Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 4-01080. Pubblicato il 12 marzo 2024, nella seduta n. 167. Nicola Irto primo firmatario

IRTO - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della giustizia e dell'economia e delle finanze. -

Premesso che:

nell’ambito territoriale del comprensorio della Piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria, operavano due uffici giudiziari, siti rispettivamente nelle località di Palmi e Cinquefrondi;

i predetti uffici hanno goduto di piena autonomia gestionale e l’attività amministrativa, contabile e fiscale dei presidi risultava di competenza esclusiva dei rispettivi dirigenti, sino alla data del 31 dicembre 2014;

il dirigente dell’ufficio di Cinquefrondi provvedeva inoltre alla liquidazione di tutte le spettanze stipendiali e dei compensi accessori fuori sistema dovuti al personale del suo ufficio;

tra le competenze del dirigente rientrava anche la compilazione e l’invio all’INPS della D.M.A. (denuncia mensile analitica) contenente l’indicazione delle percezioni di ciascun dipendente e il resoconto dei contributi trattenuti e pagati a loro carico;

a decorrere dal 1° gennaio 2015, la competenza della gestione contabile e fiscale è stata trasferita in seno al Ministero dell’economia e della finanza;

tramite un apposito provvedimento di riorganizzazione degli uffici giudiziari, risalente al 2013, è stato soppresso l’ufficio di Cinquefrondi. Solo successivamente si è scoperto che l’ufficio aveva maturato, nel corso della propria gestione amministrativa, un disavanzo contributivo nei confronti dell’INPS;

in risposta al debito contratto, il 24 gennaio 2024, l’INPS ha attivato la procedura di pignoramento, rivalendosi sugli stipendi degli ufficiali giudiziari di Palmi, i quali, però, sono estranei ai fatti accaduti;

in esito a tale provvedimento, risulta bloccato l’unico conto corrente dell’ufficio di Palmi funzionale all’espletamento di tutte le attività istituzionali degli ufficiali giudiziari. A pagarne le conseguenze, oltre alla cittadinanza privata di servizi essenziali, sono gli stessi lavoratori dell’ufficio, ai quali veniva erogato lo stipendio proprio attraverso il conto corrente bloccato;

nonostante si siano susseguiti numerosi incontri e riunioni volte all’annullamento dell’atto esecutivo, ad oggi non si è registrato alcun passo in avanti nella direzione di una risoluzione definitiva del contenzioso;

tale situazione comporta pesanti ricadute sull’attività dell’ufficio di Palmi, tra cui il blocco totale delle attività giudiziarie penali, civili ed amministrative;

inoltre, risulta che l’INPS non abbia intrapreso alcuna azione per rimediare al disservizio arrecato. Tale inerzia ha costretto i dipendenti dell’ufficio giudiziario di Palmi a ricorrere alle vie legali a proprie spese, al fine di tutelare la propria immagine e riaffermare la loro estraneità ai fatti,

si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intendano intraprendere affinché venga aperto un tavolo di confronto con tutte le amministrazioni interessate, allo scopo di individuare una soluzione che tuteli innanzitutto i lavoratori dell’ufficio giudiziario di Palmi e la funzionalità dell’ufficio rispetto ad una vicenda paradossale.

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Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-01006 Pubblicato il 12 marzo 2024, nella seduta n. 167. Nicola Irto primo firmatario

IRTO - Al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. -

Premesso che:

l’articolo 9, comma 2, del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2023, n. 162, ha previsto l’istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2024, della Zona economica speciale per il Mezzogiorno-ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna;

l’articolo 10, comma 1 del suddetto decreto-legge, ha previsto, in relazione alla suddetta ZES unica, l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri della Cabina di regia, con compiti di indirizzo, coordinamento, vigilanza e monitoraggio, presieduta dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, composta dai Ministri ivi elencati, nonché dai Presidenti delle regioni di cui al menzionato articolo 9, comma 2, dal Presidente dell’Unione delle province d’Italia o da un suo delegato e dal Presidente dell’Associazione nazionale dei comuni italiani o da un suo delegato;

