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IRTO, BOCCIA, BASSO, FINA - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. -
Premesso che:
la sicurezza sismica rappresenta uno degli aspetti più critici per l’infrastruttura del ponte sullo stretto di Messina, data la sua ubicazione in una delle aree a più alto rischio sismico del continente europeo, soggetta a terremoti storicamente devastanti: su tutti, il terremoto di Messina del 1908. Il progetto del ponte sullo stretto, per la sua complessità ingegneristica e l’elevato impatto ambientale, richiede pertanto approfondite analisi tecniche, tra cui una rigorosa valutazione del rischio sismico, considerata la posizione in cui deve sorgere l’opera;
nei documenti allegati dalla Stretto di Messina S.p.A. alla commissione VIA relativi al progetto, è stata inserita una relazione sismica riguardante il ponte attribuita all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia;
in merito alla relazione, il 13 novembre 2024, sul sito dell’INGV, è stato pubblicato un comunicato che recita: "Con riferimento alle notizie di stampa diffuse in questi giorni in merito alla 'Realizzazione di attività di studio e ricerca volte alla predisposizione di risposte alle Richieste di integrazione istruttorie e documentali VIA83 e VIA84 formulate dalla Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA/VAS del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE)', l’Istituto chiarisce che il 26 settembre 2024 è stato stipulato con 'Sapienza' università di Roma, per il tramite del Dipartimento di scienze della terra, un 'accordo di collaborazione scientifica ai sensi dell’art. 15 della L. 241/1990 e ss.mm.ii.', il cui allegato tecnico specifica chiaramente che le relazioni tecnico-scientifiche prodotte a valle dell’accordo sono di esclusiva responsabilità degli autori, ancorché dipendenti dell’INGV, con esclusione di qualsivoglia responsabilità dell’Istituto sul loro contenuto e utilizzo". Pertanto, l’Istituto si dichiara totalmente estraneo a qualsivoglia relazione che, eventualmente firmata da personale dell’INGV, rappresenta solo il pensiero scientifico degli autori, così come disposto dall’accordo;
l’INGV è l’ente pubblico di riferimento in Italia per lo studio dei fenomeni geofisici, vulcanologici e sismici, e dispone delle competenze tecnico-scientifiche necessarie per sviluppare approfondite attività di studio e ricerca per opere di tale rilevanza. Il coinvolgimento formale e istituzionale dell’INGV nella redazione di una relazione sismica sull’opera garantirebbe rigore scientifico, imparzialità e trasparenza al procedimento, evitando fraintendimenti ed utilizzi impropri di lavori non ufficiali. L’assenza di un mandato formale e trasparente all’INGV per svolgere una valutazione istituzionale sul rischio sismico del ponte sullo stretto solleva interrogativi sull’effettiva affidabilità delle analisi finora presentate e rischia di compromettere la credibilità complessiva del processo decisionale in atto;
nei mesi scorsi sono stati sollevati, a più riprese, numerosi aspetti critici in merito alla realizzazione dell’opera. Il comitato tecnico-scientifico istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, quale organismo indipendente chiamato a valutare il progetto, ha presentato una relazione contenente 68 raccomandazioni attinenti ai dubbi emersi nel corso dell’esame, tra cui la richiesta di un aggiornamento della “zonizzazione microsismica”. I tecnici del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica hanno chiesto 239 integrazioni documentali alla società Stretto di Messina, nell’ambito della valutazione del progetto, enucleando tutti gli interrogativi che circondano il possibile impatto dell’opera, tra i quali viene in risalto la richiesta di un quadro aggiornato delle "condizioni di pericolosità da maremoto". Ad aggravare i rilievi operati dal comitato e dal Ministero dell’ambiente intervengono, altresì, quelli elaborati dalla commissione tecnica per la microzonazione sismica sulla base delle “linee guida per la gestione del territorio in aree interessate da faglie attive e capaci”, messe a disposizione della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nel 2015, che il progetto del ponte non rispetta. I punti di ancoraggio, il pilone, il pontile e gli svincoli sul versante calabrese ricadrebbero in un’area soggetta a un regime di limitazione di edificabilità assoluta secondo quanto emerge dal “catalogo delle faglie capaci” (ITHACA) dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, in quanto posta su una nuova faglia finora mai rilevata dagli studi effettuati. L’ISPRA riporta la mancanza di un intervento del legislatore per la previsione di strumenti finalizzati a regolamentare la pianificazione territoriale in prossimità delle faglie capaci o a introdurre vincoli di edificabilità, in quanto il problema della fagliazione superficiale è stato fino ad ora considerato solo da documenti che costituiscono indirizzi non vincolanti da un punto di vista normativo;
la commissione VIA ha approvato il progetto definitivo del ponte, previa ottemperanza di 62 prescrizioni fra le quali figura, al n. 34, quella che prevede che il proponente deve presentare uno studio in cui siano maggiormente approfonditi i rilevamenti geologici e geomorfologici, le indagini geofisiche, sismologiche e paleosismologiche, e la caratterizzazione delle faglie, con particolare riferimento alle faglie capaci e che possono essere ritenute ancora attive;
come evidenziato sul sito Stretto di Messina.it, nella pagina dedicata al progetto definitivo è riportato che il ponte e i collegamenti a terra sono in grado di resistere a sisma di magnitudo 7,1 della scala Richter. Tuttavia, è noto che lo stretto può essere un’area epicentrale per eventi sismici anche di magnitudo ben superiore, e quindi con accelerazioni attese sul suolo (PGA) superiori ad 1g e fino a 2g, ossia ben superiori a quelle registrate per il terremoto de L’Aquila (0,66g) e di Amatrice e Norcia (rispettivamente 0,86 e 0,95g). Dalla documentazione disponibile, come riferimento di terremoto di progetto per il ponte, l’accelerazione utilizzata è di soli 0,58g,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali siano le valutazioni in merito al deposito di una relazione sismica sul ponte sullo stretto di Messina attribuita in modo non corrispondente al vero all’INGV e che ha costretto l’Istituto a diramare un comunicato stampa per denunciare la sua totale estraneità alla suddetta relazione;
se intenda attivarsi, per quanto di competenza, affinché sia conferito un mandato ufficiale all’INGV affinché svolga un’approfondita indagine relativa al rischio sismico in merito alla realizzazione del ponte, nel rispetto delle procedure accurate previste dall’istituto per tale importante attività, del rigore scientifico, dell’imparzialità e della trasparenza che caratterizzano i lavori dell’INGV;
se non ritenga opportuno sospendere l’iter relativo alla realizzazione del ponte nell’attesa degli studi e degli approfondimenti, da parte dell’INGV, di natura geologica, geomorfologica, geofisica, sismologica e paleosismologica, oltre alla caratterizzazione delle faglie, con particolare riferimento alle faglie capaci e che possono essere ritenute ancora attive;
se non ritenga opportuno, alla luce dell’elevata sismicità dello stretto di Messina anche per terremoti di magnitudo ben superiore a 7, e quindi con accelerazioni attese sul suolo (PGA) superiori ad 1g e fino a 2g, che alla documentazione relativa all’opera siano allegati studi scientifici ufficiali che abbiano come riferimento di terremoto per il progetto l’utilizzo di accelerazioni attese al suolo fino a 2g e non come attualmente previsto di soli 0,58g e, quindi, una resistenza delle strutture del ponte ad eventi di magnitudo ben superiore a 7,1 della scala Richter;
se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, attivarsi affinché sia regolamentata la pianificazione territoriale in prossimità delle faglie capaci e siano introdotti rigorosi vincoli di inedificabilità in tali aree, come evidenziato a più riprese dall’ISPRA.
