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Al Ministro dell'interno. -
Premesso che:
il 16 febbraio 2024 il dissidente russo Alexei Navalny, recluso in una colonia penale della regione artica, è stato dichiarato morto dal servizio penitenziario federale. La notizia ha fatto rapidamente il giro del mondo, dal momento che Navalny era considerato il principale oppositore politico di Vladimir Putin;
manifestazioni di cordoglio e di protesta per la morte di Navalny si sono tenute in tutto il mondo nelle ore e nei giorni successivi al suo decesso;
il 18 febbraio a Milano una dozzina di aderenti e simpatizzanti dell’associazione “Annaviva” si sono dati appuntamento, mediante il social network “Facebook”, presso i giardini dedicati ad Anna Politkovskaja, la giornalista uccisa in circostanze misteriose a Mosca nel 2006, per rendere omaggio a Navalny, restando in silenzio in prossimità della targa dedicata a Politkovskaja;
arrivati sul luogo, sono stati avvicinati da tre persone in borghese, già presenti nei giardini e seduti su una panchina adiacente, che hanno richiesto ai convenuti i documenti e l’indirizzo di residenza, qualificandosi come agenti della DIGOS;
gli aderenti all’associazione si sono limitati, secondo quanto ricostruito da una dei partecipanti alla testata on line “Fanpage”, a portare fiori e a lasciare due foto e non hanno opposto alcuna resistenza alla richiesta delle generalità;
inoltre, durante una breve intervista che una degli esponenti dell’associazione stava rilasciando a un giornalista presente all’iniziativa, uno degli agenti era vicino all’intervistata e ascoltava con attenzione le sue parole;
considerato che, secondo quanto riportato dall’agenzia AGI e da altre agenzie il 19 febbraio 2024, il Ministro in indirizzo ha dichiarato: "L'identificazione delle persone è un'operazione che si fa normalmente nei dispositivi di sicurezza per il controllo del territorio. Mi è stato riferito che il personale che aveva operato non avesse piena consapevolezza (...) È capitato anche a me nella vita di essere identificato, non credo che sia un dato che comprime una qualche libertà personale";
considerato inoltre che il 16 febbraio scorso, la Presidente del Consiglio dei ministri ha rilasciato una dichiarazione, pubblicata sul sito del Governo, in cui definisce la morte di Alexei Navalny un “inquietante evento”,
si chiede di sapere:
quali istruzioni abbiano avuto gli agenti da parte dei loro superiori in ordine al raduno e in base a quali valutazioni gli agenti abbiano ritenuto di procedere all’identificazione di coloro che rendevano omaggio a Navalny, considerato che non era stato posto in essere alcun atto contra legem, che le persone che si erano radunate per la commemorazione erano in un numero esiguo, che la stessa si è svolta in assoluta tranquillità, nonché il fatto, come affermato dallo stesso Ministro, che non ne avessero “piena consapevolezza”;
se il Ministro in indirizzo non ritenga di fare luce su questo episodio, tanto più grave in quanto avvenuto in occasione della commemorazione di un uomo la cui morte ha colpito il mondo intero, determinando manifestazioni di solidarietà, cordoglio e indignazione a livello internazionale.
5) a sostenere le iniziative di cooperazione e sostegno delle istituzioni italiane, delle città, delle università e della società civile per il Myanmar.