il comma 2 dello stesso articolo 10 prevede che, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, è istituita, ai sensi dell’articolo 7, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, e alle dirette dipendenze del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, la «Struttura di missione ZES», di cui è descritta l’articolazione e sono precisati i compiti, tra cui la predisposizione del Piano strategico della ZES unica di cui al successivo articolo 11 e la cura dell’istruttoria e lo svolgimento delle funzioni di amministrazione procedente ai fini del rilascio dell’autorizzazione unica di cui all’articolo 15, la quale, ex art. 14 del suddetto decreto-legge per come convertito, sostituisce tutti i titoli abilitativi e autorizzatori, comunque denominati, necessari alla localizzazione, all’insediamento, alla realizzazione, alla messa in esercizio, alla trasformazione, alla ristrutturazione, alla riconversione, all’ampliamento o al trasferimento nonché alla cessazione o alla riattivazione delle attività economiche, industriali, produttive e logistiche;

il suddetto decreto-legge, dispone all’articolo 12 sulla realizzazione ventura del portale web informativo della ZES-unica, l’articolo 13 in odine al suo Sportello unico digitale e alle relative competenze e l’articolo 16 disciplina il credito d’imposta per gli investimenti nella medesima ZES unica;

nel decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, recante ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), sono state introdotte misure per il trasferimento delle funzioni dei commissari delle ZES precedenti alla Struttura di missione della ZES unica;

diversi organi di stampa, nel riportare la sospensione sino a fine marzo 2024 dei termini di chiusura dei procedimenti non ancora conclusi per l’autorizzazione unica avviati nei singoli uffici regionali delle ZES precedenti, cioè i procedimenti non ancora definiti alla data, del 1° marzo 2024, di cessazione dell’attività dei singoli commissari delle medesime, hanno evidenziato notevoli criticità nel corso della fase di transizione in atto e precisato che alle istanze di trattazione pendenti se ne sono aggiunte altre, nuove, con numerose richieste di chiarimento sull’iter da seguire, atteso pure che, come si legge in un articolo apparso su “Corriere della Calabria” il 28 febbraio 2024, nei due mesi di proroga e con funzioni in scadenza, le competenze dei commissari straordinari si allargavano dal perimetro iniziale della ZES in gestione a tutta l’area regionale;

al momento nessuna indicazione è pervenuta dalla nuova Cabina ministeriale, ancora sprovvista di organico e ferma sulle attività e nessuna certezza, per quanto ricostruito, vi sarebbe anche sul credito d’imposta «non definito alla fine dell’anno»,

si chiede di sapere:

quanti siano i procedimenti non definiti alla data del 1° marzo 2024 e quale sia il relativo importo complessivo in termini di investimenti e quali indicazioni siano state fornite ai richiedenti;

quali urgenti iniziative di competenza il Ministro in indirizzo intenda assumere per assicurare la conclusione dei procedimenti in corso e la predisposizione del Piano strategico della ZES unica;

quali notizie intenda fornire in relazione al previsto credito di imposta, ai tempi di definizione e alle modalità correlate di accesso ed erogazione.

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Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-01001. Pubblicato il 12 marzo 2024, nella seduta n. 167. Nicola Irto cofirmatario

Ai Ministri per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR e dell'economia e delle finanze. -

Premesso che:

“pagoPA”, società interamente partecipata dallo Stato attraverso il Ministero dell’economia e delle finanze e sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio dei ministri, tramite il Ministro delegato, è la piattaforma digitale deputata ai pagamenti in favore della Pubblica Amministrazione, realizzata con lo scopo di semplificare e aumentare la qualità e la quantità dei servizi di pagamento offerti dagli enti della Pubblica Amministrazione ed effettuarli nella massima sicurezza;

dal 2016 ad oggi, pagoPA ha registrato una crescita esponenziale e costante, sia in termini di transazioni che di controvalore dei pagamenti. Nel 2021 ha gestito oltre 182,5 milioni di operazioni per un controvalore di circa 34 miliardi; nel 2022, invece, le transazioni gestite hanno superato i 331 milioni per un controvalore di circa 61 miliardi. Solo nel 2023, si osserva una media di oltre 12 milioni di utenti che hanno effettuato oltre 30 milioni di pagamenti al mese tramite la piattaforma;

tra il totale degli enti creditori che fanno parte del perimetro di pagoPA, alla fine del primo semestre 2023 erano 21.700 gli enti pubblici aderenti, di cui 7.884 Comuni;

considerato che:

la digitalizzazione occupa una posizione di rilievo tra gli interventi di riforma annoverati nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNNR);

