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Al Ministro della giustizia.
Premesso che:
in data 29 settembre 2023 il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale ha diffuso uno studio sull’applicazione sperimentale delle nuove direttive per il circuito di media sicurezza, di cui alla circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria n. 3693/6143 del 18 luglio 2022; tale studio offre un’analisi ampia e dettagliata della situazione penitenziaria a valle della prima fase di applicazione sperimentale della circolare (avvenuta tra luglio e dicembre 2022), nei territori che sono stati interessati dalla sperimentazione (Lombardia, Campania, Sicilia e Triveneto);
la circolare n. 3693/6143, nel delineare una generale riorganizzazione del regime e del trattamento penitenziario nel circuito di media sicurezza, interveniva in particolare al fine di realizzare il compiuto superamento dell’alternativa tra regime di custodia chiusa e regime di custodia aperta a favore della distinzione tra un regime ordinario e un regime ordinario “a trattamento intensificato”, con la specifica finalità di collegare il diverso regime penitenziario alla tipologia di attività trattamentali cui il detenuto è ammesso, nonché alla loro effettività e intensità;
in particolare, al regime ordinario accedono i detenuti in accesso, quelli ritenuti non in grado di “sostenere l’adesione a programmi che prevedano margini di maggiore libertà e autodeterminazione nella vita comunitaria” e quelli in rientro dalle sezioni previste dall’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 per la detenzione di persone a rischio di comportamenti aggressivi; al regime ordinario “a trattamento intensificato” accedono, invece, le persone detenute ritenute “idonee a essere ammesse ad attività che implicano maggiore autodeterminazione, maggiori esigenze di movimento e di permanenza fuori dai reparti detentivi e/o una permanenza fuori dalle camere di pernottamento” (così la predetta circolare);
ulteriore differenza tra il regime ordinario e regime ordinario a trattamento intensificato è il numero di ore in cui è consentito alla persona detenuta di permanere al di fuori della camera di pernottamento; non meno 8 ore nel caso del regime ordinario e non meno di 10 ore in quello a trattamento intensificato; ciò, tuttavia, con l’ulteriore fondamentale differenza che nel regime a trattamento intensificato si assicura una vera e propria apertura delle camere per almeno 10 ore, con conseguente libertà di movimento; mentre nel regime ordinario l’apertura della camera è subordinata all’effettivo accesso della persona detenuta alle attività consentite;
come osservato dal Garante nazionale nel parere reso sullo schema di circolare e come ora ribadito nel menzionato studio sull’applicazione sperimentale, dalla circolare è possibile desumere “una preoccupante correlazione tra l'andamento del percorso trattamentale e la maggiore o minore apertura delle camere di pernottamento”; ciò implica, come evidente, che le condizioni di detenzione sono suscettibili di variare, in modo talora significativo, a seconda, da un lato, dell’offerta trattamentale assicurata dall’istituto penitenziario e, dall’altro, in ragione della concreta disponibilità di spazi comuni e ricreativi;
i dati raccolti ed elaborati nello studio del Garante mostrano, al riguardo, che in sede di applicazione sperimentale sono aumentate le sezioni a regime ordinario (e cioè le ex sezioni a custodia chiusa) con corrispondente riduzione delle sezioni a regime a trattamento intensificato (e cioè le ex sezioni a custodia aperta): in particolare, a fronte di 434 sezioni a custodia aperta (con 12.033 persone assegnate a luglio 2022) si è passati a 390 sezioni e regime di trattamento intensificato (con 2.283 persone assegnate a dicembre 2022) e, a fronte 608 sezioni a custodia chiusa (con 8.080 persone assegnate a luglio 2022) si è passati a 687 sezioni a regime ordinario (con 15.154 persone assegnate a dicembre 2022); emerge altresì che ciò si pone in correlazione, per effetto delle nuove direttive introdotte con la circolare del 2022, con l’effettiva offerta trattamentale e di spazi; come osservato nel medesimo studio, in altri termini, “l’assenza di capacità progettuale da parte dell’istituzione detentiva si riflette su un’accentuazione della chiusura del modello detentivo stesso”;
tale complessiva situazione ha un impatto cruciale sulle concrete condizioni di detenzione, soprattutto alla luce della circostanza che nelle sezioni a trattamento ordinario le camere devono rimanere chiuse e le persone detenute possono uscire solo se partecipano ad attività, ove garantite dall’istituto;
tali criticità sono legate non solo a ragioni di carattere strutturale ma anche, e in modo significativo, alla cronica condizione di sovraffollamento carcerario che ad oggi, stando ai dati forniti dal Garante, è dato da una popolazione di 58.491 persone detenute a fronte dell’effettiva disponibilità di 49.395 posti,
si chiede di sapere quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda porre in essere al fine di assicurare che, nell’applicazione della circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria n. 3693/6143 del 18 luglio 2022 siano assicurate condizioni di detenzione adeguate, soprattutto sotto il profilo dell’effettiva possibilità per la persona detenuta di avvalersi delle 8 ore di potenziale apertura della camera di pernottamento previste nel regime di detenzione ordinario; e come intenda, in particolare, assicurare il rafforzamento dell’offerta trattamentale negli istituti penitenziari al fine di garantire che l’offerta lavorativa, culturale, sportiva, ricreativa e scolastica sia all’altezza delle esigenze della popolazione detenuta anche in relazione all’applicazione delle direttive di cui alla circolare; e come intenda, infine, intervenire per migliorare la disponibilità e la qualità degli spazi destinati alle suddette attività.
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Al Ministro della salute. -
Premesso che:
l’articolo 1-quater del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, recante «Disposizioni in materia di potenziamento dell’assistenza a tutela della salute mentale e dell’assistenza psicologica e psicoterapica», convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione 25 febbraio 2022, n. 15, ha introdotto «un contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia fruibili presso specialisti privati regolarmente iscritti nell’elenco degli psicoterapeuti nell’ambito dell’albo degli psicologi» conosciuto come bonus psicologo;
tale norma è stata in seguito modificata in sede di esame della legge di bilancio per il 2023 che, all’articolo 1, comma 538, grazie a un emendamento del gruppo parlamentare del Partito Democratico, ha stanziato 5 milioni di euro per il 2023 e 8 milioni di euro dal 2024 per rifinanziare la misura, rendendola stabile e portando il limite del contributo da 600 a 1.500 euro; risorse, tuttavia, ridotte rispetto allo stanziamento previso dai governi precedenti, che era arrivato nel 2022 a 25 milioni, cifra, purtroppo, capace di fare fronte soltanto al 10 per cento delle domande presentate all’INPS;
ad oggi, tuttavia, il decreto attuativo per la misura non è stato ancora pubblicato, non consentendo a migliaia di cittadini di poter usufruire del bonus; mancanza resa ancora più grave dalle rassicurazioni che, a più riprese, il Governo ha fornito circa l’erogazione del bonus: la prima, del Ministro della salute, Orazio Schillaci, che in una intervista a “Il Sole 24 ore”, aveva assicurato che l’erogazione sarebbe partita entro giugno 2023; la seconda, lo scorso 24 maggio 2023, in XII Commissione permanente (Affari sociali) della Camera, da parte del sottosegretario di Stato per la salute, Marcello Gemmato, il quale, rispondendo a una interrogazione in Commissione da parte dell'opposizione, aveva detto che erano in via di risoluzione “alcune criticità derivanti da possibili interpretazioni differenti della norma primaria” e che, di conseguenza, il bonus sarebbe stato erogato in tempi brevi, entro l’estate 2023;
secondo quanto previsto dalla legge di bilancio per il 2023, il bonus psicologo di quest’anno dovrebbe arrivare entro il 31 dicembre 2023, scadenza massima consentita, dopo la quale le risorse verrebbero redistribuite nel bilancio ordinario dello Stato;
a 10 mesi dall’entrata in vigore della legge di bilancio, mancando il decreto attuativo, latitano ancora le indicazioni sulle modalità e la tempistica della presentazione delle domande per usufruire del bonus per il 2023,
si chiede di sapere se
il decreto attuativo per l’erogazione del cosiddetto bonus psicologico, per l’anno 2023, sia finalmente in fase di emanazione, così da consentire, anche per l’anno in corso, di usufruire delle risorse utili per le sessioni di psicoterapia o, in caso contrario, quando sarà emanato.