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IRTO, BASSO, FINA - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti. -
Premesso che:
con determinazione 24 ottobre 2024, n. 143, la Corte dei conti ha posto rilievi sulla gestione finanziaria dell'anno 2023 di ANAS S.p.A.;
in particolare, la Corte ha sottolineato che il bilancio della società relativo al 2023, approvato il 29 aprile 2024, si è chiuso con una perdita di 162,7 milioni di euro riconducibile principalmente alla svalutazione del valore della partecipazione detenuta nella società Stretto di Messina (SdM);
la Corte ha ribadito non compatibile con la disciplina vigente il criterio della valorizzazione "al costo" della società SdM nel bilancio ANAS 2022;
la non corretta valorizzazione era stata oggetto di specifico intervento del magistrato delegato al controllo, il quale faceva rilevare come il progetto di bilancio 2022 omettesse l'analisi dei costi funzionali al riavvio dell'opera di collegamento stabile tra Sicilia e Calabria (cosiddetto Ponte sullo stretto), esplicitamente richiesta al comma 6, dell'articolo 4 e al n. 4, comma 8, dell'articolo 2 del decreto-legge n. 35 del 2023; infatti, nonostante il medesimo decreto avesse introdotto il principio di rilevanza dei soli costi funzionali al riavvio della citata opera, il CdA di ANAS ha approvato il progetto di bilancio 2022 che replicava la valorizzazione di SdM seguita negli anni precedenti con una quantificazione indistinta dei costi sostenuti da SdM;
le conseguenze della violazione di legge sono state successivamente accertate dal perito indipendente nominato dal Ministero dell’economia che ha ritenuto non funzionali al riavvio dell'opera oltre 85 milioni di euro di costi sostenuti da SdM, con conseguente svalutazione del valore delle azioni di SdM ed esigenza di ricapitalizzare il capitale sociale di SdM, che da poco più di 383 milioni di euro si era ridotto a circa 302 milioni. La grave svalutazione certificata dall'assemblea degli azionisti di SdM del 30 novembre 2023 ha avuto una ripercussione negativa per oltre 69 milioni sul bilancio ANAS 2023 proprio in ragione della perdita di valore delle azioni di SdM, di cui ANAS era titolare. Inoltre, come riportato nella citata determinazione della Corte n. 143/2024 la società ha continuato a ricorrere a onerosi pareri richiesti a professionisti esterni, spesso non giustificati dalla linearità della normativa comunitaria e nazionale;
la Corte rileva altresì la necessità che la società, particolarmente esposta a gravi comportamenti corruttivi e di turbativa delle gare riconducibile alla infedeltà di alcuni dipendenti di concerto con imprenditori, debba essere riportata nell'ambito di applicazione della normativa anticorruzione e trasparenza dalla quale attualmente risulta esclusa in quanto partecipata da FS S.p.A.;
considerato che:
ANAS, con rischio di pregiudizio per gli equilibri finanziari attuali e futuri, ha continuato a valorizzare la concessione confidando nella possibilità di estendere automaticamente la concessione dalla scadenza naturale 2032, fino al 2052 e la Corte ha rilevato come la posizione societaria non trovi solidi riferimenti fattuali e giuridici. Invero, la disciplina evocata dalla società all'articolo 1, commi 1018 e 1019 della legge n. 296 del 2006 subordina la proroga del rapporto concessorio al perfezionamento di una convenzione unica di cui non vi è allo stato, secondo la Corte, alcun percorso attuativo;
la direttiva comunitaria 2014/23/UE non consente la modifica della durata della concessione equiparandola a un nuovo affidamento su cui vige l'obbligo comunitario di gara ad eccezione del caso in cui avvenga in favore di società in house o di titolare un diritto speciale o esclusivo;
ANAS avrebbe fatto affidamento ai commi 1018 e 1019 dell’articolo 1 della legge n. 296 del 2006, che prevedono la modifica della durata della concessione da 30 a 50 anni. Tale norma, tuttavia, è in contrasto con la suddetta direttiva comunitaria ed è noto l'obbligo non solo dei giudici ma anche degli organi amministrativi di disapplicare qualsiasi norma in contrasto con la direttiva comunitaria;
ANAS non è una società in house e non risulta alcun formale provvedimento in cui le venga riconosciuto la titolarità di un diritto esclusivo,
si chiede di sapere:
come i Ministri in indirizzo intendano, per quanto di competenza, garantire la vigilanza esplicitamente invocata nella relazione della Corte dei conti affinché venga superata l'attuale situazione di incertezza determinata dal rapporto concessorio;
se ritengano che ANAS debba essere ricompresa nell’ambito di applicazione della normativa anticorruzione e trasparenza;
quale sia l'impatto della svalutazione della partecipazione detenuta in SdM sui futuri conti di ANAS e se tale svalutazione possa in qualche modo incidere negativamente sulla realizzazione dei cantieri in corso di esecuzione.