la Missione n.1 si prefigge come obiettivo generale quello di dare un "impulso decisivo al rilancio della competitività e della produttività del Paese", attraverso una serie di investimenti volti a garantire un deciso salto di qualità nel percorso di digitalizzazione del Paese;

dei 49,86 miliardi di euro stanziati al fine di dare attuazione agli obiettivi della Missione n.1, una quota pari al 23 per cento è destinata interamente al settore di intervento relativo alla digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella Pubblica Amministrazione;

rilevato che:

l’articolo 20, comma 3, del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, recante “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”, prevede che, ai fini del rafforzamento dell’interoperabilità tra le banche dati pubbliche e di valorizzazione della piattaforma digitale nazionale dati, nonché di razionalizzazione e di riassetto industriale nell’ambito delle partecipazioni detenute dallo Stato, sono attribuiti rispettivamente all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A., in misura non inferiore al 51 per cento, e, per la restante quota di partecipazione, a Poste Italiane S.p.A., i diritti di opzione per l’acquisto dell’intera partecipazione azionaria detenuta dallo Stato nella società pagoPA;

il corrispettivo della suddetta cessione è determinato sulla base di una relazione giurata di stima prodotta da uno o più soggetti di adeguata esperienza e qualificazione professionale nominati dal Ministero dell’economia e delle finanze, di intesa con le parti acquirenti e con oneri a carico delle stesse;

le somme oggetto del corrispettivo della cessione di pagoPA sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, nel medesimo anno, nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, al fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato;

tale operazione si inserisce nel solco delle privatizzazioni previste dal Governo per recuperare 20 miliardi di euro nel triennio 2024-2026, chiamando Poste Italiane S.p.A. a contribuire, con le proprie risorse finanziarie, al raggiungimento del predetto obiettivo attraverso l’imposizione dell’acquisto di quote azionarie di pagoPA. Un contributo che va ad aggiungersi a quello della prospettata cessione sul mercato di quote azionarie dell’azienda da parte del Ministero dell’economia e delle finanze. Il combinato disposto delle due operazioni evidenzia di fatto l’utilizzo di Poste Italiane S.p.A. come fonte di finanziamento delle iniziative dell’Esecutivo in carica;

le organizzazioni sindacali, sulla spinta dei forti malumori emergenti all’interno dell’azienda, hanno manifestato le preoccupazioni sul futuro di Poste Italiane e dei lavoratori occupati, anche alla luce dei paventati e preoccupanti riassetti interni orientati a favorire le operazioni in atto;

la cessione di pagoPA desta preoccupazioni anche al di fuori di Poste Italiane, in particolare per gli aspetti e i riflessi concorrenziali, nonché per gli aspetti riguardanti la tutela dei dati dei cittadini che si avvalgono di pagoPA, a partire dai metodi di pagamento utilizzati;

l’operazione appare altresì in evidente contraddizione con gli obbiettivi profilati dalla Missione n.1 del PNNR, riducendo altresì le possibilità di Poste Italiane S.p.A. di investire nel processo di digitalizzazione,

si chiede di sapere:

quali siano le motivazioni che hanno portato al coinvolgimento di Poste Italiane S.p.A. nell’operazione di cessione di quote di capitale di “pagoPA”;

se i Ministri in indirizzo intendano chiarire quale sia il corrispettivo minimo atteso dalla suddetta cessione e quali siano i criteri che saranno adottati dai soggetti nominati dal Ministero dell’economia e delle finanze per la definizione della cessione delle quote di pagoPA alle parti acquirenti;

se non ritengano che la cessione di quote di capitale di pagoPA a Poste Italiane S.p.A. comporti problematiche di natura concorrenziale e se intendano escludere qualsiasi problematica con riguardo alla tutela dei dati sensibili dei cittadini che si avvalgono di pago PA, a partire dai metodi pagamento con bancomat e carte di credito;

se non ritengano che la cessione di quote di pagoPA sia del tutto in contrasto con gli obiettivi del PNRR e gli interessi della pubblica amministrazione in tema di digitalizzazione e se intendano escludere che da tale cessione non derivi un disimpegno pubblico sul fronte dello sviluppo, della semplificazione, della qualità e della sicurezza dei servizi di pagamento in via digitale, con conseguente pregiudizio per la pubblica amministrazione e gli enti creditori che hanno finora utilizzato la piattaforma di pagoPA.

