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“Il decreto sul Ponte dello Stretto proposto dal governo è una potentissima arma di distrazione di massa, brandita ogni qual volta va distolta l’attenzione mediatica da altro. Ma l’arma di distrazione di massa può servire anche ad altro. Ad esempio, a coprire interventi che rischiano di sconquassare ulteriormente il Paese e di cui il governo deve assumersi la responsabilità politica. Perché non è un caso che il decreto Ponte sia nato quasi contemporaneamente all’ultima bozza, dagli effetti potenzialmente devastanti, sull’autonomia differenziata”. Così il senatore del Pd Nicola Irto intervenendo in aula in dichiarazione di voto sul Dl Ponte.
“Il governo non ha tenuto in alcuna considerazione neppure i rilievi che sono stati mossi nel corso delle audizioni nelle Commissioni competenti, rilievi secondo i quali l’attuale progetto di attraversamento stabile sullo Stretto è del tutto insostenibile, non soltanto sotto il profilo tecnico e ambientale, ma anche sotto il profilo economico-finanziario. Pertanto -sottolinea il parlamentare democratico - risulta chiaro che si tratta di una strategia del governo per annunciare opere che non saranno mai fatte” “Il nostro no, dunque, è un no al decreto per come è strutturato, per l’assenza di coperture finanziarie, per l’assenza di dibattito pubblico sui territori, perché nei fatti è solo uno spot.
Una ferma opposizione che proseguiremo nel Paese dovuta alla mancanza di strategia del governo sul tema complessivo dello sviluppo intermodale della rete dei trasporti. Senza tutto questo, il decreto Ponte è utile non per la comunità ma esclusivamente per la società che va a finanziare.
Alla propaganda e all’arroganza del governo il Partito democratico vota no” conclude Irto.
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«Il grido d’allarme lanciato da Cgil e Uil in ordine ai ritardi che stanno arenando il percorso della cosiddetta “Vertenza Calabria” merita grande attenzione e pronto ascolto».
Ad affermarlo è il segretario regionale del Pd Nicola Irto che esprime la vicinanza del partito calabrese rispetto alle richieste avanzate dalle rappresentanze sindacali.
«Infrastrutture, sanità, Zes, ambiente, politiche di sviluppo industriale, la statale 106, l’elettrificazione della linea Ionica e l’alta velocità erano le priorità indicate per la Calabria nella vertenza – spiega Irto – insieme al piano per il lavoro che acquista ancora più importanza con l’aggravarsi della crisi economica e in relazione agli ultimi dati relativi alla disoccupazione nella nostra Regione. E’ molto grave che il presidente Roberto Occhiuto si sia completamente tirato fuori da ogni impegno, dopo essersi reso promotore dell’iniziativa volta a chiedere interventi immediati al governo nazionale. In realtà il passo indietro che i sindacati denunciano con forza oggi, il governatore lo aveva compiuto con chiarezza estrema nel momento stesso in cui ha dato il suo avallo al progetto di autonomia differenziata voluto dal ministro leghista Roberto Calderoli. Un progetto che cela maldestramente l’antica idea secessionista del Carroccio e che finirà per l’affossare definitivamente le speranza di sviluppo delle Regioni meridionali. Il sì all’autonomia differenziata, così come strutturata, di per sé è un colpo di spugna sulla “Vertenza Calabria” e dimostra, ancora una volta, quanto sia lontana dagli interessi dei calabresi l’azione del governo regionale nonostante i continui spot. Facilissimo – conclude Irto – sposare iniziative soltanto sulla carta per poi piegarsi agli interessi di partito e di coalizione. Come Pd abbiamo sostenuto la “Vertenza Calabria” fin dall’inizio, senza badare a colore politico o a primogeniture, e la nostra posizione rimane identica. Le questioni che vengono sollevate dai sindacati, oggi come allora, meritano di essere rilanciate e poste all’attenzione del governo nazionale che ha il dovere di programmare interventi straordinari per lo sviluppo della nostra Regione che non può continuare ad essere presa in considerazione soltanto in prossimità delle tornate elettorali come mero bacino di voti».
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“Il piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta uno strumento imprescindibile per costruire il futuro del Paese. Per questo la discussione alla quale abbiamo assistito nelle ultime settimane è inadeguata.” Lo dichiara il senatore del Pd Nicola Irto, intervenuto in aula a Palazzo Madama nella discussione sul Dl PNRR.