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IRTO, Ai Ministri per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione e dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
il PNRR ha coinvolto i Comuni nella realizzazione di interventi nell'ambito di 4 missioni per un ammontare di circa 40 miliardi di euro. Si tratta di interventi che riguardano infrastrutture, welfare, servizi, messa in sicurezza del territorio, supporto alle transizioni ecologiche e digitali;
il PNRR si configura come un programma di performance, con traguardi qualitativi e quantitativi prefissati e scadenze sul loro raggiungimento. La rendicontazione riguarda sia gli aspetti necessari ad assicurare il corretto conseguimento dei traguardi e degli obiettivi intermedi (milestone e target) sia quelli necessari ad assicurare che le spese sostenute per la realizzazione dei progetti siano regolari e conformi alla normativa vigente e congruenti con i risultati raggiunti;
le procedure, nonostante le semplificazioni introdotte, stanno producendo forti rallentamenti nell’attuazione degli interventi di competenza dei Comuni. Gran parte dei sindaci lamenta da tempo un’eccessiva e farraginosa complessità amministrativa legata sia alla rendicontazione degli interventi sia ai tempi e alle modalità di erogazione delle risorse per l’attuazione dei rispettivi interventi. In particolare, il flusso delle risorse verso le casse dei Comuni risulta eccessivamente lento e molte amministrazioni locali, senza l’erogazione tempestiva dell’anticipo del 30 per cento o delle successive quote spettanti, si trovano in forti difficoltà nel mandare avanti le opere del PNRR;
allo stato attuale gran parte delle amministrazioni locali ha ricevuto, nella migliore delle ipotesi, soltanto l'anticipo sui lavori pur avendo già caricato sulla piattaforma ReGIS la rendicontazione di progetto relativa agli stati di avanzamento dei lavori e alla documentazione sulle spese sostenute e dei relativi giustificativi. Svariati Comuni, pur avendo rispettato i tempi del cronoprogramma, si trovano ad uno stato di avanzamento dei lavori che ha superato l'80 per cento ed in alcuni casi in fase di fine lavori, senza ricevere le ulteriori tranche di finanziamenti. Numerosi altri Comuni sono ancora in attesa dell’anticipo del 30 per cento;
la situazione sta creando un preoccupante paradosso: i Comuni più virtuosi nell’attuazione degli interventi e nel rispetto delle procedure stanno registrando criticità di cassa per il mancato trasferimento delle risorse per quanto siano già state rendicontate sulla piattaforma. La situazione risulta poi essere ancora più grave per i Comuni in dissesto finanziario o in pre dissesto, i quali non hanno la disponibilità di cassa o tesoreria per anticipare le risorse;
l’ANCI ha recentemente inviato una lettera al Governo per evidenziare la situazione e per trovare una rapida soluzione ai problemi;
i Comuni, nonostante le risorse del PNRR siano state già trasferite al nostro Paese e iscritte al bilancio dello Stato, sono costretti ad adottare decisioni gravi per affrontare la situazione, che rischiano di compromettere, da un lato, la completa realizzazione del PNRR e, dall’altro, di aggravare le finanze comunali. Diversi Comuni, alla luce della situazione, hanno già rinunciato alla prosecuzione degli interventi programmati in assenza di risorse disponibili con un effetto collaterale pericolosissimo che causa il blocco dei lavori e conseguentemente il mancato rispetto del cronoprogramma e più in generale il raggiungimento degli obiettivi programmati. Numerosi altri Comuni di fatto sono costretti ad attivare anticipazioni di tesoreria con aggravio di spesa per interessi per saldare gli stralci successivi dei cantieri PNRR, ricorrendo ai finanziamenti di Cassa depositi e prestiti;
svariati Comuni, a fronte dell’elevato tasso d’interesse richiesto da CDP per i mutui, sono stati costretti a rivolgersi agli istituti bancari in ragione di proposte di finanziamento ad un tasso d’interesse inferiore;
come evidenziato sul sito di CDP, il gruppo interviene con le proprie competenze tecniche e finanziarie a sostegno del PNRR per facilitare l’accesso ai fondi stanziati e la realizzazione dei progetti. In tale contesto, finanzia le esigenze complementari alla realizzazione dei progetti previsti dal PNRR. Con il “prestito investimenti PNRR-PNC” è possibile finanziare gli investimenti inseriti nel piano nazionale di ripresa e resilienza o nel piano nazionale complementare, al fine di facilitarne l’avvio e il completamento. Lo strumento è rivolto a Comuni, Province, Città metropolitane (circolare CDP n. 1280/2013) ed enti pubblici non territoriali (circolare CDP n. 1306/2023) individuati come assegnatari di contributi a valere sulle risorse del PNRR, del PNC o nell’articolo 1 del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2024, n. 56, che ha autorizzato la spesa per la realizzazione degli investimenti non più finanziati, in tutto o in parte, a valere sulle risorse del PNRR, a seguito della decisione del Consiglio ECOFIN dell’8 dicembre 2023;
le condizioni previste da CDP per l’accesso ai finanziamenti dei Comuni per il completamento degli interventi relativi al PNRR, per numerose amministrazioni locali non vantaggiose, hanno fatto venire meno il tradizionale sostegno della Cassa nei confronti degli enti locali,
si chiede di sapere:
quali iniziative i Ministri, per quanto di rispettiva competenza, intendano assumere al fine di accelerare il processo di “validazione della spesa” e al fine di trasferire immediatamente le risorse ai Comuni in linea con gli stati di avanzamento dei lavori, favorendo il riconoscimento dei pagamenti intermedi necessari per la prosecuzione e la conclusione dei lavori;
quali iniziative urgenti intendano adottare al fine di favorire il rispetto del cronoprogramma degli interventi PNRR di competenza dei Comuni ed evitare la rinuncia alla prosecuzione degli interventi da parte delle amministrazioni locali a causa del protrarsi ingiustificato dei ritardi nelle erogazioni loro spettanti; se tra tali iniziative si intenda sollecitare CDP a predisporre con urgenza condizioni di accesso agevolato da parte degli enti locali ai finanziamenti per il completamento degli interventi relativi al PNRR, con l’applicazione di tassi d’interesse comunque inferiori a quelli praticati dalle banche.
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IRTO - Al Ministro delle imprese e del made in Italy. -
Premesso che:
l’agevolazione denominata “Resto al Sud”, introdotta dall’articolo 1 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, secondo i dati pubblicati da Invitalia, alla data del 24 febbraio 2024, ha finanziato 17.429 progetti, per un totale di 881 milioni di euro di agevolazioni concesse, creando 61.283 posti di lavoro;
nel corso dell’ultimo anno, si è registrato un forte rallentamento nell’esame e nell’approvazione dei progetti, nell’emanazione del provvedimento definitivo e nel pagamento dell’ultimo SAL, causando, di fatto, gravi ritardi sull’erogazione delle agevolazioni previste dalla suddetta norma;
nel decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 luglio 2024, n. 95, l’originaria agevolazione “Resto al Sud” è stata sostituita, al fine di promuovere la costituzione di nuove attività localizzate nei territori del Mezzogiorno, dalla misura denominata “Resto a Sud 2.0”;
