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“Tante sono le criticità che emergono nel nuovo codice degli appalti. A partire dalla mancata inclusione del principio della parità di genere. Sono molti i temi inoltre che avrebbero bisogno di approfondimenti e adeguati correttivi: penso alle disposizioni sull’autonomia contrattuale della Pa, ai rapporti tra Pa ed Enti del terzo settore e al principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali”.
Lo afferma il senatore del Pd Nicola Irto. “La semplificazione è uno dei cardini fondamentali del nuovo Codice – sottolinea il parlamentare dem – e tuttavia, emergono, su più fronti, evidenti spinosità: non appaiono condivisibili la riduzione dei compiti dell’Anac e l’indebolimento delle disposizioni di contrasto alle frodi, alla corruzione, al conflitto d’interessi nello svolgimento delle procedure di presidio della concorrenza, della tutela del lavoro e della parità di trattamento tra operatori. Nel semplificare i livelli della progettazione, da tre a due livelli, il nuovo codice poi non introduce misure finalizzate alla valorizzazione della qualità della progettazione; cancella la compatibilità geologica, geomorfologica e idrogeologica da valutarsi in elaborati specialistici dedicati; non prevede l’introduzione, già nella fase di progettazione, di pratiche di valutazione d’impatto ex post delle opere pubbliche in termini non soltanto ambientali ma economico-finanziari.
In tema di tutela del lavoro e sicurezza sul lavoro, il ricorso ad una diffusa semplificazione delle norme del Codice fa emergere poi preoccupanti carenze con particolare riferimento alla manodopera necessaria alla realizzazione dei lavori, dei servizi e delle forniture. Per quanto concerne l’appalto emergono ulteriori criticità, con particolare riferimento ai meccanismi di controllo necessari ad evitare potenziali inefficienze e contenziosi. Alcune delle disposizioni previste dallo schema di decreto legislativo mostrano evidenti difetti di delega. Altre disposizioni prefigurano casi di eccessi di delega.
Va sottolineato infine che alcune delle novità introdotte non appaiono conformi alla normativa europea e per quanto riguarda il tema della sostenibilità ambientale, che il legislatore nella legge delega ha esplicitamente evidenziato con la loro valorizzazione economica all’interno delle gare, sarebbe opportuno fare una specifica riflessione perché di questa valorizzazione nell’attuale testo non vi è traccia” conclude il parlamentare democratico.
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“Il decreto su Ischia che il Senato si appresta a convertire in legge è l’emblema di un modo sbagliato di governare, lo Stato è colpevole nei confronti dei suoi cittadini quando aspetta il verificarsi di un evento estremo o di una vera e propria tragedia come quella che nella notte tra il 25 e il 26 novembre 2022 ha colpito Ischia. La logica dovrebbe essere quella della prevenzione, l’abusivismo edilizio e il consumo scellerato del suolo vanno combattuti, non si può rincorrere l’emergenza specie di fronte a un territorio fragile per il dissesto idrogeologico e ai cambiamenti climatici.
Dopo questa tragedia ci aspettiamo che si apra una riflessione generale sulle questioni legate alla prevenzione del dissesto idrogeologico, alla cura del territorio e alle modalità più congrue per affrontare i cambiamenti climatici in atto, cominciando dalla base e dai provvedimenti più semplici: contrastare ogni nuova possibilità di condono e fornire alle amministrazioni locali e ai prefetti gli strumenti idonei per abbattere gli immobili abusivi”. Lo ha detto in Aula il senatore del Pd Nicola Irto, componente della Commissione Ambiente e Lavori pubblici. “Ci preoccupa molto – ha proseguito Irto – che sia sparita la compatibilità geologica e idrogeologica delle opere dal nuovo Codice degli appalti, in esame nelle commissioni ambiente di Camera e Senato. È da anni che viene ribadito in Italia che la prevenzione costa allo Stato la decima parte di quello che costa la ricostruzione. Ma evidentemente la prevenzione non è redditizia, si lucra di più sulle macerie. In questo scenario lo Stato rischia di diventare complice”.
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Il senatore dem boccia il ddl Calderoli: «Iniquo e ingiusto, una “cambiale” di Salvini ai governatori del Nord. I medici cubani? Un bluff»
Corriere Suem torna sul rapporto fra autonomia differenziata e sanità regionale, con un’intervista al senatore dem Nicola Irto, segretario del Pd calabrese, già presidente del Consiglio regionale della Calabria e al suo primo mandato a Palazzo Madama. Mercoledì scorso avevamo sentito la deputata M5S Anna Laura Orrico e ieri il deputato leghista Domenico Furgiuele. Secondo Irto, «l’impatto dell’autonomia differenziata sarebbe devastante in ogni materia e avrebbe conseguenze molto gravi anche sulla sanità della Calabria». «Già con l’impianto legislativo attuale, le differenze tra le varie Regioni, sia per quel che riguarda i Lea che le strutture e i servizi sanitari in genere, sono molto evidenti e – sostiene il senatore del Partito democratico – lo Stato, almeno fin qui, non è riuscito a riequilibrare il sistema. La pandemia, che evidentemente non ci ha insegnato alcunché, ha dimostrato con estrema chiarezza i limiti del servizio sanitario calabrese e le sue fragilità».