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Ai Ministri dell'economia e delle finanze e per le disabilità. -
Premesso che:
con legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio per il 2020), il Governo Conte II ha istituito un fondo a carattere strutturale denominato “fondo per la disabilità e la non autosufficienza”. Il comma 330 dell’articolo 1 prevedeva una dotazione finanziaria di 29 milioni di euro per il 2020, di 200 milioni di euro per il 2021, di 300 milioni di euro annui a decorrere dal 2022, indirizzando le risorse del fondo all’attuazione di interventi a favore della disabilità, finalizzati al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno in materia. Inoltre, il successivo comma 331 ha disposto un incremento di 50 milioni di euro a favore del fondo per le non autosufficienze;
con legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio per il 2022), il Governo Draghi ha mutato la denominazione in “fondo per le politiche in favore delle persone affette da disabilità”, disponendone il trasferimento presso lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, al fine di conferire maggiore ordine sistematico alle risorse destinate alle politiche in favore di persone con disabilità e consentire una migliore allocazione delle risorse a copertura del processo di riforma in materia di disabilità;
in attuazione della riforma 1.1 prevista nella missione 5 "inclusione e coesione", componente 2 “infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore” del piano nazionale di ripresa e resilienza, durante il Governo Draghi è stata approvata la legge 22 dicembre 2021, n. 227, collegata alla manovra di finanza pubblica 2021-2023, recante “Delega al Governo in materia di disabilità” (detta legge quadro sulla disabilità), i cui ambiti di intervento sono stati individuati: a) nella definizione della condizione di disabilità, riassetto e semplificazione della normativa di settore; b) nell’accertamento della condizione di disabilità e revisione dei suoi processi valutativi di base, unificando tutti gli accertamenti concernenti l’invalidità civile, la cecità civile, la sordità civile, la sordocecità, l’handicap, anche ai fini scolastici, la disabilità prevista ai fini del collocamento mirato e ogni altra normativa vigente in tema di accertamento dell’invalidità; c) nella valutazione multidimensionale della disabilità, progetto personalizzato e vita indipendente; d) nell’informatizzazione dei processi valutativi e di archiviazione; e) nella riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità; f) nell’istituzione di un Garante nazionale delle disabilità;
l’articolo 1, comma 1, della legge n. 227 aveva previsto un termine di 20 mesi per l’adozione dei decreti legislativi per la revisione e il riordino delle disposizioni vigenti in materia di disabilità, in attuazione degli articoli 2, 3, 31 e 38 della Costituzione e in conformità alle disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e del relativo protocollo opzionale; tale termine legislativo è stato differito al 15 marzo 2024, dall’articolo 1, comma 5, della legge 24 febbraio 2023, n. 14, di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198 (milleproroghe);
considerato che:
nella relazione illustrativa al disegno di legge di delega in materia di disabilità, essa viene rappresentata come una “condizione della persona che richiede un approccio globale, teso a riconoscerne le implicazioni e la rilevanza nel quadro di ogni politica, sia specifica sia di ordine generale, affinché le esigenze delle persone con disabilità siano sempre e debitamente considerate. Non a caso, l’attenzione verso le persone con disabilità caratterizza tutto il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), interessando trasversalmente differenti misure e comportando un impegno trasversale da parte di più amministrazioni competenti”. Aggiungendo che, secondo quanto riportato dall’ISTAT “il numero delle persone con disabilità in Italia è di 3.150.000, pari al 5,2 per cento della popolazione”. Inoltre, “solo i beneficiari di provvidenze economiche, in Italia, ammontano a 4,5 milioni”;
il decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145 (detto decreto “anticipi”), attualmente all’esame della Commissione Bilancio del Senato, all’articolo 23, comma 7, lettera l), prevede la riduzione di 350 milioni per l’anno 2023 del fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità di cui all'articolo 1, comma 178, della citata legge n. 234 del 2021;
considerato, altresì, che:
alla manifestazione “Expo AID”, sul tema delle disabilità, dello scorso 22 e 23 settembre 2023 il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato: "il modello che stiamo cercando di costruire con il ministro Locatelli e con il Governo, non è solamente erogare dei servizi, che sì possono migliorare la qualità della vita di persone che comunque rimangono a un margine ma è cercare di costruire percorsi personali che ruotino attorno ai bisogni specifici di quella persona, che ruotino intorno al talento di quella persona. Quello vuol dire dare una dignità”, aggiungendo, “noi siamo impegnati in una serie di fronti, abbiamo tutto il tema dei decreti delegati collegati alla Legge sulla disabilità. E lì ce ne sono due che sono centrali: la riforma dell'accessibilità per l'invalidità e i percorsi multidisciplinari personalizzati per le persone con disabilità”;
numerose associazioni di settore hanno appreso, con sconcerto e delusione, l’azzeramento delle risorse del fondo per la disabilità. Dello stesso avviso sono anche le associazioni sindacali che hanno lamentato lo scarso coinvolgimento e la insufficiente interlocuzione con il Governo in materia di disabilità,
si chiede di sapere:
quali siano i motivi che, dapprima, hanno indotto il Governo a differire al 15 marzo 2024 l’adozione dei decreti legislativi attuativi della legge di delega in materia di disabilità e, poi, ad azzerare le risorse del fondo per le politiche in favore delle persone affette da disabilità, previsto come una delle fonti di copertura necessarie per dare attuazione alla legge delega;
se il Governo non reputi opportuno adottare, in tempi brevi, in anticipo rispetto alla scadenza prevista per il 15 marzo 2024, i decreti attuativi della riforma in materia di disabilità al fine di consentire di avere un quadro normativo coerente e unitario e di rispondere, finalmente, in maniera più efficace all’esigenza di semplificare l’accesso ai servizi e i procedimenti di accertamento della disabilità, così da rendere effettivi gli strumenti finalizzati alla determinazione dei progetti di vita personalizzate delle persone con disabilità;
se non ritenga urgente e doveroso provvedere a ripristinare le risorse del fondo per le politiche in favore delle persone affette da disabilità al fine di garantire la necessaria copertura finanziaria al processo di riforma in materia di disabilità.
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La transizione digitale è parte integrante del programma europeo Next Generation EU e costituisce, assieme alla transizione ecologica, una delle due direttrici fondamentali per lo sviluppo socio-economico e la sostenibilità dei Paesi membri.
Tutti i settori e tutti gli ambiti nei quali si esplica l'azione di politiche pubbliche per la transizione digitale (comunicazioni elettroniche, sanità, istruzione, trasporti, energia, e-commerce, industria audiovisiva, sicurezza, ambiente, agricoltura e tutela del mare, pubblica amministrazione e così via) sono chiamati ad una trasformazione fondamentale i cui benefici siano diretti a contrastare le diseguaglianze, accrescere l'innovazione, la partecipazione e l'accesso a servizi digitali essenziali o comunque rilevanti per i cittadini, garantire uno sviluppo equo e sostenibile nell'adozione di tecnologie e servizi digitali e nell'applicazione di strumenti basati sull'intelligenza artificiale, promuovere un commercio elettronico equo, tutelare pluralismo, garanzie e diritti degli utenti nel web, nonché la sovranità dei dati personali e i diritti dei lavoratori in transazioni mediate da piattaforme digitali.
I temi della transizione digitale sono trasversali al Piano nazionale di ripresa e resilienza, oltre a trovare specifiche proposte nella Missione 1, coerenti con gli obiettivi sulla digitalizzazione fissati dall'Unione europea nel Programma strategico per il decennio digitale 2030, che stabilisce un ciclo annuale di cooperazione per conseguire i target e gli obiettivi comuni. Questo quadro di governance si basa su un meccanismo di cooperazione annuale che coinvolge la Commissione e gli Stati membri. Tale meccanismo si articola in un sistema di monitoraggio strutturato, trasparente e condiviso basato sull'indice dell'economia e della società digitale (DESI) per misurare i progressi compiuti verso ciascuno degli obiettivi per il 2030; una relazione annuale in cui la Commissione valuta i progressi compiuti e formula raccomandazioni per le azioni; la pubblicazione, ogni due anni, delle tabelle di marcia strategiche aggiornate per il decennio digitale in cui gli Stati membri delineano azioni adottate o pianificate per raggiungere gli obiettivi per il 2030; un meccanismo per sostenere l'attuazione di progetti multinazionali.
La differenza tra le tendenze stimate e il percorso ideale consentirà alla Commissione di monitorare il divario nello sforzo necessario. La Commissione riesaminerà gli obiettivi entro il 2026 per fare il punto sugli sviluppi tecnologici, economici e sociali.
Il 15 dicembre 2022 la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha firmato la dichiarazione europea sui diritti e i principi digitali, successivamente presentata dalla Commissione nel gennaio 2022, nella quale si struttura l'impegno dell'Unione europea a favore di una trasformazione digitale sicura e sostenibile che ponga le persone al centro, in linea con i valori fondamentali dell'Unione e i diritti fondamentali: le tecnologie digitali devono proteggere i diritti delle persone, sostenere la democrazia e garantire che tutti gli attori digitali agiscano in modo responsabile e sicuro; le persone dovrebbero beneficiare di un ambiente online equo, essere al sicuro da contenuti illegali e dannosi ed essere potenziate quando interagiscono con tecnologie nuove e in evoluzione come l'intelligenza artificiale; l'ambiente digitale dovrebbe essere sicuro e protetto. Tutti gli utenti, dall'età dell'infanzia a quella più anziana, dovrebbero essere potenziati e protetti; la tecnologia deve unire, non dividere, le persone e tutti i cittadini europei devono avere accesso a Internet, alle competenze digitali, ai servizi pubblici digitali e a condizioni di lavoro eque; i cittadini dovrebbero essere in grado di impegnarsi nel processo democratico a tutti i livelli e avere il controllo sui propri dati; i dispositivi digitali dovrebbero sostenere la sostenibilità e la transizione verde. Le persone devono conoscere l'impatto ambientale e il consumo energetico dei loro dispositivi.
Accanto alle politiche espressamente dedicate alla costruzione delle reti di connettività (VHCN), all'innovazione digitale nella pubblica amministrazione e alla promozione dei servizi digitali (con il regolamento (UE) 2022/2065 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 ottobre 2022, relativo a un mercato unico dei servizi digitali e che modifica la direttiva 2000/31/CE (regolamento sui servizi digitali) o Digital Services Act) e della concorrenza sui mercati digitali (regolamento (UE) 2022/1925 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2022, relativo a mercati equi e contendibili nel settore digitale e che modifica le direttive (UE) 2019/1937 e (UE) 2020/1828 (regolamento sui mercati digitali) o Data Markets Act), assumono rilievo le politiche volte a governare l'accesso, la fruizione e la cessione dei dati, come la trasparenza degli algoritmi, da ultimo oggetto di regolazione europea, attuata o in fase di approvazione, come il regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, cosiddetto GDPR, il cosiddetto Data Act, il regolamento (UE) 2022/868 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2022, cosidetto Data Governance Act, il cosiddetto Data Health Act, il cosiddetto Artificial Intelligence Act, nonché il dibattito in corso sui diritti dei lavoratori delle piattaforme digitali.
La natura trasversale e progressiva degli obiettivi del Programma strategico per il decennio digitale 2030 e del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché la centralità assunta dalla transizione ecologica all'interno delle aree tematiche e degli obiettivi strategici nel Fondo di sviluppo e coesione 2021-2027, impongono la istituzione di un punto focale di osservazione, di coordinamento e di aggiornamento delle numerose iniziative, europee e nazionali, che si focalizzano sul tema della transizione digitale.
Per tali ragioni, appare necessario che l'Italia si doti di una legge annuale per il digitale, finalizzata a fotografare i progressi nell'adozione delle politiche, a individuare e rimuovere gli ostacoli tecnologici e regolatori all'accesso e al dispiego dell'innovazione digitale, a rafforzare tutele e garanzie per gli utenti dei servizi digitali e i lavoratori e ad aggiornare, ove necessario, il quadro normativo così da garantire l'accesso di imprese, utenti, consumatori e lavoratori ad un ecosistema digitale che ne tuteli i diritti e che diffonda equamente i suoi benefici.
Nel merito, il disegno di legge istituisce il Comitato per lo sviluppo digitale e la regolazione costituito da un rappresentante ciascuno dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, dell'Autorità di regolazione dei trasporti, del Garante per la protezione dei dati personali, dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, dell'Agenzia per l'Italia digitale. Il Comitato è presieduto, con rotazione annuale, da un rappresentante delle autorità indipendenti e delle agenzie che lo compongono. Entro il 30 settembre di ogni anno, il Comitato predispone e trasmette al Governo una relazione annuale sullo stato dello sviluppo digitale nel Paese e sugli ostacoli tecnologici e regolatori al dispiego dell'innovazione digitale.
Il Governo è tenuto a presentare alle Camere, entro sessanta giorni dalla data di trasmissione della relazione annuale del Comitato, il disegno di legge annuale per il digitale prevedendo che esso sia diviso in diverse sezioni e che sia accompagnato da una relazione illustrativa che evidenzi: lo stato di conformità dell'ordinamento interno ai principi comunitari in materia di politiche digitali, nonché alle politiche europee in materia di concorrenza e di regolazione settoriale dei mercati e dei servizi digitali, nonché di garanzie e tutela per i cittadini, con particolare riguardo per i minori; lo stato di attuazione degli interventi previsti in precedenti leggi nazionali e in direttive e regolamenti europei, indicando gli effetti che ne sono derivati per i cittadini, i lavoratori, le imprese e la pubblica amministrazione; l'elenco delle segnalazioni e dei pareri delle autorità amministrative indipendenti, nel corso dell'anno, ai quali, in tutto o in parte, il Governo non intenda dare attuazione, indicando gli ambiti in cui non si è ritenuto opportuno darvi seguito.
