Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-00297 - Pubblicato il 21 marzo 2023, nella seduta n. 50 - Nicola Irto cofirmatario

Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, delle infrastrutture e dei trasporti, del lavoro e delle politiche sociali e per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. -

Premesso che:
il piano nazionale di ripresa e resilienza, oltre alla finalità di sostenere la ripresa e realizzare una piena transizione ecologica e digitale, ha quale obiettivo il recupero dei ritardi che penalizzano storicamente il Paese attraverso la definizione di tre priorità trasversali, vale a dire donne, giovani e differenze territoriali e prevede l’impegno ad assicurare che l’intero meccanismo di recovery possa determinare un impatto significativo e prevedibile sulla crescita dell’occupazione femminile e giovanile;
il PNRR prevede esplicitamente, a pagina 36, l’introduzione di disposizioni dirette a condizionare l’esecuzione dei progetti all’assunzione di giovani e donne anticipando che “con specifici interventi normativi, sarà previsto l’inserimento nei bandi gara, tenuto anche conto della tipologia di intervento, di specifiche clausole con cui saranno indicati, come requisiti necessari e, in aggiunta, premiali dell’offerta, criteri orientati verso tali obiettivi”. Il dispositivo di condizionalità prevede, in sintesi, un vincolo per gli operatori economici aggiudicatari di bandi di fondi PNRR e del piano nazionale degli investimenti complementari (PNC) che impone di destinare ai giovani under 36 e alle donne senza limiti di età almeno il 30 per cento dell’occupazione aggiuntiva creata in esecuzione del contratto per le attività essenziali connesse;
in attuazione di tali obiettivi, l’articolo 47 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, al comma 4 stabilisce che le stazioni appaltanti sono tenute a prevedere nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, come requisiti necessari e come ulteriori requisiti premiali dell’offerta, criteri orientati a promuovere l’imprenditoria giovanile, la parità di genere e l’assunzione di giovani, fino ai 36 anni, e donne, prevedendo altresì nei successivi commi misure premiali in favore degli operatori che adempiono a tale previsione ovvero l’applicazione di penali in caso di inadempienza;
al comma 8, prevede che con linee guida del Presidente del Consiglio dei ministri ovvero dei Ministri o delle autorità delegati per le pari opportunità e della famiglia e per le politiche giovanili e il servizio civile universale, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro per le disabilità, siano definiti le modalità e i criteri applicativi delle misure previste per le pari opportunità e l’inclusione lavorativa nei contratti pubblici relativi al PNRR e al PNC, nonché indicate le misure premiali e predisposti i modelli di clausole da inserire nei bandi di gara differenziati per settore, tipologia e natura del contratto o del progetto;
le stazioni appaltanti, in relazione ai progetti del PNRR, hanno già predisposto numerosi bandi di gara, avvisi ed inviti, nei quali non sono stati previsti, di fatto, i requisiti premiali previsti dal citato articolo 47, orientati a promuovere l’imprenditoria giovanile, la parità di genere e l’assunzione di giovani. A quanto si apprende da un recente articolo pubblicato dal quotidiano “la Repubblica”, che cita dati ANAC non ancora pubblicati, circa il 70 per cento degli oltre 48.000 affidamenti registrati da luglio a oggi prevedono una deroga totale alle clausole di condizionalità, previste dal PNRR, che impongono di destinare ai giovani di età inferiore ai 36 anni e alle donne almeno il 30 per cento delle assunzioni necessarie a realizzare l’affidamento, mentre 1.343 affidamenti hanno usufruito di una deroga parziale delle suddette clausole. Su tali attendibili dati dell’ANAC, risulta inoltre una grave mancanza di trasparenza da parte dei portali ufficiali sul monitoraggio dell’attuazione del PNRR, a partire dalla piattaforma governativa “Italia domani”;
le linee guida di cui all’articolo 47, comma 8, non risultano ancora adottate, di fatto confermando l’orientamento del Governo alla deroga permanente all’applicazione della clausola di condizionalità per infondati timori e presunti rischi di complicazione delle procedure o incremento dei costi dei progetti;
ad aggravare la situazione si rammenta, altresì, il contenuto del codice dei contratti pubblici predisposto dal Governo, la cui pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dovrà avvenire entro il 31 marzo 2023. In tale importante riforma legata al PNRR è emersa, durante l’esame dello schema di decreto legislativo nelle Commissioni parlamentari, la mancata inclusione della parità di genere tra i principi generali del codice, atteggiamento confermato anche nel resto del provvedimento. La parità di genere è stata inserita nello schema soltanto nell’allegato II.3, nell'ambito dei soggetti con disabilità o svantaggiati. Si tratta di un preoccupante arretramento rispetto alla previgente normativa, confermato dal fatto che le disposizioni relative alla certificazione della parità di genere di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (codice delle pari opportunità tra uomo e donna), sono stati traslati dalla normativa di rango primario agli allegati al nuovo codice, ragion per cui non vi è alcuna garanzia che la questione possa trovare adeguata copertura nei regolamenti da emanare successivamente,