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Al Ministro della giustizia. -
Premesso che:
un video del 3 aprile 2023, registrato dalle telecamere di sicurezza interne della Casa circondariale e di reclusione di Reggio Emilia, confluito agli atti dell'inchiesta chiusa dalla procura di Reggio Emilia a carico di dieci agenti della Polizia penitenziaria, accusati, a vario titolo, di tortura, lesioni e falso, documenta un brutale pestaggio subito da un detenuto tunisino di 44 anni;
nelle immagini si vede il detenuto incappucciato con una federa, messo pancia a terra con uno sgambetto e poi preso a pugni sul volto e sul costato, calpestato con gli scarponi, trattenuto alcuni minuti per braccia e gambe dagli agenti della Polizia penitenziaria. Le immagini mostrano, inoltre, come successivamente, denudato e sollevato di peso e sempre col cappuccio in testa, il detenuto venga trascinato in cella dove, nuovamente picchiato, è stato lasciato completamente nudo dalla cintola in giù per oltre un'ora, malgrado nel frattempo si fosse ferito e sanguinasse;
il filmato mostra quasi dieci minuti del pestaggio, che avviene prima nel corridoio fuori dalla stanza del direttore, poi sulla porta della cella che finisce allagata del sangue della vittima;
secondo quanto riportato da diversi organi di stampa, nonostante le richieste di aiuto, il detenuto sarebbe rimasto nella cella per oltre un’ora, prima di ricevere i soccorsi;
a seguito della denuncia della vittima e dell’apertura di un fascicolo presso la procura di Reggio Emilia, il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio per dieci agenti di Polizia penitenziaria accusati, a vario titolo, di tortura, lesioni e falso. Val la pena evidenziare, come a luglio, in occasione dell’adozione di dieci misure interdittive disposte dal giudice per le indagini preliminari, nell'ordinanza il comportamento degli agenti venga definito come «brutale, feroce e assolutamente sproporzionato rispetto al comportamento del detenuto»;
il detenuto, nel frattempo trasferito a Parma, ha espresso il timore di subire ritorsioni e nuove violenze a seguito della denuncia che ha portato all’apertura delle relative indagini;
il garante dei detenuti dell'Emilia-Romagna, Roberto Cavalieri, ha dichiarato che: "Le immagini del violento pestaggio rappresentano una pagina nera della gestione carceraria nella nostra regione. Non si può che provare un senso di ripugnanza e dolore nel vedere uomini in divisa usare metodi non solo illegali ma che tolgono ogni sembianza umana a un uomo incappucciandolo, colpendolo con pugni e calci, rendendolo totalmente vulnerabile e indifeso";
le violente immagini, acquisite dalla Procura di Reggio Emilia, testimoniano di una violenza gratuita e brutale e di una vera e propria tortura avvenuta nei confronti di una persona privata della libertà e sotto la responsabilità dello Stato;
inoltre, tali immagini e il ripetersi di episodi di violenza in diversi istituti penitenziari del nostro Paese provano, ancora una volta, l’importanza, nel rispetto della Convenzione di New York contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti del 1984, del reato di tortura, introdotto nel nostro ordinamento con la legge 14 luglio 2017, n. 110, quale presidio di legalità e rispetto dell’inviolabilità dell’incolumità fisica e della dignità umana, maggiormente in pericolo nei casi di limitazione della libertà personale,
si chiede di sapere:
quali iniziative necessarie e urgenti il Ministro in indirizzo intenda intraprendere al fine di fare chiarezza sul gravissimo episodio di tortura avvenuto nella Casa circondariale e di reclusione di Reggio Emilia e quali iniziative necessarie ed urgenti intenda, altresì, intraprendere per garantire l’inviolabilità e l’incolumità fisica dei detenuti in tutti gli istituti penitenziari nazionali;
quali iniziative intenda adottare al fine di scongiurare eventuali ritorsioni ai danni del detenuto vittima delle violenze e degli abusi citati in premessa.
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Ai Ministri della giustizia e degli affari esteri e della cooperazione internazionale. -
Premesso che:
dal mese di maggio 2023 un cittadino italiano ventinovenne, Filippo Mosca, è rinchiuso in un carcere rumeno, in una cella di trenta metri quadri condivisa da ventiquattro detenuti che, come riportato da diversi organi di stampa, vivrebbero in un clima di costante tensione, tra risse, aggressioni e accoltellamenti;
Filippo Mosca, accusato di traffico internazionale di stupefacenti, è stato condannato a otto anni di reclusione, circa un mese dopo l’arresto, da scontare nel penitenziario di Porta Alba, a Costanza, noto per essere stato uno dei lager del dittatore Nicolae Ceausescu e che più volte la Corte europea per i diritti umani ha condannato a causa delle condizioni degradanti in cui si trovano costretti i reclusi;
inoltre, occorre evidenziare che, come denunciato dai legali, i primi venti giorni di detenzione sarebbero trascorsi in isolamento, in una cella piena di topi, anche all’interno del materasso, quasi senza cibo. Tali condizioni non sarebbero migliorate con la fine dell’isolamento, perché Filippo Mosca si è trovato a dividere una cella con altri ventiquattro detenuti in condizioni disumane, senza servizi igienici, senza acqua calda e finanche senza coperte in un Paese che, come noto, nella stagione invernale raggiunge temperature molto rigide, anche fino a meno dieci gradi;
