità umana ed un progresso dei diritti fondamentali della persona e si chiede una moratoria delle esecuzioni capitali, in vista della completa abolizione della pena di morte". Da ultimo, "l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha deciso di discutere e votare ogni due anni per l’attuazione della risoluzione sulla moratoria" e per il suo rafforzamento "in termini di contenuti e di voti". L'ordine del giorno prosegue: "L’approvazione della risoluzione è stata ottenuta soprattutto grazie al lavoro di 'Nessuno tocchi Caino', un’associazione senza fine di lucro fondata a Bruxelles nel 1993, impegnata nella lotta per la difesa dei diritti umani ed in particolare per l’abolizione della pena di morte, che ha acquisito un rilievo di primo piano sulla scena internazionale attraverso la promozione di numerose e considerevoli campagne di informazione e sensibilizzazione sul tema". La stessa associazione "vuole organizzare nei prossimi mesi, in vista dell’imminente voto sulla nuova risoluzione, missioni di sensibilizzazione in quei Paesi del mondo che devono esprimere la propria posizione politico- giuridica". Al fine di sostenere questa azione, il Consiglio regionale ha assunto una posizione formale in linea con l'impegno promosso dalle altre Regioni europee.

Consiglio regionale in streaming - Seduta del 25/10/2016

 

 

Ho partecipato, in Prefettura a Reggio Calabria, alla sottoscrizione del Protocollo di legalità per il nuovo ospedale della Piana di Gioia Tauro. Presenti numerose autorità tra cui il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Marco Minniti. Si tratta di un atto di grande importanza, il cui scopo è prevenire le infiltrazioni mafiose nei lavori di realizzazione di un'opera fondamentale. L'iter per l'ospedale unico della Piana è stato finalmente sbloccato dalla Giunta regionale guidata dal presidente Mario Oliverio, superando difficoltà e imprevisti di ogni genere. Al centro del Protocollo, vi è l'impegno alla trasparenza e all'adozione di procedure rigorose per questa grande struttura da oltre 350 posti letto che prevede un investimento di 150 milioni di euro: soldi pubblici che vanno spesi, dal primo all'ultimo centesimo, con oculatezza, senso etico e rispetto dei cittadini. Perché la legalità è anche e soprattutto prevenire i problemi, guardando lontano, e non solo curarli dopo che si sono verificati. Specie quando si parla di un tema delicato come la Sanità.

Si è registrata una grande partecipazione all’iniziativa sul “Sì” al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre, che si è svolta a palazzo Tommaso Campanella alla presenza del sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Maria Ferri. Oltre 400 persone (che alla fine dei lavori hanno fornito un contributo importante al dibattito, intervenendo e ponendo quesiti) hanno affollato la sala “Federica Monteleone” della sede del Consiglio regionale, dove sono intervenuti, a sostegno delle ragioni del “Sì”, oltre al rappresentante del Governo nazionale, il costituzionalista Antonino Spadaro e il presidente dell’Assemblea legislativa calabrese, Nicola Irto.
Quest’ultimo, nel coordinare i lavori, ha sottolineato la necessità di «un confronto più pacato e nel merito dei temi della riforma. Il clima attorno al referendum è davvero avvelenato. Occorrebbero invece maggiore serenità e oggettività, perché non si discute né di un congresso di partito, né di un voto politico sul Governo, ma delle regole del gioco che ci porteremo dietro per i prossimi 50 anni». Irto ha inoltre sottolineato come «votare sì significhi anteporre l’interesse generale a quello particolare al mantenimento di piccoli spazi di potere. Basti pensare alla riduzione delle competenze delle Regioni, che rafforzerà lo Stato centrale e agevolerà un riequilibrio del rapporto tra Nord e Sud del Paese».
Antonino Spadaro, ordinario di diritto Costituzionale all’Università Mediterranea, si è soffermato sui profili tecnico-giuridici della ddl costituzionale Renzi-Boschi. Il professore, in particolare, ha sostenuto come – nonostante alcuni difetti (in particolare l’incertezza sulla composizione del nuovo Senato, di fatto “rinviata” a una legge bicamerale) – la valutazione complessiva sulla normativa lo abbia fatto propendere per il “Sì”: «Oggi non è più tempo di proporre l’optimum, ma siamo chiamati a decidere su “questa” riforma, che al momento non può essere votata “a pezzi” e comunque non tocca la prima parte della Carta». Un approccio non “dogmatico”, quello di Spadaro, che ha definito la nostra «una buona Costituzione, ma dopo 70 anni sicuramente bisognosa di riforme». Il docente – senza negare imperfezioni del testo – ha sottolineato, ritenendoli prevalenti, gli aspetti positivi: l’abolizione del Cnel, il superamento del bicameralismo perfetto, la riduzione “ragionata” dei poteri delle Regioni (il ritorno, anzi, all’originario modello del 1948 alterato dalla riforma del 2001), la riduzione del numero dei parlamentari, alcuni significativi risparmi (tra cui l’eliminazione delle Province e la riduzione degli stipendi dei consiglieri regionali), la restrizione del potere governativo di decretazione d’urgenza, il cosiddetto “voto a data certa” per i disegni di legge del Governo, il referendum propositivo e il ricorso preventivo alla Corte costituzionale per le leggi elettorali.
Il sottosegretario Ferri, da parte sua, ha affermato che il referendum «non è pro o contro il Governo. È invece una riforma fondamentale» il cui punto più qualificante è l’abolizione del bicameralismo perfetto: «Finalmente anche l'Italia avrà un procedimento legislativo in linea con il resto dei Paesi europei e porrà fine alla “navetta” parlamentare, riducendo i tempi di approvazione delle leggi». Per Ferri meritano di essere sottolineati anche «i risparmi derivanti dalla diminuzione del numero dei parlamentari». Quanto alla rappresentatività del Senato, i nuovi membri di palazzo Madama non saranno nominati ma «legittimati da un’investitura popolare». Uno dei pregi della riforma, ad avviso del sottosegretario alla Giustizia, è «il nuovo rapporto tra Stato e Regioni che porterà a una riduzione del contenzioso dinanzi alla Consulta». Con la nuova Costituzione, ha concluso Ferri, «potremo far ripartire il Paese. L’Italia ha bisogno di cambiare».

Un'occasione di confronto sulla Riforma Costituzionale per comprendere le ragioni e la possibilità di avere un Paese più stabile e più semplice.
Se ne discuterà venerdì 14 ottobre, alle 18:00 al dibattito "Riforma Costituzionale. Ragioniamo?" organizzato nella sala "Federica Monteleone" di Palazzo Campanella.
Al referendum del 4 dicembre prossimo gli italiani saranno chiamati per decidere se superare o meno il bicameralismo paritario, ridurre i parlamentari e contenere i costi dello Stato.
Una riforma che prevede l'abrogazione del Consiglio Nazionale Economia e Lavoro e si prefigge di cambiare i rapporti tra Stato e Regioni, anche alla luce dei tanti conflitti di competenza vissuti negli ultimi 15 anni.

   

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