si chiede di sapere:
quali iniziative urgenti si intenda adottare al fine di salvaguardare il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei divari di genere e generazionali esplicitamente previsti dal PNRR, anche al fine di evitare il rischio di una sospensione o di una riduzione degli importi delle rate semestrali da parte della Commissione europea;
quali iniziative si intenda adottare per dare piena ed immediata attuazione ai contenuti dell’articolo 47 del decreto-legge n. 77 del 2021, e affinché le stazioni appaltanti prevedano nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, come requisiti necessari e come ulteriori requisiti premiali dell’offerta, criteri orientati a promuovere l’imprenditoria giovanile, la parità di genere e l’assunzione di giovani;
se si intenda, altresì, chiarire la tempistica prevista per l’adozione delle linee guida di cui all’articolo 47, comma 8, del decreto-legge n. 77 del 2021;
se si intenda operare affinché sia rapidamente garantita la massima trasparenza sui dati relativi all’attuazione del PNRR, in particolare relativamente al raggiungimento degli obiettivi previsti dalle priorità trasversali;
se si intenda prevedere interventi finalizzati a garantire l’inserimento della parità di genere tra i principi e nell’articolato del nuovo codice dei contratti pubblici, non solo come condizionalità ma come premialità, evitando un preoccupante ed inopportuno arretramento rispetto alla previgente normativa.

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Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-00295 - Pubblicato il 21 marzo 2023, nella seduta n. 50 - Nicola Irto cofirmatario

Al Ministro dell'interno.

Premesso che:
la Giunta del Comune di Grosseto, in data 30 gennaio 2023, ha avviato il procedimento finalizzato a una revisione della toponomastica cittadina, consistente nel cambio di denominazione di due strade trasverse di via della Pacificazione nazionale, da intitolare rispettivamente a Enrico Berlinguer e Giorgio Almirante;
tale decisione ha suscitato un acceso dibattito in seno alla comunità cittadina; innanzitutto, perché la decisione della Giunta, al riparo di un intento asseritamente pacificatorio, accomuna due figure profondamente diverse tra loro e che un assai diverso ruolo hanno svolto nelle vicende che hanno condotto alla fondazione della Repubblica e all’approvazione della Costituzione;
da un lato Enrico Berlinguer, che lottò per il ritorno alla democrazia e, nel corso di tutta la sua attività politica e fino alla morte, non ha mai risparmiato le sue energie per contribuire alla difesa della Costituzione, alla sua piena attuazione e al consolidamento della democrazia nel nostro Paese;