più volte i legali del nostro connazionale hanno evidenziato le diverse criticità verificatesi nel corso del procedimento penale, in particolare l’utilizzo di intercettazioni non autorizzate, criticità rispetto alle quali si potrà ben adire la Corte EDU. Ma il fatto che più desta preoccupazione è senza dubbio il rigetto della richiesta di affidamento agli arresti domiciliari, nonostante la documentazione sanitaria depositata che attesta la presenza di una patologia permanente;
non solo, in maniera del tutto ingiustificabile, sempre secondo quanto denunciato dai legali di Filippo Mosca, l’amministrazione del penitenziario di Porta Alba avrebbe respinto anche la richiesta di far pervenire i medicinali necessari, sebbene l’amministrazione non ne abbia la disponibilità;
come già evidenziato, le condizioni di detenzione inumane e degradanti del predetto istituto penitenziario sono in aperto contrasto con il rispetto dei diritti umani del detenuto e di tutti gli standard richiesti dalle corti e dalla giurisprudenza europea;
da ultimo basti pensare alla Raccomandazione (UE) 2023/681 sui diritti procedurali di indagati e imputati sottoposti a custodia cautelare e sulle condizioni materiali di detenzione, che fornisce orientamenti agli Stati membri dell’Unione europea per rafforzare i diritti degli indagati e imputati soggetti a custodia cautelare, sia in relazione ai loro diritti procedurali che alle condizioni materiali di detenzione, al fine di garantire che le persone che sono private della libertà personale siano trattate con la dignità e nel rispetto dei loro diritti fondamentali,
si chiede di sapere:
quali iniziative necessarie e urgenti il Ministro della giustizia intenda intraprendere presso le autorità romene, nell’ambito della cooperazione giudiziaria in materia penale, al fine di garantire prioritariamente che le condizioni di detenzione di Filippo Mosca assicurino il pieno rispetto dei diritti umani e degli standard europei in materia e se non ritenga altresì necessario e urgente, a seguito della richiesta di detenzione domiciliare avanzata dai legali, adoperarsi perché tale detenzione avvenga in Italia;
quali iniziative il Ministro degli esteri e della cooperazione internazionale intenda intraprendere presso le sedi europee, affinché tutti gli Stati membri si adeguino ai principi della corti europee e alle disposizioni dell’Unione in materia di garanzia del rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti.
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Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. -
Premesso che:
il comitato “Ecolabel Ecoaudit” è l'organismo competente per il rilascio dell'ecolabel europeo, disciplinato dal regolamento (CE) n. 66/2010, e per la registrazione EMAS, disciplinata dal regolamento (CE) n. 1221/2009;
l'ecolabel è un sistema volontario di etichettatura ecologica dei prodotti, che ha lo scopo di promuovere la progettazione, la produzione, la commercializzazione e l'uso di prodotti con minore impatto ambientale durante l'intero ciclo di vita dei prodotti, sulla base di criteri di valutazione dell'impatto ambientale che riguardano aspetti come il consumo di energia, l'inquinamento idrico, atmosferico, acustico e del suolo prodotti, la gestione dei rifiuti;
si tratta di un marchio di eccellenza ambientale, nel senso che facilita i consumatori a riconoscere i prodotti o i servizi che hanno un minore impatto ambientale a parità di prestazioni e qualità rispetto agli altri. L'ecolabel non è l'unico marchio ecologico esistente, ma ha i suoi punti di forza nell'essere diffuso in tutta l'Unione europea e nel fatto che il rispetto dei criteri ecologici viene attestato da organismi pubblici indipendenti;
un'azienda che si dota dell'etichettatura ecolabel costruisce la competitività ambientale dei suoi prodotti;
il comitato opera ai sensi del decreto del Ministro dell'ambiente 2 agosto 1995, n. 413, avvalendosi del supporto tecnico dell'ISPRA. Prevede che i membri del comitato, che è composto da rappresentanti dei Ministeri dell’ambiente e della sicurezza energetica, delle imprese e del made in Italy, della salute e dell’economia e delle finanze, restino in carica tre anni e che l'incarico possa essere rinnovato solo una volta;
il comitato attuale è scaduto da mesi e si è in attesa di nomina del nuovo. Risulta, quindi, impossibile per le imprese che hanno richiesto la certificazione conoscere l'esatta tempistica del loro rilascio;
tali ritardi sul rinnovo appaiono ancor più paradossali dal momento che il quadro delle attività 2023-2025 del comitato stesso, con lo stanziamento delle risorse, è in vigore dal 17 gennaio 2024 (approvato dal decreto ministeriale 27 dicembre 2023);
considerato che occorre provvedere tempestivamente all'emanazione del nuovo decreto ministeriale relativo alla nomina del nuovo comitato Ecolabel Ecoaudit, in considerazione anche dello stato di incertezza in cui versano le imprese che hanno intrapreso il percorso di certificazione ecolabel,
si chiede di sapere quali siano le ragioni che hanno finora impedito il tempestivo rinnovo del comitato e se il Ministro in indirizzo intenda chiarire quale sia lo stato dell'iter di emanazione del nuovo decreto ministeriale e i tempi previsti per la nomina del nuovo comitato, in considerazione anche dello stato di incertezza in cui versano le imprese che hanno intrapreso il percorso di certificazione ecolabel.