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Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-01007. Pubblicato il 12 marzo 2024, nella seduta n. 167. Nicola Irto cofirmatario

Ai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'interno.
Premesso che:

il 7 marzo 2024 la nave “Sea Watch 5” ha soccorso in mare circa cinquanta persone che si trovavano su un’imbarcazione di legno nel Mediterraneo centrale. Secondo quanto riferito dagli stessi migranti, il gruppo era partito da Zuwara in Libia;

quattro migranti, con intossicazione da idrocarburi, ustioni, ipotermia e scabbia, sono stati trasbordati dalla nave Sea Watch 5 alla motovedetta Cp319 della Guardia costiera, che li ha sbarcati a Lampedusa. L’evacuazione medica è stata effettuata durante la notte;

i migranti, provenienti dal Pakistan e dall’Eritrea, sono stati portati al poliambulatorio dell’isola siciliana da dove, all’alba, due sono stati dimessi e condotti all’hotspot di contrada Imbriacola;

l’equipaggio della nave umanitaria ha reso nota la notizia del decesso di un giovane minorenne a seguito delle ustioni riportate, dovute a un misto di acqua di mare e carburante stagnanti nel fondo della barca di legno in cui i migranti sono stati costretti per ore;

non appena espletate le procedure di soccorso a fronte delle gravissime condizioni in cui versava il ragazzo ed altri quattro migranti, la Sea Watch 5 ha chiesto con urgenza alle autorità italiane di evacuare le persone in gravi condizioni mediche, diramando la prima richiesta di medical evacuation (Medevac), intorno alle ore 13;

come dichiarato dal team dell’ONG: "Dopo circa due ore, e senza che nessuna autorità avviasse un'operazione di evacuazione, un ragazzo di 17 anni è morto a bordo della nostra nave”;

il personale della Sea Watch 5 ha, inoltre, dichiarato che solo nove ore dopo la richiesta di evacuazione urgente, la Guardia costiera avrebbe prelevato 4 persone dalla nave, non avendo avuto l’autorizzazione a prendere a bordo il corpo del 17enne deceduto. L’ONG si è vista così costretta a trasportarlo fino al porto assegnato di Ravenna a ben 1.500 chilometri di distanza;

pertanto, il corpo del ragazzo deceduto resterà a bordo della Sea Watch 5 ancora per 4 giorni, il tempo necessario a raggiungere il porto assegnato, peraltro in condizioni disumane, visto che la nave non è dotata di cella frigorifera e spazi separati;

secondo quanto risulta agli interroganti al momento delle operazioni di soccorso l’hotspot di Lampedusa non si trovava in condizioni di sovraccarico numerico,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritengano necessario e urgente intraprendere le dovute iniziative al fine di chiarire per quali motivi la Guardia costiera abbia risposto alla richiesta di medical evacuation con nove ore di ritardo;

se siano state effettuate le dovute procedure al fine di indentificare le persone vulnerabili ai sensi dell’articolo 17, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, che si trovavano a bordo della Sea Watch 5;

per quale motivo sia stato assegnato il porto di Ravenna quale porto sicuro e per quali motivi non sia stata autorizza la Guardia costiera a prelevare il corpo del ragazzo deceduto, anche alla luce della mancanza delle necessarie strutture a bordo della Sea Watch 5 per trasportarlo.

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Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-01003. Pubblicato il 12 marzo 2024, nella seduta n. 167. Nicola Irto cofirmatario

Ai Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e della giustizia. -
Premesso che:

il 28 febbraio 2024, a seguito di un colloquio svoltosi a Roma tra il ministro degli Esteri italiano, il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, come si legge sull'account “Twitter” del portavoce, ha dichiarato, riferendosi ad Ilaria Salis, che: "Questa signora, presentata come una martire in Italia, è venuta in Ungheria con un piano chiaro per attaccare persone innocenti per le strade come parte di un'organizzazione di sinistra radicale. Spero sinceramente che questa signora riceva la meritata punizione in Ungheria", il ministro ungherese, sempre secondo quanto riporta il tweet del portavoce del governo ungherese, ha criticato i media italiani per la versione fornita della vicenda e ha trovato "assolutamente sorprendente che l'Italia abbia tentato di intervenire in un processo giudiziario ungherese, sottolineando l'indipendenza della magistratura ungherese e la non interferenza del governo";

le dichiarazioni del ministro ungherese, oltre a confermare gli elementi di preoccupazione in relazione alla drammatica vicenda di Ilaria Salis che da oltre un anno si trova nelle carceri ungheresi, aggravano ulteriormente il quadro. Come noto la procura ungherese ha chiesto 11 anni di carcere per l’insegnante italiana detenuta, accusata di aver provocato alcune lesioni durante gli scontri con un gruppo di neonazisti europei in data 11 febbraio 2023;