dall’altro, Giorgio Almirante che, da tutt’altra posizione, è stato dapprima coinvolto negli ultimi tragici anni di azione del regime fascista, ricoprendo addirittura il ruolo di segretario di redazione della rivista “La difesa della razza” dal 1938 al 1942 e firmando articoli dal tenore inequivocabilmente razzista tra cui quello, tristemente noto, del 5 maggio 1942 nel quale, tra l’altro, scrisse che: “Il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in tutti, la coscienza della razza”;
successivamente, ha svolto un ruolo di primo piano nella Repubblica sociale italiana, sia nella Guardia nazionale repubblicana sia come capo di gabinetto del Ministro della cultura popolare Fernando Mezzasoma; in tale qualità, tra l’altro, firmò un manifesto, affisso nella primavera 1944 in molti comuni toscani, nel quale si minacciava l’applicazione della pena di morte per tutti coloro che, tra i soldati ritenuti renitenti e disertori dopo l’8 settembre 1943 e tra i partigiani, rifiutassero di consegnarsi alle truppe nazifasciste entro il 25 maggio 1944; proprio nel clima generale prodotto anche da tale manifesto, avvennero anche nel grossetano, tra la primavera e l’estate 1944, sanguinose stragi di civili, tra cui quella della Niccioleta;
dopo l’avvento della Repubblica, sia prima che durante la propria attività quale segretario del Movimento sociale italiano, Giorgio Almirante ha sempre ribadito la linea politica del partito cui apparteneva, racchiusa nel motto “Non rinnegare, non restaurare”, dunque rifiutando di assumere qualsivoglia posizione critica nei confronti del regime fascista;
proprio per questo, la comunità grossetana ha reagito con sdegno e in modo trasversale alla decisione della Giunta comunale in un dibattito che, nelle ultime settimane, ha visto coinvolti associazioni, esponenti della società civile, ex amministratori e semplici cittadine e cittadini;
in particolare, il comitato provinciale “Norma Parenti” dell’ANPI e le sezioni dell’ANPI di Grosseto “Carla Nespolo” ed “Elvio Palazzoli” hanno sottolineato che “Giorgio Almirante è stato un fascista al servizio dei nazisti che occuparono l’Italia, un ferale connubio che ha causato tanti lutti anche nella nostra provincia”, invocando il ricordo e il rispetto delle vittime delle stragi nazifasciste avvenute anche nel grossetano;
come riportato da “Il Tirreno” in data 17 marzo 2023, anche l’ex sindaco di Grosseto, Alessandro Antichi, che fu a capo di una Giunta di centrodestra, ha dichiarato la propria contrarietà all’intitolazione;
considerato che l’intitolazione di una via a Giorgio Almirante non ha nulla a che vedere con un intento di pacificazione ma anzi, soprattutto a Grosseto e nel grossetano, implica la riapertura, innecessaria e grave, di ferite che affondano nella memoria dei tragici fatti della primavera 1944, cui Almirante non fu estraneo; d’altra parte, la pacificazione nazionale è avvenuta il 25 aprile 1945 con la liberazione dell’Italia dal nazifascismo e, successivamente, con l’approvazione della Costituzione repubblicana che nuovamente riunito la comunità nazionale attorno ai valori della libertà, dell’eguaglianza e della democrazia;