“L’attenzione dev’essere concentrata esclusivamente per realizzare gli interventi programmati. Proseguire con continue riformulazioni dei progetti, modificando in modo caotico le misure del PNRR, non è una strada che puó portare a risultati concreti”, sottolinea Irto. “Per questo noi abbiamo presentato un emendamento in Commissione per chiedere la stabilizzazione dei lavoratori precari, a seguito del superamento dei concorsi pubblici indetti dall’Agenzia della coesione territoriale. Si tratta di circa 2000 persone in tutta Italia. Senza garanzie di stabilità, saranno costrette a ricercare soluzioni alternative. Stabilizzare i tecnici, soprattutto al Sud, sarebbe un primo strategico tassello per accelerare la messa a terra delle risorse”
“Ma è indispensabile – aggiunge il parlamentare – dare anche corso ad un’azione più generale di potenziamento degli enti locali, ormai completamente svuotati e impoveriti dal blocco del turnover e dalla precarizzazione dei rapporti di lavoro. Va affrontata la questione relativa agli enti locali in dissesto e predissesto, e servono interventi volti a potenziare le amministrazioni pubbliche che hanno necessità di far crescere le potenzialità dei propri organici. Per eventuali amministrazioni in difficoltà non si possono né si debbono prevedere interventi punitivi ma servono interventi di sostegno” “Altra questione che dovrebbe essere affrontata in maniera urgente – continua Irto – è quella dell’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime per l’impatto che tali aumenti hanno sulla gestione del Pnrr. Dovremmo, dunque, discutere di come utilizzare almeno parte delle risorse disponibili per coprire questi aumenti, altrimenti ci troveremo a dovere fare i conti con una lunga serie di progetti incompleti”.
“Questo decreto legge non riesce neanche a dare una risposta alle criticità della parte che riguarda le Università italiane. Entro la fine di febbraio 2026 è necessario attuare i progetti e rendicontare tutte le spese previste. Tenuto conto che l’erogazione delle tranches di finanziamento da parte del MUR è effettuata sulla base della gestione ed attuazione dei procedimenti amministrativi, è evidente che gli Atenei per poter svolgere le attività̀ di ricerca, sostenere costi di attrezzature, servizi, pagamenti dei giovani ricercatori arruolati, o di strutture amministrative di supporto dovranno “anticipare” a proprio rischio le somme”. “Insomma – conclude Irto – il meccanismo di finanziamento messo in campo dal Governo e le incertezze ancora su rimodulazioni del PNRR aggravano ulteriormente questa particolare condizione soprattutto degli Atenei più giovani. E’ evidente che le misure in questo Decreto Legge, nato per fronteggiare le emergenze, costituiscono rattoppi per far fronte soltanto alla punta dell’iceberg dei problemi che siamo chiamati a gestire”.
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“È molto importante che sia stato accolto, con una riformulazione del governo, il mio emendamento al Dl PNRR che prevede la stabilizzazione del personale degli enti territoriali che era stato assunto a tempo determinato al fine di garantire la definizione e l’attuazione degli interventi previsti dalla politica di coesione dell’Unione europea e nazionale per i cicli di programmazione 2014-2020 e 2021-2027.
Ora la stabilizzazione di questo personale favorirà la piena attuazione di molti progetti e permetterà agli enti territoriali di gestire al meglio scadenze e impegni fondamentali per la crescita del nostro Paese”.
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“L’approvazione da parte del Cdm del nuovo Codice degli appalti presenta degli aspetti di criticità notevoli che potrebbero mettere in grave difficoltà il sistema dei controlli, la qualità delle opere e la sicurezza dei lavoratori a tutti i livelli”. Lo dice il senatore del Pd Nicola Irto.
“Oltre alle altre critiche già emerse in Commissione al Senato da cui è scaturito il nostro voto contrario alla riforma – spiega Irto – desta profonda preoccupazione la conferma delle deroghe attuate durante l’emergenza pandemica e, dunque, l’innalzamento della soglia a partire dalla quale è obbligatoria la gara d’appalto, fissata in cinque milioni di euro. Secondo i dati forniti da Anac, nel 2021 le stazioni appaltanti hanno dato l’ok a 62.812 procedure per l’assegnazione di lavori pubblici di cui 61.731 con valore inferiore ai 5 milioni di euro, ovvero al di sotto della soglia di 5 milioni, pari al 98,7% dei lavori. La quasi totalità degli appalti potrà dunque essere assegnata direttamente o con procedura negoziata senza bando, dunque senza una gara pubblica alla quale tutti possano partecipare. Se già in precedenza il sistema dei controlli non riusciva ad evitare condizionamenti e infiltrazioni adesso, con le maglie più larghe, le conseguenze potrebbero essere imprevedibili soprattutto nei territori a più alta densità criminale, con i sindaci che, nuovamente, si troverebbero da soli a dover fronteggiare quella che potrebbe essere una vera e propria emergenza. Altro elemento che potrebbe avere un effetto esplosivo sul comparto è la modifica della disciplina del subappalto con l’introduzione del cosiddetto ‘subappalto a cascata’, che desta particolare preoccupazione fra gli stessi operatori. Non possiamo consentire – conclude Irto – che sull’altare di un presunto snellimento burocratico siano sacrificati la qualità delle opere, i controlli sugli affidamenti e la sicurezza dei cantieri con il rischio di far aumentare costi per i contenziosi e aprire spazi a corruzione e illegalità”.