in base a quanto previsto dall’articolo 18 del decreto-legge n. 60 del 2024, sono ammesse al finanziamento “Resto a Sud 2.0” le iniziative economiche finalizzate all'avvio di attività di lavoro autonomo, imprenditoriali e libero-professionali, in forma individuale o collettiva, ivi comprese quelle che prevedono l'iscrizione ad ordini o collegi professionali. Tali attività possono essere avviate in forma individuale mediante apertura di partita IVA per la costituzione di impresa individuale o per lo svolgimento di attività libero-professionale, ovvero in forma collettiva mediante costituzione di società in nome collettivo, società in accomandita semplice, società a responsabilità limitata, nonché società cooperativa o società tra professionisti;
i destinatari dell'intervento “Resto al Sud 2.0” sono soltanto i giovani di età inferiore ai trentacinque anni e in possesso di uno dei seguenti requisiti: a) condizione di marginalità, di vulnerabilità sociale e di discriminazione, come definite dal ((Programma)) nazionale Giovani, donne e lavoro 2021 - 2027; b) inoccupati, inattivi e disoccupati; c) disoccupati destinatari delle misure del programma di politica attiva Garanzia di occupabilità dei lavoratori GOL;
secondo quanto previsto dal suddetto articolo 18 del decreto-legge n. 60 del 2024, sono ammissibili a finanziamento le iniziative riguardanti l’erogazione di servizi di formazione e di accompagnamento alla progettazione preliminare per l'avvio delle attività, il tutoraggio, finalizzato all'incremento delle competenze, e gli interventi di sostegno all'investimento, consistenti nella concessione di incentivi per l'avvio delle attività;
le modalità attuative di “Resto al Sud 2.0” sono state affidate ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro la data del 3 agosto 2024;
tenuto conto che:
le innovazioni introdotte dalla misura “Resto al Sud 2.0” hanno fortemente limitato la platea dei potenziali beneficiari delle agevolazioni rispetto a quanto previsto dalla misura “Resto al Sud” introdotta nel 2017, a cui potevano accedere soggetti di età fino a 55 anni;
ad oggi non risulta ancora pubblicato il decreto attuativo di “Resto al Sud 2.0” e il ritardo sta causando un ingente danno a migliaia di giovani, di disoccupati e inoccupati residenti nelle regioni meridionali, in attesa di poter presentare richieste di finanziamento per la creazione di nuove imprese;
nel frattempo, le pratiche di Invitalia per la definizione di tutte le centinaia e centinaia di richieste di finanziamento sul vecchio bando “Resto al Sud” risultano ferme, recando forte pregiudizio per i soggetti che hanno già da tempo depositato i progetti per l’avvio della loro attività imprenditoriale,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo intenda procedere ad una modifica della misura “Resto al Sud 2.0” al fine di estendere la platea dei potenziali beneficiari delle agevolazioni ai soggetti con età fino a 55 anni come previsto precedentemente dalla misura “Resto al Sud” introdotta nel 2017; se intenda, altresì, ampliare quanto più possibile le iniziative ammissibili al finanziamento di “Resto al Sud 2.0”;
se intenda chiarire le ragioni della mancata emanazione del decreto attuativo di “Resto al Sud 2.0”, prevista per la data del 3 agosto 2024 dall’articolo 18, comma 6, del decreto-legge n. 60 del 2024 e in che tempi intenda procedere alla sua emanazione;
quali iniziative intenda intraprendere al fine di favorire l’accelerazione dell’esame delle pratiche da parte di Invitalia relative al bando “Resto al Sud”, al fine di procedere all’erogazione delle agevolazioni e consentire l’avvio di migliaia di attività imprenditoriali e l’incremento del livello di occupazione nelle regioni meridionali.
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Al Ministro delle imprese e del made in Italy.
Premesso che:
la produzione automobilistica delle principali case europee sta registrando una contrazione senza precedenti. Gli ultimi dati ACEA e ANFIA evidenziano la crisi di un settore che rappresenta il 7 per cento del PIL della UE e 13 milioni di lavoratori occupati, e che minaccia la tenuta dell’intera economia europea. Nel corso del 2024, alcuni dei principali impianti di produzione di autovetture delle 5 più grandi case automobilistiche europee (BMW, Mercedes-Benz, Stellantis, Renault e Volkswagen) hanno operato a ritmi inferiori rispetto alle proprie capacità produttive. Di recente, la Volkswagen, la più grande casa automobilistica europea per vendite, ha preannunciato la chiusura di tre stabilimenti, mentre in Italia la Stellantis ha registrato nel terzo trimestre 2024 un preoccupante calo dei volumi produttivi che hanno coinvolto gli stabilimenti di Melfi e Mirafiori e l’avvio di una fase di proteste da parte dei lavoratori del settore;
al crollo delle immatricolazioni in Europa e in Italia concorrono numerosi fattori: con più di 500 auto per mille abitanti, il mercato europeo dell’automobile presenta margini di crescita assai ridotti; la progressiva reinterpretazione della mobilità urbana sta spingendo molte amministrazioni locali a favorire l’utilizzo del trasporto pubblico sostenibile, delle piste ciclabili e il car pooling; a differenza delle precedenti, le giovani generazioni non vedono nell’automobile un bene materiale indispensabile, tanto che, come evidenziano i dati ACI e ISTAT, tra il 2011 e il 2021 il numero di auto intestate a persone under 25 è diminuito del 43 per cento; l’incremento dei prezzi delle autovetture, che nel solo periodo tra il 2019 e il 2022 hanno registrato un aumento del 34,3 per cento; la riduzione del numero di autovetture del segmento delle utilitarie;
nella presente congiuntura, la Cina e l’approccio cinese al prodotto sono emersi come disruptor del settore. In base a recenti analisi di mercato, si stima che i costruttori cinesi, entro il 2030, conquisteranno una quota pari al 33 per cento del mercato globale di autovetture, consolidandosi nel mercato europeo con una quota pari al 12 per cento. Alla base di tale successo ci sono diversi vantaggi strutturali, in parte costruiti diligentemente negli anni. Le case automobilistiche cinesi producono autovetture ormai comparabili a quelle dei concorrenti occidentali, ma con costi largamente inferiori. Il vantaggio competitivo si registra in particolare nel settore delle autovetture a propulsione elettrica che richiedono un impiego massiccio di semiconduttori e di terre rare di cui la Cina controlla gran parte dell’estrazione mondiale e della lavorazione intermedia. Ciò permette ai produttori cinesi di controllare circa il 75 per cento della produzione mondiale di batterie;
a differenza dei produttori cinesi, i numerosi costruttori europei operano in orizzonti temporali ristretti. Sotto la pressione dei mercati finanziari, si trovano costretti ad adottare politiche incentrate sui profitti a breve termine. In Europa, l’approccio alla produzione è caratterizzato da una scarsa coordinazione, anche nell’ambito della ricerca e dello sviluppo e nelle politiche di incentivazione;
il contesto impone una profonda riflessione sulle politiche industriali da adottare. Si è di fatto di fronte ad uno shock sistemico settoriale paragonabile per dimensioni e gravità a quello recentemente sperimentato nel settore dell’approvvigionamento energetico. Appare concreto il rischio, al netto delle misure protezionistiche varate dalla UE, di un duro confronto sullo scenario internazionale;
a fronte di un quadro generale dell’automotive in progressivo deterioramento, per resistere alle spinte competitive provenienti dall’estero, abbattere i costi e rilanciare le produzioni sostenibili e a zero emissioni appare indispensabile: favorire l’aggregazione delle forze fra i marchi, la condivisione di piattaforme e avanzamenti tecnologici per ricostruire economie di scala e ottimizzare gli investimenti in ricerca e sviluppo; accompagnare tale percorso con la creazione di un apposito fondo europeo comune per il settore automotive; istituire una vera e propria catena di valore europea, dotata di una filiera integrata in grado di autoprodursi le batterie destinate alle vetture a propulsione elettrica, riducendo contestualmente la dipendenza dell’Unione da fonti di approvvigionamento rischiose sotto il profilo geopolitico; promuovere le politiche di transizione verso le nuove tecnologie e di sostegno alle tecnologie da affiancare all’elettrico, quali i motori con propulsione ad idrogeno; sostenere la domanda con appositi incentivi;