considerato altresì che:
ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 giugno 1927, n. 1188, “Nessuna denominazione può essere attribuita a nuove strade e piazze pubbliche senza l’autorizzazione del prefetto”;
secondo quanto riportato in data 16 marzo 2023 dai locali organi di stampa, tale autorizzazione non sarebbe ancora pervenuta in quanto, più in generale, la Giunta comunale non avrebbe nemmeno inoltrato l’apposita istanza, allegando alla medesima la relativa delibera di Giunta e la planimetria dell’area interessata;
esiste ancora un margine per fare in modo che, grazie a un'assunzione di responsabilità da parte del prefetto, sia risparmiata a Grosseto l’onta di una così grave offesa alla memoria,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda porre in atto, anche attraverso le opportune interlocuzioni con la locale Prefettura, per evitare che si dia seguito alla decisione della Giunta comunale di Grosseto.

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Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 4-00304 - Pubblicato il 15 marzo 2023, nella seduta n. 49 - Nicola Irto cofirmatario

Al Ministro delle imprese e del made in Italy.

Premesso che:
lo stabilimento Montefibre di Acerra (Napoli) è stata un'azienda nata nel 1972 nell’ambito della razionalizzazione delle aziende del gruppo Montedison; essa sorgeva nell’area di sviluppo industriale di Acerra ed è stata per moltissimi anni un'importante realtà industriale nella produzione di fibre di poliestere, in cui per il ciclo produttivo sono state utilizzate le tecnologie più avanzate del momento;
tra il 1979 ed il 2003 il livello occupazionale ha superato le 2.000 unità;
nel 1996 dopo il fallimento del progetto Enimont, Montefibre è stata ceduta al gruppo Orlandi e nel 1999 è stato chiuso tutto il comparto dei fili in poliestere, con la conseguente perdita di 300 posti di lavoro;
dal 2000 al 2010, l'azienda ha subito una pluralità di cessioni, dismissioni, riorganizzazioni, che hanno coinvolto anche investitori stranieri, ma, a fronte della perdurante crisi economica internazionale, gli investitori hanno concluso il proprio programma di investimenti;
l’azienda ha operato sino al 2013 e successivamente la produzione si è progressivamente ridotta fino a fermarsi in tutti gli stabilimenti, per giungere al fallimento nel 2018;
a seguito di un’attività dismissiva lenta ma costante, il numero dei dipendenti si è via via ridotto a sole 450 unità collocate in cassa integrazione a zero ore fino a quando sono finiti nelle liste di mobilità, percependo un'indennità mensile di soli 550 euro. Ad oggi, si contano 125 ex dipendenti che sono troppo anziani per ricollocarsi nel mondo del lavoro e troppo giovani per accedere ai trattamenti di quiescenza;
la gestione relativa alle vicende della Montefibre, pur essendo stata più volte posta all’attenzione del Ministero dello sviluppo economico, non è mai stata risolta, con gravissime conseguenze sui lavoratori, sulle famiglie e su tutto il tessuto sociale del comune di Acerra. Nel corso degli anni sul sito originariamente occupato dall’azienda si sono formati nuovi insediamenti industriali, tra i quali anche il termovalorizzatore, ma, nonostante gli accordi sottoscritti con le istituzioni, nessuno dei lavoratori ex Montefibre vi è stato riassorbito;
l’ex azienda si trova in territorio facente parte di un’area di crisi industriale complessa caratterizzata da difficoltà di reinserimento lavorativo che necessiterebbe di misure e strumenti rafforzati di supporto per assicurare agli ex operai la continuità lavorativa, come già realizzato ad esempio in altre aree di crisi industriale, ad esempio nelle aree di crisi complessa di Frosinone e Rieti, ove, il 23 febbraio 2023, a seguito di un accordo quadro sottoscritto tra l’amministrazione regionale e le parti sociali per la gestione delle risorse destinate agli ammortizzatori sociali, è stata predisposta l’attivazione di progetti finalizzati al contrasto della disoccupazione di lunga durata;
il 22 febbraio i lavoratori ex Montefibre hanno manifestato ancora una volta davanti al sito dell’ex azienda per chiedere un incontro urgente tra le istituzioni locali e il Ministero, al fine di riassorbire nei siti industriali di nuova formazione coloro che sono ancora nella fascia d’età per riprendere a lavorare e, inoltre, hanno chiesto la ripresa delle procedure per l’accertamento dell’esposizione ad amianto, al fine di consentire, a coloro che sono vicini ad un’età pensionabile, di accedere ai benefici previdenziali connessi a tale condizione,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della situazione e se non abbia valutato la convocazione di un tavolo, con la partecipazione delle amministrazioni competenti e dei rappresentanti dei lavoratori interessati, al fine di favorire procedure di concertazione per individuare le misure più idonee al riassorbimento nel tessuto lavorativo locale degli ex dipendenti della Montefibre.

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Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 4-00308 - Pubblicato il 15 marzo 2023, nella seduta n. 49 - Nicola Irto cofirmatario

Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Premesso che:
lo stabilimento Montefibre nasce nella metà degli anni '70 ed è stato un'importante realtà industriale nella produzione di fibre di poliestere inserita nell'area di sviluppo industriale di Acerra (Napoli); per il ciclo produttivo sono sempre state utilizzate le tecnologie più avanzate del momento e il complesso industriale è stato costituito dai seguenti impianti e servizi: a) impianto per la produzione di dimetiltereftalato; b) impianto per la produzione di polimero polyetilentereftalato; c) impianto per la produzione di fibre tessili e filati di poliestere; d) centrale termoelettrica a metano; e) impianti per la produzione di fluidi di servizi come azoto, aria compressa, acqua refrigerata, acqua di torre, acqua demineralizzata; f) impianto biologico a fanghi attivi per la depurazione dei reflui industriali del sito;
negli anni, lo stabilimento a livello occupazionale ha superato stabilmente le 1.000 unità (tra diretti e indotti); nel corso del periodo dal 2000 al 2010, l'azienda ha subito una pluralità di cessioni e riorganizzazioni, anche con il coinvolgimento di investitori stranieri; tra la fine del 2012 e la metà del 2013 è stato avviato, da parte della Montefibre, un vero e proprio programma di smantellamento degli impianti; a marzo 2015 tutti i lavoratori ex Montefibre sono stati posti in mobilità; attualmente i lavoratori superstiti vivono con un trattamento di mobilità in deroga di circa 500 euro e a distanza di tanti anni dalla perdita del lavoro, nonché in considerazione dell’età anagrafica raggiunta, questi ex lavoratori si trovano nella paradossale condizione di non poter essere riassorbiti in ambito lavorativo e di non poter accedere al trattamento pensionistico;
molti lavoratori ex Montefibre hanno lavorato a lungo con esposizione all’amianto;
tutta la letteratura scientifica è concorde sui risultati dei dati epidemiologici relativi alle conseguenze dell'esposizione alle fibre di amianto, che colpiscono in modo subdolo non soltanto i lavoratori esposti direttamente, ma anche le famiglie dei lavoratori ed i cittadini dei luoghi dove si trovano stabilimenti che contengono amianto; inoltre l’esposizione ad amianto può comportare l’insorgere delle patologie asbesto correlate anche decenni dopo il contatto con la sostanza;
con il riconoscimento che l’esposizione all’amianto è gravemente nociva per la salute, la legge n. 257 del 1992 ha non soltanto stabilito la cessazione dell’impiego di amianto in qualsiasi tipo di attività, ma ha fissato i criteri per l'accesso anticipato, in favore dei lavoratori esposti all'amianto, al trattamento pensionistico per un periodo pari al 50 per cento di dimostrata qualificata esposizione, purché decennale, oppure senza alcuna limitazione per coloro che avessero contratto patologie asbesto correlate;
al fine della descrizione del ciclo produttivo e del riconoscimento dell’esposizione all’amianto dei lavoratori ex Montefibre e dei relativi benefici contributivi e previdenziali, la Procura della Repubblica di Nola ha disposto nel 2005 una perizia tecnica dalla quale è emerso che nel ciclo lavorativo dell’azienda Montefibre di Acerra il rischio amianto era presente sin dall’inizio della sua attività; si trattava di un rischio diffuso in tutti i reparti dovuto, in particolare, alla presenza di materiali contenenti amianto a carattere friabile, soggetto ad usura e costantemente ripristinato attraverso interventi di manutenzione, pertanto l’applicazione agli ex lavoratori della società ex Montefibre, al pari di altri lavoratori ugualmente in condizione di esposizione, di quanto previsto dall’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, laddove si prevede che “per i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5”, sarebbe oltre che doveroso, anche necessario, al fine di contribuire a riconoscere un diritto ai lavoratori esposti ad amianto, che hanno subito i processi di ristrutturazione e dismissione di cui sopra, consentendo di accedere ai trattamenti pensionistici a coloro che si trovano in una condizione anagrafica idonea; purtroppo i termini per la richiesta dei benefici previdenziali connessi al riconoscimento di esposizione ad amianto sono scaduti e non sono stati più riaperti;
ad oggi ci sono ancora centinaia di lavoratori, come gli operai ex Montefibre, che sono affetti da patologie asbesto correlate, ma che non rientrano nei benefici previdenziali e, dunque, sono danneggiati da una situazione di disuguaglianza alla quale deve essere posto rimedio, nonostante nelle scorse Legislature molti siano stati gli interventi normativi finalizzati ad estendere la platea dei soggetti beneficiari e a riconoscere maggiori facilitazioni agli ex lavoratori affetti da patologia correlata all'asbesto,

si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo stia adeguatamente monitorando la situazione;
se non ritenga di avviare un'interlocuzione con l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, finalizzata all’emanazione di un provvedimento volto al riconoscimento dell’esposizione all’amianto dei lavoratori ex Montefibre ed alla certificazione di esposizione ai fini dell’accesso ai benefici previdenziali previsti dall’articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992 e successive modifiche;
se non intenda adottare immediate iniziative, anche legislative, per rendere, in tempi celeri e certi, esigibili dai singoli lavoratori che hanno già maturato i requisiti previsti i benefici previdenziali connessi alla esposizione all'amianto previsti delle leggi susseguitesi a partire dalla legge n. 257 del 1992, sino all'articolo 1, comma 277, della legge n. 208 del 2015.

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Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-00257 - Pubblicato il 1° marzo 2023, nella seduta n. 44 - Nicola Irto cofirmatario