Le sezioni del disegno di legge dovranno contenere: norme di immediata applicazione al fine di rimuovere gli ostacoli all'innovazione digitale, di promuovere lo sviluppo delle reti e dei servizi digitali, anche in relazione ai pareri e alle segnalazioni delle diverse autorità indipendenti e agenzie governative, ed alle indicazioni contenute nelle rispettive relazione annuali; una o più deleghe al Governo per l'emanazione di decreti legislativi, sempre ai fini di cui al punto precedente, da adottare entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della legge in esame; l'autorizzazione ad adottare atti di normazione secondaria; disposizioni recanti i principi fondamentali che le regioni e le province autonome sono tenute a rispettare nell'esercizio delle proprie competenze normative; norme integrative o correttive di disposizioni contenute in precedenti leggi per il mercato e la concorrenza, con esplicita indicazione delle norme da modificare o abrogare.
Per le spese di funzionamento dei servizi e degli uffici del Comitato è autorizzata la spesa di euro 250.000 annui. Il personale da assegnare al Comitato è individuato, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, nell'ambito del personale di ruolo della pubblica amministrazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
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Il presente disegno di legge si prefigge l'obiettivo di contrastare il crescente fenomeno di carovita che ha colpito la popolazione italiana negli ultimi mesi, con particolare attenzione alle fasce più deboli e vulnerabili della società. Il costo della vita è diventato insostenibile per molte famiglie, aspetto che mina la stabilità economica e sociale del nostro Paese.
Tra dicembre 2021 e giugno 2023 l'indice dei prezzi al consumo (calcolato secondo i criteri armonizzati Eurostat) è aumentato complessivamente del tredici per cento.
Nello stesso periodo, le retribuzioni contrattuali orarie dei lavoratori dipendenti sono cresciute solo del 4,1 per cento. Secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), la diminuzione dei salari reali tra il primo trimestre 2023 e il primo trimestre 2022 in Italia (-7,3 per cento) è stata la più elevata tra le grandi economie avanzate. L'impennata dell'inflazione nel biennio 2022-2023 ha ampliato le disuguaglianze. Tra dicembre 2021 e giugno 2023 l'indice dei prezzi al consumo per il quinto di famiglie a reddito più basso è aumentato del 15,9 per cento, a fronte di una crescita dell'11,6 per cento per il quinto più benestante.
Dopo aver raggiunto un picco nell'ottobre 2022 (12,6 per cento in Italia e 10,6 per cento nella zona euro), il tasso tendenziale di inflazione si è progressivamente ridotto, fino a toccare nell'agosto 2023 il 5,5 per cento in Italia e il 5,3 per cento nella zona euro.
Il rallentamento della dinamica dei prezzi è però legato essenzialmente al crollo dei costi dell'energia: tra ottobre 2022 e agosto 2023 la quotazione del gas al mercato Title transfer facility (TTF) di Amsterdam è scesa da 79,44 euro/MWh a 33,17 euro/MWh (-58,2 per cento), mentre il prezzo unico nazionale (PUN) dell'energia elettrica in Italia è sceso da 217,6 euro/MWh a 111,9 euro/MWh (-48,6 per cento).
Al netto della componente energetica, l'inflazione tendenziale si è ridotta solo marginalmente sia in Italia (dal 6,4 per cento di ottobre 2022 al 5,3 per cento di agosto 2023), che nella zona euro (dal 6,9 per cento al 6,3 per cento).
A fronte della persistente inflazione « di fondo », la Banca centrale europea (BCE) ha aumentato a più riprese il tasso sui rifinanziamenti principali, che è passato dallo zero di luglio 2022 fino al 4,50 per cento a partire dal 14 settembre 2023. L'aumento dei tassi di interesse nella zona euro sta producendo rilevanti conseguenze negative sulle famiglie, le imprese e i conti pubblici.
Lasciare alla sola BCE l'azione di contrasto dell'inflazione è un errore. In questi mesi, in molti Paesi europei i Governi nazionali hanno messo in campo una molteplicità di interventi per rallentare la corsa dei prezzi. In Italia, il Governo Meloni ha eliminato a fine 2022 lo sconto sulle accise sui carburanti, deciso dal Governo Draghi, e ha progressivamente ridotto gli aiuti contro il caro energia. Il decreto-legge sulla trasparenza dei prezzi dei carburanti (decreto-legge 14 gennaio 2023, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 marzo 2023, n. 23), varato in pompa magna a gennaio 2023, si è rivelato un buco nell'acqua perché il « doppio cartello » imposto ai gestori delle pompe di benzina non ha sortito alcun effetto e le altre misure sono rimaste inattuate: l'applicazione informatica pubblica per la comparazione dei prezzi non è mai partita e il meccanismo dell'« accisa mobile », pur rilanciato dal decreto, non è mai diventato operativo nonostante le promesse del Ministro Salvini di un taglio delle accise in caso di superamento della soglia dei 2 euro/litro. In compenso, da inizio anno il prezzo del carburante alla pompa della benzina è inesorabilmente aumentato, passando da 1,833 euro/litro (gennaio 2023) a 2,003 euro/litro (18 settembre 2023).
Quanto ai prezzi degli altri beni e servizi, finora il Governo non ha messo in campo alcuna strategia di contenimento degna di nota, salvo l'annuncio pochi giorni fa da parte del Ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, dell'avvio dal 1° ottobre di un « trimestre anti inflazione » frutto dell'accordo con l'industria alimentare e dei beni di largo consumo per offrire una serie di prodotti a prezzi calmierati o ribassati. L'accordo annunciato dal Ministro delle imprese e del made in Italy punta a replicare, con molti mesi di ritardo e con impegni deboli e aleatori, il modello di un'analoga intesa promossa dal Governo francese a marzo 2023.
Con il presente disegno di legge, si intende offrire un contributo di idee in merito a un pacchetto di possibili misure di carattere congiunturale per contenere in misura significativa la dinamica dell'inflazione, che si aggiungono alle proposte più strutturali presentate in altre occasioni per il progressivo miglioramento del potere d'acquisto delle cittadine e dei cittadini da una parte e, dall'altra, per la riduzione dei costi di produzione e di vendita dell'energia e di altri beni attraverso un'accelerazione delle politiche attive di decarbonizzazione e di trasformazione delle filiere produttive nell'ottica dell'economia circolare.
Nel merito, esso contiene 5 proposte. I primi due articoli del disegno di legge ridistribuiscono l'extragettito fiscale sui carburanti che, secondo le stime disponibili, ammonta a oltre 2 miliardi di euro, per un ammontare pari a 1 miliardo di euro per il rifinanziamento del « bonus carburanti » e a 1 miliardo di euro per il rifinanziamento del « bonus trasporti » e del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale.
Nel merito, all'articolo 1, per far fronte al consistente rincaro dei carburanti in atto, si istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo con dotazione pari a 1 miliardo di euro per l'anno 2023, le cui risorse sono destinate per il riconoscimento di un buono una tantum da utilizzare per l'acquisto di carburanti pari un ammontare complessivo pari a 200 euro alle famiglie con indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) fino a 35.000 euro.
L'articolo 2 del disegno di legge prevede il rifinanziamento del cosiddetto « bonus trasporti » per la fruizione dei servizi di trasporto pubblico locale. In particolare, l'articolo incrementa di 100 milioni di euro per l'anno 2023 e di 200 milioni per l'anno 2024 la dotazione del Fondo appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in ragione delle richieste pervenute, ben superiori alle risorse messe a disposizione. Tale incremento è finalizzato, altresì, a estendere la platea dei beneficiari alle persone fisiche che nell'anno 2022 hanno conseguito un reddito complessivo fino a 35.000 euro, in luogo dell'attuale limite previsto a 20.000 euro. Inoltre, si provvede al rifinanziamento del Fondo nazionale per il trasporto pubblico di cui all'articolo 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, per un ammontare di 200 milioni di euro per l'anno 2023 e 500 milioni di euro per l'anno 2024.
L'articolo 3 affronta la problematica del rincaro degli affitti determinato dall'inflazione in atto. Secondo l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), nel 2021 circa 5,2 milioni di famiglie (il 20,5 per cento del totale) vivevano in affitto. La quota delle famiglie in affitto è molto più elevata (31,8 per cento) per i nuclei appartenenti al primo quinto di reddito equivalente. La spesa media mensile per abitazione delle famiglie che vivono in affitto era, sempre nel 2021, di 579 euro, pari al 27,9 per cento del reddito medio mensile. Il 32,3 per cento delle famiglie in affitto era in sovraccarico per i costi dell'abitazione rispetto al reddito (spesa maggiore del 40 per cento del reddito disponibile).
Per i contratti di affitto abitativi stipulati in base alla legge 9 dicembre 1998, n. 431, le parti possono prevedere degli aumenti del 100 per cento della variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) calcolato dall'ISTAT. Per i contratti a canone concordato si applica l'aggiornamento ISTAT al 75 per cento. In caso di scelta del regime di cedolare secca (opzione esercitata da circa 1,9 milioni di contribuenti nell'anno di imposta 2020 secondo i dati dell'Agenzia delle entrate), il proprietario non può chiedere l'aggiornamento ISTAT.
L'impatto dell'indicizzazione dei canoni di affitto in una fase di inflazione ancora elevata a fronte di redditi delle famiglie stagnanti rischia di essere estremamente pesante, allargando a dismisura la quota di famiglie in affitto in condizione di sovraccarico per i costi dell'abitazione.
Per affrontare tale situazione, la proposta prevede, pertanto, che dal 1° ottobre 2023 fino al 31 dicembre 2024, l'adeguamento del canone relativo ai contratti di locazione per abitazione di residenza non si applichi qualora l'indice medio annuo ISTAT relativo ai prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, di cui all'articolo 81 della legge 27 luglio 1978, n. 392, subisca aumenti superiori al 2 per cento su base annua.
L'articolo 4, al fine di ridurre il peso degli incrementi delle bollette elettriche e del gas, prevede, per il quarto trimestre dell'anno 2023 e per tutto l'anno 2024, che le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati e ai clienti domestici in gravi condizioni di salute, nonché la compensazione della spesa per la fornitura di gas naturale – cosiddetto « bonus sociale luce e gas » – siano rideterminate dall'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) nel limite di ulteriori 110 milioni di euro per l'anno 2023 e di 500 milioni di euro per l'anno 2024.
L'articolo 5, in considerazione dell'andamento in atto dei prezzi dell'energia elettrica, prevede la proroga di un anno del regime di maggior tutela per i clienti finali domestici, al fine di evitare la sottoscrizione di onerosi contratti per la fornitura di energia elettrica. Le ragioni di tale intervento derivano dal fatto che la dinamica di rientro dei costi energetici, seguita alla fase acuta della crisi, in Italia non è stata altrettanto rapida che in altri Paesi europei, in particolare sul segmento retail, dove, in maniera ancor più preoccupante sul mercato libero, si assiste a una persistenza di prezzi estremamente elevati, su cui anche l'agenzia europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia (ACER) ha sollecitato un supplemento di indagine, a tutela dei consumatori.
Occorre sottolineare, inoltre, quanto nel corso di tutto il 2023 si sia osservato un costo dell'energia sul libero mercato nettamente superiore e recentemente anche doppio rispetto a quello sul mercato tutelato e che, in controtendenza con quanto dovrebbe accadere con un mercato libero maturo, il mercato elettrico vede aumentare la concentrazione nelle mani di pochi venditori del settore di riferimento (i primi tre operatori hanno una quota di circa il 49 per cento delle vendite complessive), con conseguente pericolo crescente di scarsa competitività sul mercato libero, a potenziale danno dei consumatori (come si evince dalla relazione annuale dell'ARERA). Danni reali dovuti ad aumenti significativi delle bollette che, peraltro, già segnalano diversi soggetti aggregatori delle piccole e medie imprese (PMI) che, recentemente, hanno perso ogni forma di tutela.