«L’autonomia non farebbe altro che – rimarca Irto – acuire le differenze già in atto e rendere ancora più evidente lo scarto tra il Servizio sanitario che le Regioni più ricche sarebbero in grado di offrire, rispetto a quelle che già oggi arrancano o, addirittura, sono ancora sottoposte a Piano di rientro, così com’è per la Calabria. Il risultato finale sarebbe quello di indebolire ancora la sanità calabrese, favorendo l’aumento della migrazione sanitaria verso le Regioni più ricche e alimentando un circolo vizioso che azzererebbe ogni possibilità di sviluppo e ammodernamento del comparto».
Come si pone il Pd calabrese rispetto al tema dell’autonomia differenziata?
«La posizione del Pd calabrese è la stessa di quella assunta dal Pd nazionale. Il ddl Calderoli, così come formulato, non è accettabile. È iniquo, ingiusto, presenta alcuni profili di incostituzionalità ed è stato già bocciato dalla Conferenza Stato-Regioni. Affidare i Lep ad una Commissione interministeriale, poi, non fa altro che privare il Parlamento delle sue competenze e, in ogni caso, finisce con il legare i finanziamenti alle Regioni al criterio della spesa storica, senza prevedere alcun tipo di perequazione. Chiaramente un impianto di questo genere rischia di dividere in due il Paese con conseguenze molto gravi per le Regioni meridionali che già hanno un importante gap da recuperare nei confronti del Nord del Paese».
Secondo il politologo Isaia Sales, i presidenti Zaia e Fedriga tirano la giacchetta a Salvini per tutelare gli interessi delle loro regioni. L’accelerazione sull’autonomia differenziata ne sarebbe una riprova.Qual è il suo punto di vista nel merito?
«Mi sembra un’interpretazione aderente alla realtà. Il risultato ottenuto dalla Lega alle elezioni è stato inferiore alle aspettative e, per la prima volta, la leadership di Salvini è stata messa in discussione. I potenti governatori del Nord chiedono adesso che venga mantenuto quanto promesso e, dunque, che si arrivi all’autonomia nel più breve tempo possibile. Questo spiega l’accelerazione, altrimenti ingiustificata, impressa da Calderoli. Si tratta, invece, di una riforma importante che richiederebbe ben altro tipo di concertazione e di approfondimento e che non può essere trattata come una cambiale elettorale da estinguere anche in vista delle prossime regionali in Lombardia».
Salvini ha detto che l’autonomia differenziata sarà pronta entro il 2023. Lei ci crede? Come si sta muovendo, al riguardo, il Pd calabrese?
«Mi auguro che anche le altre forze del centrodestra riflettano sul tema e rallentino l’iter legislativo per arrivare ad una riforma equa che tenga in debito conto gli interessi di tutte le aree del Paese. Il Pd calabrese, così come quello nazionale, farà tutto quello che è possibile per bloccare un ddl che, così come formulato, non può trovare approvazione».
Ritiene che l’iter per l’autonomia differenziata possa influenzare il dibattito politico sulla modifica dei criteri di ripartizione del Fondo sanitario? Se sì, in che modo?
«Non credo si possano fare previsioni precise al riguardo. Quello che è certo che con 21 Servizi sanitari diversi si avranno ancora maggiori sperequazioni nel senso indicato prima. E, al momento, ci sarebbe invece la necessità di interventi decisi per migliorare la sanità nelle Regioni del Sud».
Come valuta la riorganizzazione in atto della sanità della Calabria? Nel contesto, l’autonomia differenziata può essere un pericolo oppure un vantaggio?
«I Lea in Calabria non migliorano nonostante da lunghi anni la sanità sia commissariata e sia aumentato il disavanzo. Una vera e propria riorganizzazione non esiste, anche perché si è costretti ad inseguire le emergenze senza avere né i fondi necessari né l’autonomia per programmare la spesa. Non è la parola “autonomia” che deve fare paura, ma il modo in cui viene declinata dal centrodestra e dalla Lega, cioè in un’ottica che vuole cristallizzare le inaccettabili differenze già in atto».
Di che cosa avrebbe bisogno il Servizio sanitario calabrese per garantire il diritto alla salute e ridurre la migrazione sanitaria?
«La Calabria deve ritornare alla gestione ordinaria e risolvere il problema del debito. I calabresi non possono essere chiamati a rispondere del debito prodotto durante la gestione dei commissari inviati da Roma. Servono poi i fondi necessari per potere avere strutture all’altezza, a cominciare da quelle dell’emergenza-urgenza. Indispensabile è poi fare una scelta decisa, complessiva, verso una sanità pubblica con investimenti in grado di risolvere il problema degli organici e degli stipendi. Sperare di ridurre la migrazione con bluff come quelli del ricorso ai medici cubani non porterà ad alcun miglioramento di tipo strutturale».