Premesso che:
con il recepimento della direttiva dell'Unione europea Red II (decreto legislativo n. 199 del 2021), l'Italia ha compiuto un passo in avanti nel campo delle cosiddette comunità energetiche rinnovabili (CER), un modello innovativo di gestione dell'energia già ampiamente diffuso in altre aree europee;
le CER sono associazioni composte da enti pubblici locali, aziende, attività commerciali o cittadini privati, che scelgono di dotarsi di infrastrutture per la produzione di energia da fonti rinnovabili e l'autoconsumo attraverso un modello basato sulla condivisione: una forma energetica collaborativa nata per favorire la gestione congiunta e ridurre la dipendenza energetica;
in Italia le CER faticano però a diffondersi. Nonostante siano una soluzione utile e concreta per contrastare il caro bollette, l'emergenza climatica e la povertà energetica, sono, infatti, pochissime quelle realmente attive o che stanno ricevendo gli incentivi statali erogati dal Gestore dei servizi elettrici (GSE);
a pesare sull'avvio delle CER si contano: lungaggini burocratiche, la mancanza degli incentivi da parte del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, il ritardo di ARERA sull'emanazione delle regole attuative, che si uniscono alle difficoltà nel ricevere le informazioni necessarie a identificare l'ambito di sviluppo delle CER, così come le registrazioni e il ricevimento degli incentivi o i preventivi onerosi per allacci alla rete;
in particolare, la norma contenuta nell'articolo 8 del decreto legislativo n. 199 del 2021, che indicava 180 giorni per aggiornare i meccanismi di incentivazione, ovvero entro maggio 2022, risulta ad oggi disattesa;
sino all'adozione di tali provvedimenti, continua quindi ad applicarsi la disciplina sperimentale e transitoria di cui all'articolo 42-bis del decreto-legge n. 162 del 2019, che prevede che i consumatori finali o produttori di energia possano associarsi per "condividere" l'energia elettrica localmente prodotta da nuovi impianti alimentati da fonte rinnovabile di piccola taglia con riferimento a nuovi impianti alimentati a fonti di energia rinnovabili (FER) con potenza complessiva non superiore ai 200 kilowatt, entrati in esercizio a partire dal 1° marzo 2020 e fino al 12 febbraio 2022 (intesi i 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 199 del 2021 di recepimento della direttiva (UE) 2018/2001 Red II);
considerato che:
il sostegno allo sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili (CER) è un obiettivo di primaria importanza, sia per lo sviluppo e diffusione di energia da fonti rinnovabili, sia per le finalità di natura sociale;
la consultazione pubblica, necessaria per delineare lo strumento più adatto per il sostegno alle CER, si è conclusa ormai da tempo fornendo al Ministero dell'ambiente, grazie al contributo dei numerosi partecipanti, tutte le indicazioni utili per agevolare la diffusione capillare delle CER e garantire i benefici attesi, in termini sia economici che energetici, ai soggetti che vorranno aderire a questa modalità nuova di gestione dell'energia in condivisione;
le recenti vicende che hanno condizionato l'incremento dei costi energetici e le difficoltà del nostro Paese nell'approvvigionamento delle risorse energetiche rendono sempre più urgente la definizione di un apposito piano nazionale per il risparmio energetico e per interventi finalizzati ad aumentare drasticamente la quota di rinnovabili prodotte in Italia. In tale contesto, le CER potrebbero rappresentare un importante strumento di sviluppo, contribuendo al raggiungimento dell'obiettivo di almeno 85 gigawatt di rinnovabili in più entro il 2030 e alla creazione di circa 500.000 nuovi posti di lavoro;
i ritardi che si stanno accumulando sia nell'emanazione dei decreti di sostegno alle CER e la mancata definizione di un apposito piano nazionale per il risparmio energetico e per interventi finalizzati ad aumentare drasticamente la quota di rinnovabili prodotte in Italia, oltre a non risultare comprensibili, rischiano di allontanare il raggiungimento da parte del nostro Paese degli obiettivi di sviluppo e diffusione di energia da fonti rinnovabili e quelli di risparmio energetico e conseguentemente per il contrasto ai cambiamenti climatici,
si chiede di sapere:
in considerazione del ruolo strategico svolto dalle energie rinnovabili per il contrasto ai cambiamenti climatici, quando il Ministro in indirizzo intenda adottare i citati provvedimenti attuativi del decreto legislativo n. 199 del 2021 riguardanti la disciplina dell'autoconsumo e delle comunità energetiche, essendo i termini previsti già ampiamente scaduti, e se intenda chiarire le motivazioni che hanno determinato tale ritardo;
se non ritenga opportuno ed urgente adottare un piano nazionale per il risparmio energetico e per interventi finalizzati ad aumentare drasticamente la quota di rinnovabili prodotte in Italia, da affiancare al PNIEC e alle misure già previste nel PNRR, al fine di garantire un più rapido raggiungimento da parte del nostro Paese degli obiettivi di sviluppo e diffusione di energia da fonti rinnovabili e di risparmio energetico e conseguentemente per rafforzare le misure per il contrasto ai cambiamenti climatici.

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