Non si può non considerare, infine, quanto il processo di diversificazione degli approvvigionamenti di gas tuttora in corso esponga il prezzo dell'energia a forti rischi di volatilità, ancora una volta a potenziale danno di consumatori e PMI; rischi che sarebbero aggravati dall'assenza di qualsiasi meccanismo di tutela.
Di conseguenza, proponiamo la proroga di un anno – fino a fine 2024 – del regime di maggior tutela per i clienti finali domestici, al fine di evitare la sottoscrizione di onerosi contratti per la fornitura di energia elettrica e gas.
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Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
l’Agenzia delle entrate, nell’audizione svolta lo scorso 17 luglio 2023 presso la 6a Commissione permanente (Finanze e tesoro) del Senato della Repubblica, ha evidenziato che circa 23 milioni di contribuenti italiani devono al fisco circa 1.153 miliardi di euro, di cui soltanto il 10 per cento (114 miliardi) realmente esigibili, mentre il restante 90 per cento (1.039 miliardi) sarebbe di difficile recupero;
gli evasori hanno potuto beneficiare dal momento dell’insediamento del Governo Meloni di numerose misure di “tolleranza” fiscale, tra cui: 1) la rottamazione della cartelle esattoriali sotto i 1.000 euro affidate alla riscossione dal 2000 al 2015; 2) la definizione agevolata per liti pendenti; 3) la rottamazione delle multe stradali; 4) lo sconto sulle controversie tributarie pendenti al 1° gennaio 2023; 5) gli sconti e pagamenti rateali per i ravvedimenti; 6) le modalità di pagamento agevolato per gli avvisi bonari; 7) le irregolarità formali da denuncia dei redditi sanate con il pagamento di 200 euro; 8) le sanzioni ridotte per gli atti di accertamento; 9) il condono sui guadagni da criptovalute; 10) la rinuncia agevolata alle controversie tributarie; 11) la regolarizzazione dei versamenti senza sanzioni o interessi; 12) il condono per società calcistiche; 13) il condono penale per chi è stato già condonato per reati tributari;
altre misure di clemenza fiscale sono state previste e programmate con l’approvazione della legge 9 agosto 2023, n. 111, recante la delega al Governo per la “Riforma fiscale”, tra cui: 1) l’introduzione di un concordato preventivo biennale per i titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo di minore dimensione, che rischia di legalizzare la sotto dichiarazione di ricavi e compensi; la previsione di ulteriori “istituti speciali di definizione”; 3) le misure di attenuazione dei controlli riguardanti l’accertamento (ad esempio la riduzione della possibilità di fare riferimento ai valori di mercato) e delle sanzioni (ad esempio per la dichiarazione infedele, ma anche con lo sconto del penale a chi aderisce ai vari condoni); 4) le misure riguardanti il contenzioso (con la previsione di ulteriori definizioni agevolate); 5) le limitazioni all’azione dell’Agenzia delle entrate in tema di riscossione (viene limitata nel suo campo di azione e accompagnata da rateizzazioni talmente lunghe da rendere conveniente, dal punto di vista economico, non pagare le imposte);
ai suddetti provvedimenti, si affiancano: 1) le misure contenute nel decreto-legge «energia», rivolte a commercianti e autonomi titolari di partita IVA, che hanno commesso una o più violazioni tributarie e che sana le violazioni degli obblighi in materia di certificazione dei corrispettivi commesse tra il 1° gennaio 2022 e il 30 giugno 2023, dietro il pagamento, entro il 15 dicembre 2023, delle maggiori imposte dovute, gli interessi e solo un diciottesimo delle multe previste, con una soglia minima di 2.000 euro; 2) le misure annunciate nella NADEF 2023, relative alla prima applicazione della suddetta Riforma fiscale, che verranno inserite in manovra di bilancio per il 2024 e nel decreto-legge ad essa collegato, in quello che agli interroganti appare il disperato tentativo del Governo di reperire «risorse per interventi» attraverso la reiterazione di definizioni agevolate, sconti, concordati fiscali e altri interventi della medesima natura;
considerato che a giudizio degli interroganti:
la politica fiscale del Governo Meloni rischia di esacerbare il conflitto sociale tra contribuenti fedeli, che pagano regolarmente le imposte e che si trovano ad affrontare le irrisolte problematiche del carovita e coloro che invece non adempiono agli obblighi tributari e sono incoraggiati a proseguire su tale strada;
in termini finanziari, oltre al mancato recupero dei circa 114 miliardi di euro evasi e certificati dall’Agenzia delle entrate, si sommano nel corso dell’ultimo anno svariati miliardi di euro sottratti all’azione di recupero di evasione fiscale, in conseguenza delle misure adottate e in via di adozione da parte del Governo;
nella NADEF approvata durante il Consiglio dei ministri del 27 settembre 2023, nessun particolare cenno viene fatto in merito alla lotta all’evasione fiscale e al recupero delle suddette somme sottratte all’Erario, né al contrasto all’economia sommersa, mentre particolare enfasi viene attribuita al costo sostenuto dallo Stato relativamente alle misure di efficientamento energetico degli edifici accusate di condizionare, insieme all’inflazione, la disponibilità di risorse per interventi in vista della prossima legge di bilancio,
si chiede di sapere:
quali siano le misure che il Governo intende adottare, e in che tempi, al fine di contrastare la lotta all’evasione fiscale e contributiva e l’economia sommersa e quante risorse abbia stimato di recuperare da tali attività, già a partire dal 2024, al fine di sostenere le famiglie, a partire da quelle con i redditi più bassi, e le imprese, alle prese con le irrisolte problematiche del carovita, dell’aumento delle bollette energetiche, dei carburanti e dei materiali;
se, a fronte delle suddette problematiche che affliggono famiglie ed imprese, intenda abbandonare ogni percorso normativo che conduca a qualsiasi forma di condono, sanatoria o definizione agevolata, già a partire dalla prossima legge di bilancio e nei provvedimenti ad essa collegati, nonché a riforme fiscali di tipo regressivo, evidenziando per tale via una chiara presa di posizione a difesa della funzione sociale del fisco.
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Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
come riportato da diversi organi di stampa, Massimo Temussi, presidente di ANPAL Servizi S.p.A., è indagato dalla Procura di Cagliari nell’ambito dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Cagliari, insieme ad altre 31 persone, componenti di un presunto sodalizio criminale, per i reati di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, abuso di ufficio, rivelazione di segreti di ufficio, corruzione aggravata dal metodo mafioso, traffico di droga, corruzione, anche con l’utilizzo del metodo mafioso e peculato;
l’indagine ha portato alla luce pericolosi legami tra criminalità organizzata legata al traffico di stupefacenti e diversi esponenti delle istituzioni. Tra gli indagati figurano, infatti, anche l’ex assessora per l’agricoltura della Regione Sardegna, Gabriella Murgia, e il primario del reparto di terapia del dolore dell’ospedale “Marino” di Cagliari, Tomaso Cocco;
occorre rilevare come Massimo Temussi sia già indagato, in qualità di ex direttore generale del centro regionale di programmazione, nell’ambito di un altro filone d’inchiesta delle Procure di Cagliari e di Nuoro, che vede sempre coinvolti i vertici dell’attuale Giunta regionale; i reati contestati sono corruzione, abuso d’ufficio e induzione indebita;
è quindi la seconda volta, da quando è presidente, che Massimo Temussi è indagato per gravi reati;
dal 19 gennaio al 10 marzo 2023 Temussi è stato assunto presso gli uffici di diretta collaborazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con un compenso di 146.070,88 euro;
considerato che:
il 6 luglio 2022 l’assemblea ordinaria degli azionisti di ANPAL Servizi ha nominato per il triennio 2022-2024 il consiglio d’amministrazione della società;
dopo solo otto mesi, con decreto del Ministro del lavoro e del Ministro dell’economia e delle finanze del 14 febbraio 2023, notificato alla società il 27 febbraio, si è proceduto alla revoca del consiglio di amministrazione;
a giudizio degli interroganti il suddetto decreto interministeriale (a tutt’oggi non si conoscono le motivazioni che ne hanno giustificato l’emanazione, nonostante un’interrogazione presentata alla Camera a prima firma dell’on. Fossi, rimasta senza risposta) ha rappresentato l’esercizio di un potere del tutto anomalo in quanto estraneo alle attribuzioni istituzionali dei Ministri e tenuto conto che si trattava di organi non soggetti all’applicazione del meccanismo di spoils system;
questa decisione, che ha rischiato di pregiudicare l’operatività della società, è stata seguita dalla nomina di Massimo Temussi, già consulente personale della Ministra, a presidente di ANPAL Servizi,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo fossero a conoscenza dei gravi fatti esposti;
quali iniziative intendano adottare, nell’ambito delle loro competenze, affinché la carica di presidente di ANPAL Servizi sia ricoperta da una persona capace di svolgere il suo mandato con disciplina e onore.