in tale contesto, il taglio previsto nel disegno di legge di bilancio dell’80 per cento delle risorse stanziate per gli anni compresi tra il 2025 e il 2030 del fondo per la transizione verde, la ricerca, gli investimenti del settore automotive e per il riconoscimento di incentivi all’acquisto dei veicoli non inquinanti (da 5,8 a 1,2 miliardi di euro) appare una scelta incomprensibile. La transizione del settore automotive è soggetta a leve di attuazione che necessitano di incentivi pubblici per colmare il proprio gap competitivo e le decisioni finora assunte, unitamente al dialogo avviato per favorire l’insediamento in Italia di produttori extraeuropei, appaiono in contrasto con gli interessi del Paese,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo intenda attivarsi per ripristinare con urgenza le risorse del fondo per la transizione verde, la ricerca, gli investimenti del settore automotive e per il riconoscimento di incentivi all’acquisto dei veicoli non inquinanti, oggetto del taglio previsto nel disegno di legge di bilancio per l’anno 2025 pari a circa 4,6 miliardi di euro, e se intenda assumere iniziative, condivise con altri Paesi membri UE, per l’istituzione di un fondo pluriennale per la competitività europea dedicato a supportare, con ulteriori risorse, le imprese del settore automotive implicate nella transizione;
quali misure intenda adottare al fine di mantenere operativi gli stabilimenti di produzione di autovetture in Italia e i marchi storici della nostra filiera dell’automotive, altrimenti destinati alla chiusura o al trasferimento all’estero oppure ad essere oggetto di acquisizione da parte dei concorrenti internazionali, e se intenda attivarsi nelle sedi istituzionali europee al fine di promuovere politiche volte alla creazione di grandi player industriali europei nel settore della produzione automobilistica e nella filiera dell’automotive europea, anche mediante aggregazioni, capaci di competere sul mercato internazionale, con l’obiettivo di una presenza stabile e significativa nel territorio italiano di stabilimenti operativi, di investimenti, di livelli occupazionali, di indotto e componentistica;
quali misure intenda adottare nei confronti di Stellantis per garantire un futuro certo agli stabilimenti in Italia e all’indotto e il mantenimento dei livelli occupazionali;
se intenda attivarsi per prorogare al 2025 la cassa integrazione straordinaria per il settore dell’automotive;
se intenda proseguire e rafforzare le politiche di sostegno volte alla transizione del settore automotive, in quanto le novità introdotte nel contesto normativo europeo, l'evoluzione tecnologica nella propulsione elettrica, delle batterie di ricarica e dei circuiti e le nuove esigenze di mobilità dei cittadini impongono alle aziende automobilistiche l'avvio immediato di un processo di ulteriore profonda trasformazione del loro assetto produttivo e della filiera di distribuzione;
se intenda attivarsi al fine di garantire nell’immediato l’erogazione di bonus, benefici e altre misure di vantaggio volte a sostenere la domanda di autoveicoli, con priorità per i veicoli a propulsione elettrica.
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Al Ministro dell'istruzione e del merito. -
Premesso che:
il decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, convertito dalla legge 29 luglio 2024, n. 106, ha previsto che, in deroga al termine ordinario del 31 agosto 2024, al fine del raggiungimento degli obiettivi previsti dalla riforma del PNRR, le procedure assunzionali del personale docente sono completate entro il 31 dicembre 2024 attingendo anche alle graduatorie pubblicate dopo il 31 agosto 2024, comunque non oltre il 10 dicembre 2024, dei concorsi PNRR;
i vincitori dei concorsi assumono servizio presso la sede individuata entro 5 giorni dall’assegnazione;
la legge ha previsto che i docenti, eventualmente beneficiari per l’anno scolastico 2024/2025 di un contratto a tempo determinato su posto vacante nella medesima regione e classe di concorso per la quale sono risultati vincitori, sono confermati su tale posto;
la conferma riguarda quindi esclusivamente chi è già in servizio nella medesima regione e per la stessa classe di concorso;
la legge non fornisce i dettagli su come operare in questa casistica. Al riguardo sono teoricamente possibili due opzioni: la conferma sul medesimo posto solo per l’anno scolastico 2024/2025 (per ragioni di continuità), consentendo comunque ai “vincitori” già in servizio sulla stessa classe di concorso di scegliere la provincia e il posto che poi andranno effettivamente a ricoprire dal 2025/2026 oppure la conferma sul medesimo posto in via definitiva al 2024/2025, senza quindi possibilità di partecipare alle operazioni di individuazione della provincia o sede;
i primi avvisi pubblicati dagli uffici scolastici di Lombardia e Veneto vanno nella direzione della seconda opzione. Infatti negli avvisi si legge che “i docenti inclusi nelle graduatorie dei vincitori delle procedure concorsuali di cui sopra che hanno stipulato, per l’anno scolastico 2024/2025, un contratto a tempo determinato su posto vacante nella medesima regione e classe di concorso, sono confermati ex lege su tale posto, per costoro le funzioni di scelta della provincia non saranno aperte e la nomina in ruolo avverrà con decreto di questa Direzione generale, con il quale si darà altresì atto della sussistenza del presupposto applicativo della norma sopra citata, con conseguente conferma sul posto ove stanno svolgendo la supplenza annuale”;
dunque, alcune regioni hanno stabilito di confermare sul posto che occupano solo i vincitori che sono già nella provincia richiesta per prima, purché occupino già o un posto al 31 agosto ovvero uno dei posti accantonati per consentire le nomine da concorso, e ciò a prescindere dalla loro posizione nella graduatoria di merito. Questa previsione ha impedito di confermare chi è stato nominato su un posto al 30 giugno (perché non è utilizzabile per le immissioni in ruolo) e chi voleva spostarsi dentro la provincia per avvicinarsi al comune di residenza;
si segnala il grave vulnus di aver cambiato le regole una volta terminate le procedure dell’ultimo concorso e l’assoluta incongruità che si determina nel non seguire quanto stabilito nella graduatoria di merito;
considerato che:
attualmente sono 64.156 i posti liberi, ma si possono fare al massimo 45.924 assunzioni; 18.232 posti sono andati a supplenza in attesa del nuovo concorso previsto per ottobre-novembre;
si segnalano in molte regioni del Nord problemi relativi alla carenza di docenti: mancano posti da coprire, con le criticità maggiori che riguardano, appunto, i posti accantonati per i vincitori di concorso: si può chiamare il sostituto fino all’arrivo dell’avente diritto, ma non tutti accettano non conoscendo le tempistiche;
il Ministro in indirizzo in numerose dichiarazioni ha assicurato che l’avvio dell’anno scolastico sia partito in modo ordinato,
si chiede di sapere:
quali azioni il Ministro in indirizzo intenda attivare per far fronte a tali evidenti criticità che stanno generando problemi alle scuole, alle famiglie, agli studenti e ai docenti;
se non ritenga che le dichiarazioni pronunciate nelle scorse settimane siano in netto contrasto con ciò che sta accadendo nelle procedure di immissione in ruolo dei docenti.