Ilaria Salis si è sempre proclamata innocente ed ha rifiutato di patteggiare la pena scegliendo, invece, di sottoporsi al processo. La richiesta di una pena altissima desta preoccupazione, anche alla luce di una mancata denuncia da parte delle persone rimaste aggredite negli scontri;

in occasione dell’udienza dello scorso 29 gennaio, Ilaria Salis è stata condotta innanzi il tribunale di Budapest con mani e piedi legati da catene e, in aggiunta, una catena legata in vita; un trattamento inumano e degradante che ha, come già evidenziato, profondamente scosso l’opinione pubblica italiana ed europea;

in numerose missive inviate ai suoi legali ed alla sua famiglia la nostra connazionale ha denunciato le condizioni detentive in cui si è trovata a vivere: celle con spazi angusti, mancanza di igiene, areazione insufficiente, mancanza di indumenti. Celle infestate da cimici e scarafaggi, oltre alla presenza di numerosi topi nella struttura. Incompatibilità di orario tra doccia, ora d’aria e cambio lenzuola, una situazione insostenibile e del tutto incompatibile con gli standard europei di rispetto dei diritti umani dei detenuti;

il padre, gli avvocati e altri attivisti che seguono il caso hanno da subito denunciato le condizioni «degradanti» della detenzione, in certi periodi «assimilabili alla tortura». Successivamente alle immagini del tribunale l’ambasciatore ungherese è stato convocato dal ministro degli Esteri alla Farnesina per ricevere la protesta formale del Governo italiano e la richiesta formale di vigilare e di intervenire affinché vengano rispettati i diritti, previsti dalle normative comunitarie;

considerato che:

l’articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta anche dall’Ungheria, prevede il divieto di tortura, pene o trattamenti inumani e degradanti. Tale divieto rappresenta un elemento costante in tutti gli strumenti internazionali di tutela dei diritti dell'uomo e in gran parte delle Costituzioni moderne; come tale la Corte EDU ha più volte ribadito l'importanza del divieto definendolo "un principio fondamentale delle società democratiche";

inoltre, la predetta norma è l'unica della Convenzione che non prevede eccezioni o deroghe, il divieto, infatti, non trova impedimenti d'azione neppure in circostanze gravi quali la lotta al terrorismo o alla criminalità organizzata. La Corte EDU, infatti, nella sentenza “Chahal c. Regno Unito” del 7 luglio 1996, ha affermato il principio, più volte ribadito negli anni successivi, secondo cui nessuna circostanza, comprese la minaccia di terrorismo o le preoccupazioni per la sicurezza nazionale, può giustificare l'esposizione di un individuo al rischio concreto di tali violazioni di diritti umani;

l’articolo 33 della medesima Convenzione disciplina i ricorsi interstatali e prevede che: “Ogni Alta Parte Contraente può deferire alla Corte ogni inosservanza delle disposizioni della Convenzione e dei suoi protocolli che essa ritenga possa essere imputata ad un’altra Parte Contraente”;

come di tutta evidenza, le condizioni di detenzione cui è sottoposto la cittadina italiana Ilaria Salis sono in palese violazione della giurisprudenza consolidata della Corte EDU e l’uso delle manette durante il procedimento penale, emerso dalle immagini mostrate da tutti i media, sembra non necessario e sproporzionato all’esigenze di sicurezza e, quindi, in contrasto con la giurisprudenza della Corte EDU (in tal senso si vedano le sentenze Svinarenko and Slyadnev v. Russia [GC], 2014, § 117; Korneykova and Korneykov v. Ukraine, 2016, § 111),

si chiede di sapere per quali motivi il Governo italiano non si sia ancora attivato nelle competenti sedi al fine di far deferire il Governo ungherese alla Corte EDU per le palesi e continue violazioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ai danni della connazionale Ilaria Salis.

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