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Al Ministro delle imprese e del made in Italy. -
Premesso che:
i dispositivi a semiconduttore rappresentano una delle principali tecnologie che consentono il funzionamento di gran parte degli strumenti utilizzati dalle imprese per la produzione di beni e servizi e degli strumenti ad uso quotidiano che supportano e migliorano il lavoro pubblico e privato e lo stile di vita di miliardi di persone, nonché una delle tecnologie abilitanti su cui si gioca la sovranità tecnologica. La catena di approvvigionamento di tali dispositivi è improvvisamente entrata al centro di scontri commerciali a partire dal 2021, tanto da spingere l'amministrazione USA a varare, in risposta alla grave carenza globale di dispositivi a semiconduttore, iniziative volte a rafforzare l’autonomia strategica nell’approvvigionamento e a spostarne il baricentro della produzione mondiale, al momento a Taiwan, in America e in Europa. La stessa UE, in risposta alla crisi, ha lanciato nel giugno 2021 l’alleanza sulle tecnologie di processori e semiconduttori finalizzata al rafforzamento delle filiere domestiche, con particolare riferimento alla capacità manifatturiera, a cui hanno fatto seguito una serie di altre importanti iniziative tra cui l’European chips act;
nel luglio 2021, l’amministratore delegato di Intel, Patrick Gelsinger, in linea con la strategia statunitense di sicurezza nazionale e di drastica riduzione della dipendenza dalla catena di approvvigionamento dei dispositivi a semiconduttore dai Paesi asiatici, ha preso parte a importanti incontri con le istituzioni UE e i Governi di Francia, Germania ed Italia, nonché con altri Stati membri della UE, nei quali ha manifestato l’obiettivo di realizzare in Europa diverse tipologie di impianti per la fabbricazione di semiconduttori. Il 25 settembre 2022, il Governo Draghi e l’amministratore delegato di Intel avevano preannunciato un’intesa di massima per la realizzazione in Italia di un impianto per il packaging e l’assemblaggio di semiconduttori (individuato a Vigasio, in provincia di Verona), prevedendo un investimento iniziale di circa 4,5 miliardi di euro e la creazione di 1.500 posti di lavoro diretti e altri 3.500 nella filiera, anche grazie a un finanziamento da parte del Governo italiano del 40 per cento dell’investimento totale di Intel. Nel mese di gennaio 2023, il Governo in carica ha pubblicamente affermato di essere in contatto costante sia con Intel sia con le istituzioni europee per cercare di garantire l'insediamento in Italia dell’impianto;
l’articolo 5 del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, prevede il riconoscimento di un credito d’imposta in favore delle imprese residenti nel territorio dello Stato, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, che effettuano investimenti in progetti di ricerca e sviluppo relativi al settore dei semiconduttori. La norma, apparentemente positiva, appare in netto ritardo rispetto alle evoluzioni in atto nel contesto internazionale sulla produzione delle importanti tecnologie ed evidenzia una grave sottovalutazione delle problematiche di approvvigionamento ed una debole attenzione alle politiche industriali e agli obiettivi di crescita economica e occupazionale nel Paese;
tra maggio e giugno 2023, la strategia delineata da Intel è stata tradotta in concreto con una serie di accordi per la realizzazione di impianti in territorio europeo e in Israele. In sequenza, il 16 giugno l’amministratore delegato di Intel ha dichiarato che Intel prevede di investire fino a 4,6 miliardi di dollari per la realizzazione di una nuova struttura di assemblaggio e collaudo di semiconduttori vicino a Breslavia, in Polonia, che darà lavoro a 2.000 lavoratori e creerà diverse migliaia di posti di lavoro aggiuntivi durante la fase di costruzione e l'assunzione da parte dei fornitori. Il 18 giugno, il primo ministro israeliano Netanyahu ha dichiarato che Intel spenderà 25 miliardi di dollari per una nuova fabbrica a Kiryat Gat, in Israele, che aprirà nel 2027 e darà lavoro a diverse migliaia di addetti. Il 19 giugno, Intel ha firmato un accordo con il Governo tedesco per realizzare un investimento in Germania pari a 30 miliardi di euro, con 10 miliardi di finanziamenti a fondo perduto da parte dell’Esecutivo nel sito di Magdeburgo. Sulla spinta dell’accordo, la Germania diventerà, a partire dal 2027, il punto di riferimento per il settore in Europa, con un investimento totale di 43 miliardi di euro da parte del Governo tedesco, di cui 15 miliardi in aiuti di Stato per la costruzione di 3 nuovi stabilimenti, uno da parte dell'azienda taiwanese TSMC e due da parte proprio dell'azienda americana Intel, sfruttando le deroghe agli aiuti di Stato previste dal citato European chips act. Oltre agli aiuti di Stato, la strategia tedesca prevede sgravi fiscali per le aziende già presenti nel Paese;
l’amministratore delegato di Intel ha invece ripetutamente manifestato dubbi sull’effettiva realizzazione di impianti per la produzione di chip in Italia. Allo stato attuale, non si hanno più notizie sull’avvio degli investimenti di Intel in Italia. Le ripercussioni negative della situazione che si è creata allontanano l’obiettivo del rafforzamento dell’autonomia strategica del nostro Paese, che consiste in una quota maggiore di approvvigionamento domestico di dispositivi cruciali per la competitività tecnologica del nostro sistema economico e per la produzione di beni indispensabili per il mantenimento di livelli elevati di qualità della vita, la creazione di nuovi posti di lavoro, lo sviluppo territoriale, il trasferimento tecnologico e il rafforzamento delle università e dei centri di ricerca italiani;
con la mozione 1-00055 presentata al Senato nel mese di giugno 2023, il Governo veniva sollecitato ad intraprendere un percorso virtuoso e ad adottare una strategia complessiva in materia di produzione e approvvigionamento di semiconduttori, a cui non è stato dato seguito. A fronte della situazione, le misure contenute nell’articolo 5 del decreto-legge n. 104 del 2023 appaiono del tutto insufficienti rispetto alla perdita di potenziale occupazionale e di sviluppo tecnologico del Paese,
si chiede di sapere:
quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda adottare al fine di favorire l’Italia come sede di attività di lavorazione di semiconduttori e di ricerca nel settore e se intenda adoperarsi affinché siano rafforzate le misure di semplificazioni burocratiche e le misure di incentivazione per l’attrazione di investimenti e lo stabilimento sul territorio nazionale di attività produttive finalizzate a rafforzare l’autonomia strategica italiana ed europea nell’approvvigionamento di semiconduttori;
quali siano le motivazioni che hanno impedito al Governo di dare seguito agli accordi di massima che erano stati raggiunti con Intel nel settembre 2022 e, alla luce dei recenti accadimenti, se abbia intenzione di riavviare il dialogo con il gruppo Intel, allo scopo di assicurare la realizzazione in Italia di almeno un impianto per il packaging e l’assemblaggio di semiconduttori, adottando tutte le misure necessarie a tale scopo, a partire dagli stanziamenti necessari per la partecipazione ad una quota del finanziamento per la realizzazione dell’impianto;
quali iniziative intenda adottare, già a partire dal prossimo disegno di legge di bilancio, al fine di garantire al Paese adeguati livelli di ricerca e sviluppo in ambito tecnologico, della microelettronica e dell'intelligenza artificiale, nonché per accrescere le opportunità di creazione di nuovi posti di lavoro di qualità, di sviluppo territoriale, di trasferimento tecnologico e rafforzamento delle università e dei centri di ricerca italiani e se intenda farsi promotore, nelle sedi istituzionali europee, affinché tutti gli investimenti strategici in ambito tecnologico, della microelettronica e dell'intelligenza artificiale, siano sostenuti non soltanto da investimenti nazionali ma da un fondo comune europeo.
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Ai Ministri dell'istruzione e del merito e dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
l’articolo 1, comma 557, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio per il 2023), introduce, a decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, una nuova disciplina relativa alla determinazione dei criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le Regioni e prevede che i criteri per l'individuazione delle istituzioni scolastiche alle quali può essere assegnato un dirigente scolastico e un DSGA devono essere definiti con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo accordo da raggiungere in sede di Conferenza unificata;
un dimensionamento così perseguito, attraverso la diminuzione di figure centrali quali quella del dirigente scolastico e del DSGA e per il tramite di numerosi “accorpamenti”, basato su finalità restrittive e su un'economia di risparmio, rischia di essere fortemente divisivo e comporta inevitabilmente una sensibile riduzione delle istituzioni scolastiche, con gravi conseguenze sulla vita di studenti e studentesse con conseguenze molto significative in tutto il Paese, soprattutto nelle aree più fragili;
dalla relazione tecnica di accompagnamento alla normativa introdotta dalla legge di bilancio per l’anno 2023 emerge che dal 2024/2025 al 2031/2032 il numero di istituzioni scolastiche con la presenza di dirigente e DSGA titolari passerà da 7.461 a 6.886, con una riduzione di 575 istituzioni scolastiche e posti di dirigente e DSGA; se si considera, inoltre, che nell'anno scolastico 2022/2023 il numero delle istituzioni scolastiche autonome è pari a 8.007, dal 2022/2023 al 2031/2032 è stimabile un taglio complessivo di 1.121 scuole;
si tratta, a regime, di un taglio di quasi 90 milioni di euro che rischia di produrre pesanti contraccolpi in ampie aree del Paese, con conseguente e progressiva riduzione anche delle risorse umane impegnate nelle istituzioni scolastiche (personale amministrativo ad esempio); l'accorpamento degli istituti si configura, pertanto, come un vero e proprio taglio che andrà a colpire le regioni e i territori più deboli, rendendo più difficile un più effettivo e proficuo legame del dirigente scolastico con la comunità scolastica di riferimento, incrementando i divari territoriali;
premesso inoltre che:
il decreto interministeriale 30 giugno 2023 R.0000127 che definisce “i criteri del contingente organico di dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi aa.ss 2024/2025, 2025/2026, 2026/2027” ribadisce, all’articolo 1, comma 1, che sono “le Regioni (...) che provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno (...) sentite le Province e le Città metropolitane per le scuole secondarie di secondo grado e i comuni per le scuole di ogni altro odine e grado, utilizzando i procedimenti regionali a ciò finalizzati”;
lo stesso decreto richiama espressamente in premessa il decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, che ha disposto con l’articolo 12, comma 1-bis), che “per le scuole con lingua di insegnamento slovena, i criteri di cui al comma 5-ter dell’articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, introdotto dalla lettera c) del comma 1 del presente articolo, nonché ogni azione di dimensionamento sono adottati previo parere vincolante della commissione scolastica regionale per l’istruzione in lingua slovena , di cui all’articolo 13, comma 3, della legge 23 febbraio 2001, n. 38”;
il decreto interministeriale, all’articolo 2, comma 2, prevede che “le dotazioni organiche dei dirigenti scolastici e dei direttori generali e amministrativi e la loro distribuzione tra le regioni sono indicate nella tabella allegata al presente decreto, che ne costituisce parte integrante”, mentre al comma 3 precisa che “nelle medesime tabelle sono altresì indicate le consistenze delle dotazioni organiche dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi per la Regione Friuli- Venezia Giulia, distinti in istituti con lingua di insegnamento italiana e con lingua di insegnamento slovena o bilingue sloveno-italiano”;
tali tabelle indicano che il contingente organico di dirigenti scolastici e DSGA in Friuli-Venezia Giulia per le scuole di insegnamento con lingua slovena subisce, nel triennio 2024/2027, un taglio significativo di 3 posti, di cui 2 per l’anno scolastico 2023/2024 ed uno nell’anno scolastico 2026/2027;
per quanto consta, né all’atto di adozione del citato decreto interministeriale né in seguito è stata sentita la commissione scolastica regionale per l’istruzione in lingua slovena, di cui all’art. 13, comma 3, della legge 23 febbraio 2001, n. 38, per il prescritto parere vincolante;
a ben vedere, si tratta di norme speciali che si connotano non solo per la loro specifica missione di mantenere l’istruzione in lingua slovena del Friuli-Venezia Giulia estranea al sistema scolastico nazionale per le ovvie specificità ma vanno altresì collocate nell’alveo della più ampia tutela della minoranza linguistica slovena, e, per quel che qui interessa, dello sloveno nel mondo dell’istruzione, che rimane ancora assicurata da un atto di diritto internazionale pattizio: il memorandum d’intesa che nel 1954 definì la “questione di Trieste”;
ribadito, altresì, come previsto dall’articolo 13, comma 3, della legge n. 38 del 2001, puntualmente richiamata dal decreto interministeriale, che “ogni azione di dimensionamento è adottata previo parere vincolante della commissione scolastica regionale per l’istruzione in lingua slovena”,
si chiede di sapere:
se, in quali tempi e con quali modalità si intenda convocare la commissione scolastica regionale per l’istruzione in lingua slovena per il prescritto parere vincolante di cui al decreto-legge n. 104 del 2013, tenuto conto della competenza regionale in materia dimensionamento scolastico e dei termini strettissimi per l’adozione piano regionale di dimensionamento, da adottare entro il 30 novembre 2023;
quali iniziative il Ministro dell’istruzione intenda adottare al fine di sostenere la rete e i servizi scolastici ed evitare la conseguente riduzione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei DSGA, così da evitare le penalizzazioni che riguarderanno, soprattutto, le aree più fragili del Paese;
quali azioni i Ministri in indirizzo intendano adottare per garantire il rispetto delle vigenti norme richiamate in materia di tutela della minoranza slovena in Friuli-Venezia Giulia.