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Al Ministro della cultura. -
Premesso che:
in data 8 novembre 2022 veniva bandito da RIPAM un concorso per 268 funzionari archivisti, rientrante in una selezione più ampia che prevedeva in totale l’assunzione di 518 funzionari tecnici; le prove orali si concludevano il 18 dicembre 2024 con l’individuazione di 340 idonei all’assunzione;
secondo quanto denunciato in modo ricorrente dalle rappresentanze degli idonei all’assunzione come archivisti, a più di un anno dalla conclusione delle prove orali nessuno di essi conosce i punteggi delle prove orali, né la graduatoria finale;
risulta invece che, dal mese di luglio a oggi, abbiano preso servizio, all’esito della medesima procedura concorsuale, circa 700 nuovi funzionari tecnici tra archeologi, architetti, storici dell’arte, demoetnoantropologi e paleontologi, mentre nessuna determinazione è stata assunta in merito ai concorrenti risultati idonei per la posizione di archivista;
nell’attesa della pubblicazione, più volte annunciata come imminente, della graduatoria finale, molte lavoratrici e lavoratori precari del settore, o esercenti la libera professione con partita IVA non hanno accettato incarichi o firmato contratti per evitare il rischio di non riuscire a portare a termine l’incarico o la prestazione; altri ancora hanno rinunciato a contratti a tempo determinato, mentre i dipendenti negli Archivi di Stato continuano a rimanere fuori dai progetti che presuppongono una continuità di presenza in servizio, a causa dell’incognita di una loro futura presenza in organico;
la situazione esposta è stata ripetutamente denunciata con comunicati, negli ultimi mesi, dall’ANAI (Associazione Nazionale Archivistica Italiana), dal CICOM (Comitato Idonei Concorso MIC), nonché dai sindacati, con specifiche richieste al Ministero in indirizzo, senza che ciò abbia provocato, fino ad ora, risposte apprezzabili e in grado di chiarire la situazione, senza limitarsi al rimpallo di responsabilità tra il Ministero e la Commissione interministeriale RIPAM,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto in narrativa e quali iniziative intenda intraprendere per assicurare la necessaria chiarezza sull’esito della procedura concorsuale evocata in premessa e sulle conseguenti procedure di assunzione, con specifico riferimento alla posizione dei concorrenti idonei all’assunzione come archivisti, anche al fine di garantire la presenza nell’organico del Ministero di idonee figure professionali, oggi mancanti.
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Al Ministro dell'economia e delle finanze.
Premesso che:
- il concordato preventivo biennale (CPB) è un istituto di compliance volto a favorire l’adempimento spontaneo degli obblighi dichiarativi. Vi possono accedere i contribuenti esercenti attività d’impresa, arti o professioni che applicano gli indici sintetici di affidabilità (ISA) di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50. Il decreto correttivo della riforma fiscale, di cui al decreto legislativo 5 agosto 2024, n. 108, ha introdotto una serie di modifiche sostanziali alla disciplina originaria dell’istituto finalizzate a ridurre l’onere fiscale a carico dei contribuenti che aderiscono, laddove il reddito concordato per il 2024 o il successivo 2025 sia eccedente rispetto al reddito del 2023;
- il provvedimento riserva ai contribuenti che aderiscono la possibilità di applicare sull’extra reddito un’imposta sostitutiva parametrata al voto ISA ottenuto nell’anno 2023. L’importo si attesta al 10 per cento per coloro i quali siano risultati “affidabili”, al 12 per cento per chi ha conseguito un punteggio pari o superiore a 6 ma inferiore a 8 e del 15 per cento in caso di affidabilità fiscale sotto il 6. Queste tre aliquote si confrontano con l’IRPEF teoricamente dovuta sul maggior reddito, che si assesterebbe al 35 per cento per i redditi rientranti nel secondo scaglione dell’imposta personale e 43 per cento per i redditi sopra ai 50.000 euro;
- al fine di favorire ulteriormente l’accesso al concordato preventivo biennale sono state introdotte nel decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113 (“omnibus”), misure di “condono fiscale” che rappresentano l’ultimo di una serie di interventi volti a rendere più appetibile ai contribuenti l’istituto di compliance. Nella sua ultima riformulazione, il meccanismo di ravvedimento alla base del concordato consentirebbe a chi ha evaso di mettersi in regola pagando una somma irrisoria rispetto al ravvedimento standard. Chi sottoscrive l’accordo con l’Agenzia delle entrate avrebbe infatti l’opzione di regolarizzare i mancati versamenti per gli anni dal 2018 al 2022 pagando un’imposta sostitutiva parametrata al punteggio di affidabilità fiscale e su un imponibile ridotto. A fronte di tali concessioni, l’erario si dovrebbe accontentare di pochi soldi rinunciando contestualmente a “controlli, accessi, ispezioni o verifiche, ai fini delle imposte sui redditi e del valore aggiunto”, con l’eccezione dei casi in cui il contribuente decada dal concordato o sia rinviato a giudizio per reati fiscali. Agli aderenti è riservata inoltre la possibilità di dilazionare il pagamento in 24 rate mensili a un tasso di interesse del 2 per cento. Tali modifiche hanno comportato una copertura finanziaria di circa un miliardo di euro, dimezzando di fatto le iniziali stime ottimistiche del Governo;
- appare di tutta evidenza che si è dinanzi all'ennesimo, a giudizio degli interroganti disperato tentativo di salvare dal fallimento uno strumento cui il Governo ha affidato il recupero del gettito necessario per finanziare una riforma fiscale altrimenti avviata su un binario morto: un tentativo basato sull’illusione che gli incentivi a prezzo di saldo, senza alcun reale rafforzamento dei controlli, siano sufficienti a convincere gli evasori a mettersi in regola;
il concordato preventivo biennale, una delle misure centrali della riforma, si prefigura come un plateale insuccesso del Governo. Da intervento inizialmente orientato a premiare i contribuenti virtuosi e a garantire maggior gettito e maggiore compliance fiscale tra contribuenti e fisco, è stato trasformato in strumento distorsivo e volto a premiare i contribuenti meno virtuosi e gli evasori. Nonostante i ripetuti interventi volti ad allargare i benefici della misura, il tasso di adesione risulta basso. I commercialisti hanno recentemente proposto al Governo una proroga della scadenza prevista per aderire al concordato in ragione delle scarse adesioni e del timore di dover affrontare le pratiche di adesione solo in prossimità del 31 ottobre. Dai pochi dati disponibili sembra che le adesioni si concentrino al momento soltanto su alcune categorie di contribuenti e in particolare su professionisti, avvocati, commercialisti e attività con valutazione ISA 10 o 9, in ragione del fatto che l’Agenzia delle entrate ha inviato a tali contribuenti proposte di adesione con un consistente ed ingiustificato abbattimento delle imposte intorno al 10 per cento e in alcuni casi anche superiore. Per loro l’adesione comporta di fatto un “bonus generoso” valido per due anni con oneri a carico dell’erario in virtù delle minori imposte proposte dall’Agenzia delle entrate. Al contrario, i soggetti autonomi e le imprese con maggiori difficoltà, determinate anche da congiunture sfavorevoli del settore di appartenenza, e con ISA pari o inferiore a 7 stanno ricevendo proposte di adesione al concordato da parte dell’Agenzia delle entrate che comportano un aggravio di imposte, in alcuni casi fino al raddoppio. I soggetti con ISA basso, al netto degli evasori premiati con un condono dal decreto-legge n. 113 del 2024 sono in prevalenza imprese con uno o due dipendenti, artigiani, esercenti del settore abbigliamento o simili che per le difficoltà di lavoro o di vendita hanno aspettative future di reddito caratterizzate da grande incertezza: un motivo sufficiente per rifiutare in massa l’adesione al concordato preventivo biennale cui associano un aggravio di imposte per due anni consecutivi;