Corriere della Calabria del 20 gennaio 2023
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Il senatore e segretario regionale del Pd Nicola Irto ha preso parte al convegno: “L’agricoltura dello Stretto: PNRR, Territorio, Imprese agricole. La sfida per il futuro”, organizzato dalla Cia Calabria Sud alla sala Biblioteca della Città Metropolitana.
«La formazione e la concertazione sono fondamentali per il rilancio dell’agricoltura, comparto strategico per lo sviluppo dell’economia calabrese e iniziative come quella organizzata dalla Cia Calabria Sud sono di vitale importanza per rafforzare la sinergia tra Istituzioni, Associazioni di categorie, imprese e lavoratori». Queste le parole Nicola Irto nel corso del suo intervento al convegno.
«Purtroppo nella manovra di bilancio le risorse per l’agricoltura e per il Sud sono state del tutto insufficienti, anche perché sono tante le emergenze da affrontare. Più di ogni altra cosa serve poi una riforma di sistema che metta al centro l’idea di agricoltura sostenibile che vuol dire rispettare le risorse naturali come l’acqua, la terra e la biodiversità, assicurando contemporaneamente il nutrimento agli esseri umani nonostante l’impatto dei cambiamenti climatici e l’aumento della popolazione sulla terra. Per arrivare a questi obiettivi in tempi rapidi occorre puntare sulle tecnologie emergenti per rivoluzionare uno dei settori che tradizionalmente è rimasto più al riparo dall’innovazione, soprattutto in Calabria. Serve dunque favorire il contatto tra gli investitori, mettere in rete le migliori esperienze coinvolgere le Università nel processo di ripensamento del comparto. Una vera e propria filiera agricola che possa rendere maggiormente produttivo il comparto, sviluppare le eccellenze, creare occupazione e dare un contributo anche al turismo».
«Indispensabile – ha detto ancora Irto - riuscire a mettere a terra in tempi brevi le risorse del Pnrr e quelle che arriveranno da governo nazionale e Regione. Per farlo in tempi rapidi occorre agire sullo snellimento delle procedure e dei bandi attraverso un processo di sburocratizzazione, vitale per fare in modo che non vadano disperse ulteriori risorse. Il Pd, che pure aveva elaborato proposte migliorative della legge di bilancio che non hanno trovato accoglimento, continuerà ad offrire il proprio contributo fattivo e la propria collaborazione alle associazioni e agli operatori di categoria per fare in modo che proprio dall’agricoltura possa partire un’azione complessiva di rilancio dell’area dello Stretto e dell’intera Calabria».
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«Serve un sforzo comune per opporsi ad una linea del governo nazionale che in questo momento sembra avere completamente dimenticato le esigenze del Meridione e della Calabria, nonostante le precedenti sollecitazioni avvenute anche tramite l’avvio della concertazione sulla Vertenza Calabria».
Ad affermarlo è il segretario regionale del Pd Nicola Irto, a margine dell’incontro avuto con le rappresentanze regionali dei sindacati calabresi a Lamezia. Un incontro che, però, non ha registrato la partecipazione che avrebbe meritato. Oltre al senatore Irto, presente alla riunione, ha preso parte ai lavori in collegamento streaming Wanda Ferro di Fdi. Un segnale di scarsa attenzione che non lascia ben sperare, considerando l’importanza dei temi in discussione.
«Nella manovra di bilancio si trovano delle risorse soltanto per la statale 106, ma sarà necessario aspettare il documento definitivo in quanto dalle bozze che abbiamo visionato fino ad ora sono tanti gli aspetti che non convincono. Il primo fra tutti è quello relativo al numero di anni sui quali queste risorse saranno spalmate e al momento in cui concretamente arriveranno i primi finanziamenti sul territorio. Sono invece scomparse completamente dall’agenda tutte le altre questioni a suo tempo indicate come priorità, come l’alta velocità, la Zes di Gioia Tauro e le assunzioni nella sanità, indispensabili per dare respiro agli ospedali e ai punti di primo soccorso».
«Siamo infine costretti a registrare un nuovo fronte di crisi che potrebbe mettere ancora più in difficoltà sia la nostra Regione che l’intero Meridione. – ha detto ancora Irto – L’autonomia differenziata, per come elaborata nel ddl Calderoli, è iniqua e inaccettabile, oltre a presentare alcuni profili di incostituzionalità. Sganciando, poi, i trasferimenti statali e ogni forma di perequazione dai livelli essenziali di prestazione, il ddl finirebbe con l’affossare le regioni meridionali. Uno scenario da incubo che va assolutamente evitato e che svuoterebbe di senso anche la discussione stessa sulla Vertenza Calabria. In ogni caso, come Pd, sosterremo, senza se e senza ma, le ragioni e le proposte avanzate da Cgil, Cisl e Uil».