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Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
alla luce dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, l’articolo 27 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, ha autorizzato CDP S.p.A. a costituire un patrimonio destinato, denominato “Patrimonio Rilancio”, al quale sono stati apportati taluni beni e rapporti giuridici individuati dal Ministero dell’economia e delle finanze, mediante il quale fornire un sostegno al rilancio del sistema economico produttivo italiano, nelle forme e alle condizioni previste dal Quadro temporaneo sugli aiuti di Stato dell’Unione europea;
in base a quanto previsto dall’articolo 27, comma 17, del decreto-legge n. 34 del 2020, ai fini degli apporti del Ministero dell’economia e delle finanze alla costituzione del Fondo si autorizzava, per l’anno 2020, l'assegnazione di titoli di Stato a CDP S.p.A., nel limite massimo di 44 miliardi di euro, appositamente emessi, ovvero, nell'ambito del predetto limite, l'apporto di liquidità. Nel maggio del 2021, in ottemperanza a quanto previsto, l’assemblea di CDP S.p.A. ha approvato la costituzione del “Patrimonio Rilancio”, i cui tre comparti (Fondo Nazionale Supporto Temporaneo, Fondo Nazionale Strategico, Fondo Nazionale Ristrutturazioni Imprese) sono separati, autonomi, distinti a tutti gli effetti dal patrimonio degli altri comparti, nonché dal patrimonio di CDP S.p.A., e riferibili a differenti modalità di intervento a supporto delle imprese;
con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 3 febbraio 2021, n. 26, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 59 del 10 marzo 2021 è stato adottato il regolamento concernente i requisiti di accesso, condizioni, criteri e modalità degli investimenti del Patrimonio Destinato, mentre con il successivo decreto del Ministero dell’economia e delle finanze n. 37612 del 7 maggio 2021 (cosiddetto “decreto apporti”) è stata prevista l’assegnazione a titolo di apporto iniziale, di titoli di Stato per un controvalore di 3 miliardi di euro ed è stato ribadito che, a titolo di apporto al Patrimonio Destinato, possono essere assegnati a CDP S.p.A. titoli di Stato emessi nel limite massimo di 44 miliardi di euro;
dai dati disponibili, “Patrimonio rilancio” ha conseguito fin dalla sua nascita importanti risultati a supporto delle imprese e dell’economia nazionale e da ultimo il disegno di legge (A.S. 674), attualmente in discussione al Senato, recante interventi a sostegno della competitività dei capitali, all’articolo 22, prevede misure per rafforzarne ulteriormente l’operatività consentendo l’accesso agli interventi del FNS anche alle società risultanti da fusioni o scissioni prive di bilanci di esercizio, ma con solide prospettive di crescita;
considerato che:
con decreto-legge 31 agosto 2023, n. 118, il cui contenuto è stato trasfuso dal Governo con l’emendamento 13.0.1000 nel decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, all’esame delle competenti Commissioni del Senato, è stata autorizzata, ai fini della realizzazione di operazioni attinenti a società di rilievo strategico, la spesa nel limite massimo di euro 2.525 milioni di euro per l'anno 2023, senza alcun riferimento di contesto industriale o settoriale e senza alcuna analisi d’impatto sulle alternative possibili o sulla necessità di eventuali operazioni. Agli oneri relativi a tale operazione si provvede mediante uno o più versamenti all'entrata del bilancio dello Stato e riassegnazione ai pertinenti capitoli dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze delle risorse, in conto residui, relativamente all’autorizzazione di spesa inerente a “Patrimonio destinato” di cui al comma 17 dell'articolo 27 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34;
dal punto di vista contabile, l’istituto della riassegnazione è previsto dall’articolo 24, comma 5, della legge di contabilità. Tuttavia, nel caso in esame, la riassegnazione interessa quota parte di un’autorizzazione di spesa in conto residui prevista in bilancio ai sensi della legislazione vigente, relativamente allo stanziamento previsto per l'assegnazione a CDP S.p.A. delle risorse per “Patrimonio Destinato”, rinvenibile su apposito capitolo di spesa in conto capitale riferibile ad una autorizzazione risalente al 2020, che non presenta una dotazione di competenza anche relativamente all’anno in corso;
la relazione tecnica di accompagnamento del decreto-legge 31 agosto 2023, n. 118, è sprovvista del prospetto riepilogativo degli effetti d’impatto attesi sui saldi di finanza pubblica e non chiarisce in alcun passaggio i dettagli relativi alla copertura finanziaria utilizzata;
emergono, pertanto, preoccupanti criticità in merito ai profili di copertura della suddetta norma nei termini stabiliti dalla legge di contabilità, in merito alle risorse ad oggi trattenute in bilancio in conto residui e sui relativi capitoli dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, e nessun documento aggiuntivo è stato prodotto dal Governo al fine di fornire indicazioni in merito alla loro distinta riconducibilità alle fattispecie dei residui cosiddetti “propri” (ovvero, a seguito di formali impegni assunti) ovvero di stanziamento, dal momento che le evidenze contabili attestano, al momento, una “disponibilità di cassa” complessiva in “gestione” per un importo assai più limitato rispetto all’ammontare complessivo dei “residui” formalmente accertati,
si chiede di sapere:
se il Governo intenda chiarire tempestivamente, nel dettaglio e nei termini stabiliti dalla legge di contabilità pubblica, i profili di copertura finanziaria dell’articolo 1 del decreto-legge 31 agosto 2023, n. 118, il cui contenuto è stato trasfuso dal Governo con l’emendamento 13.0.1000 nel decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, attualmente all’esame del Senato;
quali siano le ragioni che hanno impedito la redazione di una relazione tecnica dettagliata ed esaustiva di accompagnamento ai contenuti dell’articolo 1 del decreto-legge 31 agosto 2023, n. 118, tanto più necessaria in quanto riferita ad importi significativi e superiori ai 2,5 miliardi di euro e a rischi di possibili ripercussioni significative sull’andamento dei principali indicatori di finanza pubblica;
se il ricorso all’istituto della riassegnazione di cui all’articolo dall’articolo 24, comma 5, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, sia stato utilizzato per evitare, in considerazione dei possibili effetti finanziari del decreto-legge sugli andamenti di finanza pubblica, il ricorso alle procedure di scostamento previste dalla legge di contabilità;
se il Governo intenda chiarire nel dettaglio quali siano le riassegnazioni utilizzate e le disponibilità nei pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze a copertura finanziaria dell’articolo 1 del decreto-legge 31 agosto 2023, n. 118, e se tali risorse non siano state di fatto sottratte alle importanti finalità di cui ai commi 2 e 17 dell'articolo 27 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34;
se si intenda chiarire quali siano le ragioni che hanno finora impedito al Ministro dell’economia e delle finanze di trasmette alle Camere la Relazione annuale sugli effetti prodotti e sui risultati conseguiti da “Patrimonio Rilancio”, nel rispetto della scadenza del 31 gennaio 2023, come previsto dall’articolo 27, comma 18-bis, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34.
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Legislatura 19ª - Disegno di legge n. 882 - Nicola Irto cofirmatario
Gli obiettivi del presente disegno di legge sono di definire in maniera limpida il perimetro e le finalità delle politiche pubbliche per il sostegno e lo sviluppo delle imprese creative e della cultura e di creare un contesto normativo e un'organizzazione pubblica funzionali, strutturali e di sistema per il segmento produttivo del settore.
Si tratta di finalità solo apparentemente ovvie, e altrettanto apparentemente di problematiche già risolte dalle discipline vigenti, che intervengono nel settore in maniera frammentaria e disorganica anche riguardo alle risorse finanziarie pubbliche a esso destinate.
Mentre si continua a celebrare il « gigantismo » culturale dell'Italia, talvolta anche con riferimenti, citazioni e calcoli irreali, la legislazione italiana non mette a disposizione della creatività e della cultura strumenti finanziari, normativi e organizzativi efficaci e adeguati ai bisogni del sistema produttivo e delle imprese della cultura e della creatività; né si sono mai gettate le basi di una politica industriale per il suo sviluppo.
A questo limite della legislazione nazionale, le imprese del settore (che peraltro come noto sono molto spesso micro o piccole imprese) hanno pagato e pagano un prezzo altissimo in termini di competitività, di mortalità e di abbandono nel campo aperto di mercati che richiedono anche di confrontarsi con soggetti la cui forza contrattuale ed economica è esponenzialmente maggiore. Esse pagano frequentemente anche l'impossibilità di essere ricomprese nel settore di attività al quale appartengono e perciò di avvalersi delle risorse e degli interventi pubblici a disposizione del comparto o di accedere a bandi e gare a causa di meccanismi, strumenti e informazioni insufficienti o inadeguati o difformi per la loro stessa individuazione. Sappiamo, ad esempio, come il sistema dei codici ATECO applicato al settore culturale e creativo assai spesso non permetta di individuare chiaramente l'appartenenza delle imprese al proprio comparto produttivo a causa delle complessità, della molteplicità o delle difformità delle attività svolte dalle imprese medesime, che non concordano con un sistema di classificazione rigido. Un problema che ha, tra l'altro, prodotto l'impossibilità per molte di queste aziende e professionisti di accedere agli aiuti erogati dallo Stato durante l'emergenza conseguente all'epidemia da COVID-19.
Le politiche pubbliche per la cultura e la creatività e la visione alla quale esse sono orientate incidono su aspetti che costituiscono i cardini stessi della vita democratica, a partire dall'offerta concreta di pari opportunità e di pluralismo fino all'effettiva esigibilità dei diritti sociali e civili e agiscono sulla qualità del lavoro, sulla produttività complessiva del sistema, sulla qualità delle produzioni, sulla capacità di innovazione. Dunque, la produzione culturale e creativa e il sistema delle imprese che appartengono al settore, il loro stato di salute e le opportunità concrete per la loro crescita costituiscono certamente un interesse generale e collettivo.
Definire l'identità del settore culturale e creativo significa prima di tutto riconoscerne l'indipendenza, le specificità e la funzione di motore di crescita, benessere, innovazione, valore aggiunto per gli standard di qualità del lavoro e delle produzioni e poi dotarlo degli strumenti necessari per coltivarlo e farlo crescere, a partire dai processi creativi, artistici, culturali, intellettuali, che sono il basamento del sistema e si realizzano attraverso il lavoro, la sua organizzazione e la creazione di un'impresa.