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Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dell'economia e delle finanze e delle imprese e del made in Italy. -
Premesso che:
Poste Italiane rappresenta 162 anni di storia italiana, ma per le sue caratteristiche è soprattutto un asset strategico del nostro presente: 120.000 dipendenti, 12.800 sportelli aperti sul territorio, 580 miliardi di risparmi degli italiani, 35 milioni di clienti;
il Consiglio dei ministri il 25 gennaio 2024, tra i punti all’ordine del giorno, ha approvato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri relativo alla “definizione dei criteri per l’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell’economia e delle finanze in Poste Italiane" approvando “in esame preliminare, un provvedimento che regolamenta l’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal MEF nel capitale di Poste Italiane”;
il Ministero dell’economia attualmente detiene una quota del 29,6 per cento di Poste Italiane ed un altro 35 per cento è in capo alla Cassa depositi e prestiti;
con la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2023, approvata dal Parlamento l’11 ottobre scorso, il Governo ha previsto ingenti proventi da nuove dismissioni di partecipate pubbliche, prevedendo un possibile introito nelle casse dello Stato pari a circa 21 miliardi nell’arco del triennio 2024-2026, corrispondente all’1 per cento del PIL. Il Ministro dell’economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, in occasione della conferenza stampa, ha affermato che “la dismissione di partecipazioni societarie pubbliche, rispetto alle quali esistono impegni nei confronti della Commissione europea legati alla disciplina degli aiuti di Stato, oppure la cui quota di possesso del settore pubblico eccede quella necessaria a mantenere un'opportuna coerenza e unitarietà di indirizzo strategico”;
del Piano di cessione delle partecipazioni pubbliche detenute in società quotate ne aveva parlato il ministro Giorgetti e anche, più di recente, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in occasione delle Comunicazioni in Aula alla Camera prima del Consiglio europeo del 14-15 dicembre scorsi. La Presidente del Consiglio era intervenuta sul tema privatizzazioni, affermando di aver messo in campo una guida virtuosa ed elencando tra le ragioni a supporto anche il fatto di aver “avviato un importante piano di privatizzazioni che non diventeranno con questo governo delle svendite”, facendo esplicito riferimento al caso di Poste Italiane;
la dichiarazione della Presidente del Consiglio dei ministri ha suscitato grande preoccupazione tra i sindacati, le lavoratrici ed i lavoratori, anche perché, durante l'incontro svoltosi il 12 dicembre 2023 nella sede centrale di Poste Italiane tra il Ministro dell'economia Giorgetti, il consiglio di amministrazione di Poste Italiane, il management e alcune centinaia di persone, le organizzazioni sindacali, che rappresentano 120.000 lavoratrici e lavoratori, non hanno potuto né partecipare né conoscere le linee guida del piano industriale di Poste Italiane che, a quanto risulta da notizie di stampa, è poi stato rinviato a marzo 2024;
durante la seduta di question time del 31 gennaio 2024 alla Camera, il ministro Giorgetti ha parlato, a proposito del piano di privatizzazione di una parte di quote di Poste, di una partecipazione pubblica che si potrebbe ridurre al 35 per cento. Appena pochi giorni prima il ministro Urso aveva invece parlato di una riduzione fino al 51 per cento,
si chiede di sapere:
se il Governo, ed in particolare i Ministri in indirizzo, abbiano chiaro l’obiettivo della svendita di quote di Poste Italiane e quale sia la percentuale delle quote di partecipazione pubblica che intendano mettere sul mercato;
se il piano studiato dal Governo tenga conto delle conseguenze che deriverebbero dalla cessione di quote di un’azienda pubblica dell’importanza di Poste Italiane;
quali conseguenze ne deriveranno nei termini delle garanzie sociali, della salvaguardia occupazionale e dello sviluppo aziendale;
quali conseguenze rischiano di verificarsi sulla rete territoriale di Poste, sulla sicurezza dei lavoratori e degli utenti e sul piano dell’infrastruttura digitale.