- da ultimo, nel tentativo di incrementare le adesioni, il Governo ha, da un lato, lanciato messaggi minacciosi nei confronti dei soggetti che non aderiscono, prefigurando l’inserimento in liste di soggetti da sottoporre a controlli e, dall’altro, ha avviato una campagna pubblicitaria, utilizzando anche il servizio pubblico, con spot che invitano il contribuente a stare tranquillo, di sedersi al tavolo e stringere la mano al fisco e pagare “il giusto”, ossia meno di chi le tasse le versa regolarmente, con la rassicurazione che l’Agenzia delle entrate non effettuerà controlli per due anni. L'unico risultato tangibile di questa politica è quello di rendere il nostro sistema fiscale ancora più iniquo e irrazionale, ancora una volta a danno dei contribuenti onesti che pagano regolarmente le imposte e della leale concorrenza fra le imprese,
si chiede di sapere:
- quale sia l’andamento delle adesioni al concordato preventivo biennale e le entrate effettivamente conseguite e se il Ministro in indirizzo intenda descrivere tali adesioni per categoria ISA e per importi relativi a ciascuna categoria ISA, anche al fine di verificare la dimensione della perdita di gettito associata alle proposte dell’Agenzia delle entrate rivolte ai contribuenti e che prevedono un abbattimento per due anni delle imposte da questi dovute;
- se, al fine di recuperare il basso tasso di adesione, intenda adottare misure di proroga delle scadenze previste, nonché ulteriori misure di incentivazione e di condono fiscale;
- se intenda chiarire i criteri e le modalità con cui sono state costruite le proposte di adesione al concordato preventivo biennale fatte pervenire ai contribuenti e se esse rispondano a precisi criteri di equità ed imparzialità o se, al contrario, siano state formulate con criteri differenziati anche tra contribuenti con la medesima categoria ISA;
- quali misure intenda adottare per recuperare le risorse necessarie al finanziamento della riforma dell’IRPEF nel caso in cui le adesioni non consentano di raggiungere la soglia stimata di 2 miliardi di euro e se tra tali misure intenda ricomprendere anche l’abbattimento delle detrazioni fiscali finora riconosciute ai contribuenti IRPEF con sostituto d’imposta;
- quali siano le misure che intende adottare per rendere il sistema fiscale più equo e razionale, a tutela dei contribuenti onesti e della leale concorrenza fra le imprese, nonché gli strumenti che intende adottare per intensificare il contrasto all’evasione fiscale.
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Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 4-01529. Atto n. 4-01529. Pubblicato il 22 ottobre 2024, nella seduta n. 234. Nicola Irto cofirmatario
Ai Ministri dell'interno e della giustizia.
Premesso che:
sempre più di frequente, a quanto risulta agli interroganti, vengono denunciati femminicidi o tentati femminicidi causati dal mancato o cattivo funzionamento del braccialetto elettronico anti stalking; proprio di recente, il 23 settembre 2024, a Torino, Roua Nabi, 34 anni, è stata uccisa dal marito che era già stato denunciato per maltrattamenti e aggressione e, al quale con provvedimento del giudice, era stato applicato il braccialetto elettronico anti stalking; questo episodio di violenza maschile contro una donna è molto simile a quello verificatosi ad Ancona più di un anno fa, quando un uomo, già soggetto al divieto di avvicinamento con braccialetto elettronico, aveva violato le restrizioni, entrando nella casa della ex e uccidendola con 15 coltellate; inoltre, in provincia di Venezia, un uomo a cui era stato applicato il braccialetto elettronico per le continue minacce e molestie nei confronti della ex moglie, è riuscito a staccare il dispositivo dalla caviglia, ed a fotografarlo a fianco di un coltello, minacciando con tale immagine la ex moglie; infine, è notizia recentissima che a Roma, una giovane donna di 28 anni, stalkerizzata, maltrattata, abusata e sequestrata dall’ex compagno per mesi, ha denunciato il malfunzionamento del braccialetto elettronico applicato all’ex compagno da tre anni, poiché questi ha continuato a minacciarla ed a infrangere le prescrizioni nonostante il dispositivo;
il braccialetto elettronico è da diversi anni lo strumento posto a garanzia delle vittime di violenze domestiche, di genere e contro le donne, e, con provvedimento dell’autorità giudiziaria se ne dispone l’applicazione per segnalare eventuali violazioni delle misure di divieto di avvicinamento o allontanamento dalla casa familiare;
allo strumento si è attribuita una importante funzione di deterrente per l’imputato/indagato e di presidio di tutela per la vittima; tuttavia i casi citati sono soltanto degli episodi tragicamente esemplificativi di molteplici segnalazioni di cattivo funzionamento; a tale problematica si aggiungono altresì le recenti segnalazioni circa il numero esiguo dei dispositivi, a fronte di un notevole incremento delle notizie di reato e delle misure cautelari;
secondo quanto risulta agli interroganti, grazie alla modifica apportata con legge n. 168 del 2023, che ha reso obbligatorio lo strumento, sono aumentate le richieste di applicazione dei dispositivi stessi, ma a fronte dell’aumento della richiesta, si registrano ritardi nell’adempimento della fornitura da parte della società incaricata dal Ministero dell’interno;
da quanto emerge dai dati diffusi dal Ministero dell’interno, il contratto con la società Fastweb incaricata della fornitura, prevedrebbe una disponibilità di 1.200 braccialetti elettronici mensili, che però non vengono distinti per tipologia applicativa, pertanto ciò avrebbe causato un notevole ritardo nella fornitura e nei tempi di applicazione;
con riguardo al problema del mancato o errato funzionamento, sono stati segnalati numerosi casi di cosiddetto “falso allarme” e di disservizio degli apparecchi, casi causati da una mancata messa a punto dell’apparecchio cui sarebbe possibile ovviare attraverso l’istituzione di un sistema di monitoraggio centralizzato;
a quanto risulta agli interroganti, a seguito di queste segnalazioni, i Ministeri in indirizzo hanno dichiarato di volersi impegnare, anche attraverso l’istituzione di un Tavolo interministeriale, per individuare le criticità connesse e conseguenti all’applicazione del braccialetto elettronico; tuttavia non sono noti né l’effettiva istituzione, né tantomeno l’esito dei lavori del suddetto Tavolo,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dello stato dei lavori del Tavolo interministeriale citato in premessa;
se, per le parti di rispettiva competenza, abbiano contezza dell’effettivo numero dei braccialetti elettronici attualmente in uso per reati legati alla violenza domestica, di genere e contro le donne;
se abbiano contezza della quantità di braccialetti segnalati in quanto malfunzionanti e se siano a conoscenza delle principali cause di malfunzionamento;
quali iniziative immediate, per le parti di reciproca competenza, intendano adottare, anche sul piano contrattuale, al fine di garantire il numero necessario di braccialetti elettronici a disposizione delle forze dell'ordine per il contrasto alla violenza domestica, di genere e contro le donne.