Le imprese creative e della cultura, così come i professionisti che operano in questo settore, hanno bisogno, come più volte ha ricordato anche l'Unione europea nei suoi dibattiti e nei suoi atti, di condizioni favorevoli, di un contesto normativo che ricompensi la creatività, di un accesso migliore ai finanziamenti, di opportunità per crescere e internazionalizzarsi, di un'offerta di competenze specifiche. E, come vale per ogni altro settore economico, attività produttiva e imprenditoriale, di un'organizzazione pubblica adeguata, competente, efficiente rispetto ai bisogni e alle specificità del settore, ricordiamo il fatto che l'osmosi di conoscenze e competenze peculiari del settore creativo e della cultura con quelle di altri settori – fra cui, a solo titolo esemplificativo, le tecnologie, l'informazione e la comunicazione, il turismo, i servizi e il settore pubblico, le attività produttive – favorisce la generazione di soluzioni innovative. Ed è in considerazione di questi tratti caratteristici che il quadro normativo e le azioni pubbliche per il sostegno e lo sviluppo delle imprese creative e culturali debbono a loro volta essere studiate e orientate. È quindi indispensabile un congruo investimento pubblico, in termini certamente di risorse finanziarie, ma anche di disciplina organica e stabile, un'organizzazione omogenea ed efficiente e un migliore e più efficace coordinamento tra i diversi livelli di governo competenti.
L'altra parte di un ragionamento che coinvolge il sistema produttivo della creatività e della cultura riguarda la domanda e i consumi culturali, in particolare in un Paese come l'Italia in cui, come risulta chiaramente dai dati sui consumi culturali, soprattutto quelli che implicano la partecipazione in presenza (come cinema, musei, teatri), i consumi medesimi stagnano da circa tre decenni, con indici che non segnalano né significative crescite, né l'allargamento della domanda. È noto, inoltre, quanto abbia influito negativamente la pandemia da COVID-19 e certamente la grave crisi internazionale in corso, gli aumenti dei costi dell'energia e la crescita dell'inflazione, che non contribuiranno a migliorare l'andamento della spesa culturale delle famiglie italiane.
A queste ultime considerazioni si deve premettere, anche qui, che tra i princìpi guida dell'azione pubblica per la creatività e la cultura non può non esservi quello di riconoscere la spesa culturale tra quelle direttamente connesse all'esercizio di un diritto fondamentale della persona, sociale e civile, il che implica la previsione di misure pubbliche per il sostegno della domanda, che in questo disegno di legge si realizzano attraverso il riconoscimento della detrazione fiscale del 19 per cento ai fini dell'IRPEF.
A tutte queste premesse risponde l'articolato del disegno di legge che viene illustrato di seguito e che, nell'ottica della necessità di una politica di vero e proprio sviluppo industriale per il settore, stabilisce misure e azioni pubbliche guidate dal riconoscimento del valore sociale e civile della cultura e della creatività.
L'articolo 1 del disegno di legge definisce il settore creativo e culturale, disegnandone il perimetro e permettendo, allo stesso tempo, la sua apertura all'innovazione dei linguaggi e delle forme della creatività e dell'arte e alle loro possibili applicazioni, realizzazioni e utilizzazioni, assumendo che esse nascono comunque da processi artistici, culturali o creativi. La filiera produttiva individuata coinvolge tutte le parti, le fasi e i segmenti che compongono la filiera produttiva delle diverse attività creative, culturali e artistiche, anche qualora esse siano congiunte o connesse o si avvalgano dei processi creativi, culturali e artistici.
L'articolo 2 stabilisce i criteri per la definizione delle imprese del settore creativo e culturale, individuandole nei soggetti ed enti privati che svolgono una o più delle attività previste dall'articolo 1, costituiti nelle forme previste dal libro quinto del codice civile (« Del lavoro »), ricomprendendo così tutte le forme dell'organizzazione di impresa: dal lavoro autonomo, alle società, alle società cooperative, nonché agli enti del Terzo settore che esercitano la propria attività esclusivamente o principalmente in forma di impresa (articolo 13, comma 4, del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117), alle imprese sociali di cui al codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112, e agli enti di cui al capo II del titolo II del libro primo del codice civile, cioè associazioni e fondazioni che svolgono le proprie attività prevalentemente in forma di impresa.
L'articolo 3 istituisce il registro delle imprese creative e culturali (RICC) presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, fornendo al sistema produttivo uno strumento semplice e unitario per l'individuazione e il riconoscimento delle imprese appartenenti al settore di riferimento. È noto come il sistema di individuazione dei codici ATECO, anche date le difformità, l'eterogeneità e la molteplicità delle forme e dei contenuti delle attività svolte dalle imprese appartenenti a questo settore, assai spesso non permetta di individuare nettamente la loro appartenenza all'ambito della creatività e della cultura, e che questo limite abbia prodotto anche diversi problemi di applicabilità e di riconoscimento di misure di sostegno economico-finanziario, dalle quali le imprese del settore hanno finito per restare escluse. Questo nuovo meccanismo, peraltro già utilizzato nella disciplina di sostegno e sviluppo delle start up innovative, permette di superare le problematiche conseguenti alle difficoltà di identificazione attraverso un meccanismo semplice e consente, tra l'altro, di ottenere più facilmente dati e informazioni sulla vita, sul dimensionamento, sulle caratteristiche delle imprese iscritte al RICC. Si stabilisce conseguentemente, al comma 4 dell'articolo, che l'iscrizione delle imprese nel RICC produce effetti ai fini statistici, fiscali e contributivi, definendone l'appartenenza al settore economico, creativo e culturale e che tale iscrizione produce effetti anche ai fini delle procedure adottate dalla parte pubblica per l'individuazione delle imprese del settore ai fini delle discipline, delle misure e degli interventi per il sostegno e lo sviluppo delle imprese e dei sistemi industriali, sia a carattere ordinario che straordinario.
L'articolo 4 prevede, ai commi 1 e 2, modificazioni alla normativa relativa alle start up innovative recata dal decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, estendendone gli effetti alle start up del settore creativo e culturale iscritte al suddetto RICC.
Il comma 3 dell'articolo estende invece la disciplina del credito di imposta per le assunzioni a tempo indeterminato di personale altamente qualificato recata dall'articolo 24 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, alle imprese del settore creativo e culturale, provvedendo perciò anche ad integrare le norme di cui al predetto decreto-legge con i titoli di studio e i corsi di laurea magistrali che afferiscono al settore creativo e culturale.
L'articolo 5 istituisce il Fondo di garanzia per le micro, piccole e medie imprese del settore creativo e culturale, sostituendolo al Fondo per le piccole e medie imprese creative di cui all'articolo 1, comma 109, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, con una dotazione di 200 milioni di euro a decorrere dal 1° gennaio 2024.
Le risorse assegnate al Fondo sono destinate allo sviluppo, alla collaborazione e al rafforzamento delle imprese del settore sia nel mercato interno che su quello estero, nonché a promuovere nuove imprenditorialità, con contributi a fondo perduto, con finanziamenti agevolati e con loro combinazioni, e a favorire l'accesso al credito delle imprese.
In particolare, attraverso il Fondo sono finanziate: azioni di promozione della collaborazione tra le imprese del settore creativo e culturale e con le imprese di altri settori produttivi; il sostegno della progettazione e della realizzazione di iniziative e attività tra le imprese del settore, le università e gli enti di ricerca, con particolare riguardo alla ideazione, allo sviluppo e alla realizzazione di attività e progetti di innovazione; la promozione e il sostegno dell'internazionalizzazione e delle esportazioni e il rafforzamento delle imprese sui mercati interno ed estero; la promozione e la realizzazione di aggregazioni, di reti di imprese e di altre iniziative e forme di cooperazione, collaborazione, associazione tra le imprese, anche a carattere intersettoriale; incentivazione e sostegno delle imprese del settore appartenenti al sistema cooperativo, con particolare attenzione alle cooperative di produzione e lavoro e a quelle sociali; il consolidamento e lo sviluppo del sistema imprenditoriale del settore creativo e culturale, anche attraverso attività di analisi, studio, promozione, formazione e valorizzazione.
Si stabilisce poi che, ai fini dell'accesso e della concessione dei benefici erogati con le risorse del Fondo, un decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy di attuazione delle norme dettate dall'articolo in parola dovrà prevedere meccanismi di premialità per le imprese richiedenti che:
– promuovono e attuano politiche e processi aziendali per la diversità, l'equità e l'inclusione e la parità di genere, inclusa la redazione del rapporto sulla situazione del personale o della certificazione della parità di genere, redatti ai sensi degli articoli 46 e 46-bis del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198;
– promuovono e attuano politiche aziendali per la parità generazionale;
– progettano, programmano e realizzano le proprie attività di impresa utilizzando politiche, processi e strategie aziendali finalizzate alla sostenibilità ambientale, e privilegiano l'utilizzo di fonti di energia rinnovabili;
– promuovono e realizzano politiche aziendali per la formazione e l'aggiornamento costante delle professionalità e delle competenze dei lavoratori, anche in collaborazione con le università e gli enti di ricerca.
L'articolo 6 stabilisce un credito di imposta a favore degli sponsor per le sponsorizzazioni di carattere tecnico, puro o misto, destinate alla realizzazione e alla promozione di manifestazioni, eventi, spettacoli, festival, rassegne, rappresentazioni, anche con finalità di educazione, di divulgazione, di facilitazione e di sostegno dell'accesso dei fruitori alla cultura e alla creatività. Il credito di imposta riconosciuto è del 45 per cento dell'importo o del valore della sponsorizzazione medesima, risultante e certificato dal contratto di sponsorizzazione stipulato tra le parti.
L'articolo 7 istituisce un credito di imposta sugli investimenti per ricerca, sviluppo e produzione alle imprese del settore creativo, in percentuali differenziate in ragione del costo crescente degli investimenti, e cioè:
– 40 per cento del costo per investimenti fino a 2,5 milioni di euro;
– 20 per cento del costo per investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino al limite di costi complessivamente ammissibili pari a 10 milioni di euro;
– 10 per cento del costo per investimenti tra i 10 milioni di euro e fino al limite di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di euro.
L'articolo 8 introduce norme per la semplificazione dell'affidamento in comodato, concessione o locazione, a soggetti iscritti nel RICC, di immobili di appartenenza pubblica che vengano destinati ad attività culturali e creative, con diversi possibili benefici in ordine agli oneri derivanti dalle eventuali opere di restauro, recupero, riqualificazione e riconversione dei quali i soggetti affidatari degli immobili si fanno carico, garantendone la realizzazione e restituendo così gli immobili inutilizzati o addirittura dismessi alla vita delle comunità e dei territori. L'articolo prevede inoltre che le semplificazioni ivi stabilite possano essere utilizzate dalla parte pubblica anche per l'affidamento in concessione o in locazione di immobili di propria appartenenza non interessati dalla necessità di interventi di recupero, ristrutturazione e riqualificazione, qualora destinati alle attività creative e culturali come definite dalle norme del presente disegno di legge.
L'articolo 9 stabilisce la detraibilità dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche delle spese sostenute dai contribuenti, anche in riferimento ai familiari fiscalmente a carico, per specifiche categorie di prodotti e di servizi creativi e culturali elencati nell'articolo alle lettere da a) a c) del comma 1. Quanto alla misura della detrazione fiscale e ai parametri minimi di spesa annua per il suo riconoscimento, nonché alle modalità di certificazione delle spese sostenute, è adottata la medesima disciplina stabilita dal testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Si tratta di una scelta di principio, determinata prima di tutto dalla convinzione che la spesa culturale, alla stregua delle spese sanitarie, debba appartenere al novero di quelle direttamente connesse all'esercizio dei diritti sociali e civili della persona.
Si tratta, peraltro, di un'azione pubblica diretta al sostegno e all'allargamento dei consumi culturali e creativi, azione particolarmente necessaria in Italia dove tali consumi, in particolare quelli legati alla domanda di prodotti e servizi culturali in presenza (musei, cinema, teatro, e così via) sono bloccati all'interno di una fascia ristretta di consumatori di cui, da oltre un trentennio, non si riesce ad ampliare la base. Nella realizzazione di una politica pubblica per lo sviluppo dell'economia e dell'imprenditorialità del settore, non può essere altresì ignorata la necessità di sostenere e di allargare il bacino della domanda, oltre che dell'offerta, senza la quale non può esserci un « mercato ».
L'articolo 10 istituisce l'agenzia « Italia Creativa » quale soggetto pubblico per la progettazione, la gestione e l'attuazione delle politiche pubbliche per il sostegno e lo sviluppo del settore creativo e culturale.
Dopo circa tre decenni di dibattiti intorno, tra l'altro, alla necessità di un'organizzazione pubblica competente, efficiente e dedicata alle specificità del settore creativo e culturale, capace di progettare, programmare e realizzare anche politiche industriali per un settore complesso e articolato in segmenti spesso molto diversificati ma sempre interconnessi, si è giunti alla determinazione che la necessità di raccogliere competenze e professionalità eterogenee e però collegate e interdipendenti in funzione del raggiungimento degli obiettivi da perseguire dalla parte pubblica per questo comparto produttivo richieda, necessariamente, la creazione di un soggetto dedicato che tenga insieme le diverse competenze, funzioni, risorse professionali, indispensabili a realizzare la progettazione, la programmazione, l'efficacia e l'efficienza dei compiti e delle azioni pubbliche per il settore, in tutte le sue articolazioni.
Per queste ragioni di stabilisce l'istituzione di un'agenzia la cui organizzazione risponde alla disciplina stabilita dagli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Secondo quanto previsto dalla normativa appena richiamata, le agenzie svolgono attività tecnico-operative di interesse nazionale esercitate da Ministeri ed enti pubblici e operano al servizio delle amministrazioni pubbliche, comprese quelle regionali e locali. Le agenzie godono di piena autonomia, nei limiti stabiliti dalla legge, e sono sottoposte al controllo della Corte dei conti e ai poteri di indirizzo e di vigilanza di un Ministro: nel caso dell'agenzia « Italia Creativa », tali ultimi poteri sono attribuiti ai Ministri dell'economia e delle finanze, delle imprese e del made in Italy e della cultura. L'agenzia Italia Creativa opera perciò con autonomia organizzativa, tecnico-operativa, di bilancio e di gestione e ad essa sono assegnati i seguenti compiti e funzioni: la progettazione, la gestione e l'attuazione delle politiche pubbliche di sostegno e sviluppo del settore, sia per quanto riguarda le imprese e l'offerta di creatività e cultura, che per quanto attiene alle azioni pubbliche per la crescita e l'ampliamento della domanda. L'agenzia è il soggetto gestore delle risorse e dei fondi pubblici stanziati e destinati dallo Stato alle politiche di sviluppo, sostegno e rafforzamento del settore e si occupa delle azioni e degli accordi per favorire l'accesso al credito alle imprese creative e culturali. L'agenzia svolge le attività relative ai bandi e alle gare afferenti al settore economico-creativo e culturale a carattere nazionale, europeo e internazionale e all'assegnazione delle risorse per essi stanziate.
All'agenzia Italia creativa è affidata la gestione delle risorse assegnate al Fondo istituito dall'articolo 5 del disegno di legge.
All'agenzia sono assegnate le funzioni di coordinamento e la realizzazione delle sinergie necessarie per il dialogo e la collaborazione tra le pubbliche amministrazioni e gli enti interessati e titolari di competenze specifiche nel settore creativo e culturale, anche con riguardo alle iniziative regionali ed europee. L'agenzia si occupa inoltre dell'internazionalizzazione e del rafforzamento delle imprese anche sui mercati esteri. Molto importante è anche la progettazione e la realizzazione di attività di raccolta ed elaborazione dei dati e delle informazioni sul settore e quindi della ricerca e degli studi, sia per l'efficienza e l'efficacia dello svolgimento dei propri compiti e funzioni che per la realizzazione di un Osservatorio nazionale del settore, attraverso il quale si possano monitorare il complesso delle azioni, misure e interventi realizzati dallo Stato e dagli enti territoriali, anche ai fini della eventuale innovazione e dell'aggiornamento delle discipline di riferimento e della riprogrammazione degli interventi pubblici. A questi scopi (comma 4) l'agenzia riceve annualmente dal registro delle imprese i dati e le informazioni del RICC sulle imprese del settore creativo e culturale e opera in collaborazione con l'Istituto nazionale di statistica negli ambiti di studio, ricerca e analisi attinenti allo svolgimento dei compiti che le sono attribuiti, sia con riguardo al sistema imprenditoriale che ai dati e alle analisi sui consumi e sulla fruizione culturale e creativa. L'agenzia richiede i dati e le informazioni e, ove necessario, la collaborazione, anche a carattere stabile, alle istituzioni, alle pubbliche amministrazioni e agli enti competenti, ivi compresi gli enti previdenziali e assistenziali.
L'agenzia creerà le sedi necessarie per il dialogo, il confronto e la cooperazione tra i diversi soggetti attori del sistema e promuoverà la formazione e l'aggiornamento professionale e delle competenze riguardanti o connesse al settore culturale e creativo, in particolare attraverso intese con le università e gli enti di ricerca.
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Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Premesso che:
il regolamento di esecuzione (UE) 2021/1228, che modifica il regolamento di esecuzione (UE) 2016/799 per quanto riguarda le prescrizioni per la costruzione, il collaudo, il montaggio, il funzionamento e la riparazione dei tachigrafi intelligenti e delle loro componenti, ha introdotto l’obbligo di installare, a decorrere dal 21 agosto 2023, la nuova versione del tachigrafo intelligente sui veicoli di nuova immatricolazione, adibiti a trasporto merci o persone, di massa superiore a 3,5 tonnellate;
l’obbligo sarà poi esteso a tutti i veicoli di massa superiore alle 3,5 tonnellate già provvisti di tachigrafo analogico o digitale di prima generazione dal 31 dicembre 2024; a tutti i veicoli con massa superiore alle 3,5 tonnellate provvisti di tachigrafo digitale di seconda generazione, prima versione, a decorrere dal 19 agosto 2025; e infine, dal 1° luglio 2026 a tutti i veicoli con massa superiore alle 2,5 tonnellate;
la nuova versione del tachigrafo digitale di seconda generazione possiede nuove funzionalità, tese a facilitare le attività di registrazione dei conducenti e nuovi meccanismi per impedire le manomissioni, nonché i controlli degli organi di polizia stradale; la sua installazione sui veicoli rappresenta dunque un elemento importante di sicurezza sulle strade e di garanzia per gli stessi lavoratori del settore;
considerato che:
la normativa sui tachigrafi si è in questi anni notevolmente stratificata, creando non poche difficoltà di interpretazione delle norme e degli obblighi a conducenti, aziende e case costruttrici: solo a titolo esemplificativo, oltre al regolamento di esecuzione già citato, il regolamento (UE) 2020/1054, che modifica il regolamento (CE) n. 561/2006 per quanto riguarda gli obblighi minimi in materia di periodi di guida massimi giornalieri e settimanali, di interruzioni minime e di periodi di riposo giornalieri e settimanali e il regolamento (UE) n. 165/2014 per quanto riguarda il posizionamento per mezzo dei tachigrafi; o il nuovo regolamento di esecuzione (UE) 2023/980, che modifica il regolamento di esecuzione (UE) 2016/799 per quanto riguarda un tachigrafo intelligente di transizione e il suo uso del servizio aperto di autenticazione dei messaggi di navigazione di “Galileo” e che modifica il regolamento di esecuzione (UE) 2021/1228;
le difficoltà che sta attraversando il settore dell’autotrasporto a causa di questa normativa in costante evoluzione, che a quanto riportano gli operatori del settore sta addirittura spingendo alcune case costruttrici a non consegnare più nuovi mezzi, sono a conoscenza dello stesso Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ha già evidenziato come, a causa di ritardi nella fornitura dei nuovi dispositivi non attribuibili alle aziende del settore, un consistente numero di veicoli di nuova immatricolazione sul territorio UE non sarà dotato di tachigrafi di nuova generazione entro la data del 21 agosto;
in Italia, il numero di tali autoveicoli sarà probabilmente compreso tra i 7.000 e i 9.000, ma la medesima problematica si è presentata in altri Stati membri, tale da generare conseguenze negative e non volute sul settore dell’autotrasporto, sulla concorrenza tra vettori a livello comunitario e probabili differenze di trattamento tra gli stessi nei diversi Paesi dell’Unione; conseguentemente, a quanto risulta, la Direzione generale mobilità e trasporti della Commissione europea (DG-MOVE) ha garantito, almeno sino al 30 settembre 2023, un regime di tolleranza sul mancato adeguamento;
considerato altresì che:
le problematiche evidenziate sono, ad oggi, rimaste inalterate, tanto da generare un’ampia e generalizzata preoccupazione tra le aziende e i lavoratori del settore, impossibilitati, anche volendolo, a mettersi in regola con gli obblighi europei e ad evitare di essere sanzionati per responsabilità non proprie;
sembra dunque quantomai necessario procedere a nuove interlocuzioni con la Commissione europea al fine di garantire un ulteriore periodo di tolleranza, ed in ogni caso adottare ogni iniziativa tesa a favorire l’adeguamento dei veicoli, a partire dalla pronta consegna da parte delle case costruttrici di nuovi mezzi adeguati alle norme europee,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia conoscenza della posizione della Commissione europea, in particolare nell’ambito della DG-MOVE, in merito all’implementazione degli obblighi previsti dal regolamento di esecuzione (UE) 2021/1228, e se nell’ambito delle prossime interlocuzioni intenda rappresentare le preoccupazioni dei lavoratori e delle imprese del settore al fine di una soluzione delle problematiche;
se intenda chiarire se il regime di tolleranza garantito sino al 30 settembre, di cui anche alla circolare del Ministero dell’interno del 9 agosto 2023 prot. 300/STRAD/2/0000025398.U/2023, sia relativa al solo controllo da parte delle forze dell’ordine per i veicoli circolanti in Italia e che svolgano attività transfrontaliera, ovvero se la deroga consenta l’immatricolazione entro il 30 settembre 2023 di veicoli con tachigrafo versione 4.0 e relativa attivazione presso officine autorizzate;
quali siano gli obblighi per i veicoli nuovi immatricolati tra il 21 agosto e il 30 settembre 2023 con tachigrafi 4.0;
quali iniziative di propria competenza intenda porre in essere per favorire in tempi rapidi l’adeguamento all’obbligo di installazione della nuova versione del tachigrafo intelligente sul parco mezzi circolanti adibiti al trasporto merci e persone, anche attraverso le opportune incentivazioni al fine della messa sul mercato e dell’acquisto dei veicoli di nuova immatricolazione conformi alla normativa europea.