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IRTO, Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Premesso che:
- con nota congiunta dello scorso 23 settembre 2024, indirizzata via PEC al gabinetto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e, per conoscenza, al gabinetto del Ministero delle imprese e del made in Italy, le segreterie della regione Calabria dei sindacati Slc-CGIL, Fistel-CISL e Uilcom-UIL hanno lamentato un ritardo, da parte del Ministero del lavoro, rispetto all’emanazione del decreto di concessione della cassa integrazione straordinaria per i lavoratori di Abramo customer care in amministrazione straordinaria, azienda ubicata nello stesso territorio regionale;
- il ritardo riguarda il periodo che va dal 7 agosto al 7 novembre 2024;
- gli stessi sindacati hanno osservato che ciò rischia di compromettere ulteriormente la già precaria situazione economica e sociale dei dipendenti coinvolti, ad oggi pesantemente provati da una lunga fase di incertezza e difficoltà;
di norma, il provvedimento di concessione è adottato con decreto del Ministero entro un periodo che va da un minimo di 30 giorni dalla richiesta a un massimo di 90 giorni, a seconda della motivazione in base alla quale si chiede l’intervento della cassa integrazione straordinaria;
- la cassa integrazione straordinaria è uno strumento fondamentale per garantire la sostenibilità economica e lavorativa nell’attuale fase, molto delicata, dell’azienda;
- è indispensabile quanto urgente l’intervento del Ministro in indirizzo al fine di scongiurare ulteriori problemi e difficoltà per i lavoratori interessati e le rispettive famiglie,
si chiede di sapere
quali iniziative urgenti il Ministro in indirizzo intenda adottare al fine di assicurare al più presto l’effettiva integrazione della retribuzione dei lavoratori dell’azienda Abramo customer care.
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Al Ministro dell'istruzione e del merito. -
Premesso che:
con ordinanza ministeriale n. 88 del 16 maggio 2024 è stato disposto per il biennio 2024-2026 l'aggiornamento, trasferimento e nuovo inserimento nelle graduatorie provinciali per le supplenze e nelle graduatorie di istituto su posto comune e di sostegno nonché l’attribuzione degli incarichi a tempo determinato del personale docente nelle istituzioni scolastiche statali, su posto comune e di sostegno, e del personale educativo;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 agosto 2023 ha previsto più tipologie di corsi abilitanti in base al bisogno: da 30 crediti formativi universitari per chi è già abilitato o specializzato, 30 CFU per chi ha 3 anni di lavoro alle spalle, 36 CFU per chi ha i 24 crediti formativi, 60 CFU per chi inizia ex novo;
l’abilitazione all’insegnamento costituisce il “titolo di accesso” per le graduatorie provinciali per le supplenze di prima fascia della relativa classe di concorso;
l’inserimento nella prima fascia delle graduatorie provinciali per le supplenze per posto comune può avvenire con riserva purché il titolo di abilitazione venga conseguito entro il 30 giugno. Di qui la corsa di molte università ad attivare velocemente i percorsi abilitanti da 30 crediti in modo da riuscire a concluderli entro il 30 giugno 2024;
la riserva è sciolta negativamente qualora il titolo non venga conseguito entro tale data, determinando l’inserimento dell’aspirante nella fascia spettante sulla base dei titoli effettivamente posseduti;
ciò premesso, a febbraio 2024, invece di far partire contemporaneamente tutti i percorsi abilitanti, sono stati autorizzati solo i corsi riservati a coloro che sono già abilitati su altra classe di concorso o sono specializzati sul sostegno;
non sono stati attivati i corsi abilitanti per i triennalisti, ovvero i docenti che possiedono almeno tre anni di servizio e che non avranno la possibilità di inserirsi nella prima fascia delle graduatorie provinciali per le supplenze, nemmeno con riserva;
infatti, solamente alla fine del mese di maggio sono stati pubblicati i bandi riservati a tali docenti ma ormai è tardi per l'aggiornamento delle graduatorie e la possibilità di inserimento in prima fascia;
questi insegnanti, nella migliore delle ipotesi, potranno inserirsi solamente negli elenchi aggiuntivi alla prima fascia delle graduatorie provinciali per le supplenze nel giugno 2025;
non si comprendono le ragioni per cui i percorsi abilitanti non siano stati fatti partire contemporaneamente, creando un’evidente disparità tra docenti;
ciò determina il grave rischio che molti insegnanti triennalisti non potranno lavorare nel prossimo anno scolastico per la mancata attivazione simultanea dei percorsi abilitanti,
si chiede di sapere quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda attivare per tutelare i docenti triennalisti che non hanno avuto l'opportunità di essere inseriti nella prima fascia delle graduatorie provinciali per le supplenze a causa del ritardo con cui sono stati attivati i percorsi abilitanti loro destinati.
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Al Ministro della difesa. -
Premesso che:
la Procura di Firenze ha aperto un fascicolo di indagine sul suicidio di Beatrice Belcuore, l’allieva di 25 anni della scuola marescialli e brigadieri dei Carabinieri di Firenze, originaria di Castelnuovo di Farfa (Rieti);
Beatrice Belcuore si è tolta la vita sparandosi con la pistola di ordinanza il 22 aprile 2024 all'interno della stessa scuola. A dare l'allarme erano stati gli altri allievi e i soccorsi si sono rivelati subito inutili;
sul posto sono intervenuti il sostituto procuratore di turno e i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale dell'Arma per condurre i rilievi. Il fascicolo è stato aperto dal pubblico ministero nell'immediatezza del suicido, senza in quel momento indagati, né ipotesi di reato;
secondo fonti investigative vicine all'indagine e riportate da agenzie di stampa, la Procura avrebbe disposto degli accertamenti sulle motivazioni che hanno spinto la venticinquenne al suicidio, tra cui il vaglio del traffico telefonico e dei messaggi scambiati in chat;
da quanto emerso l'autopsia non sarebbe stata eseguita. “Unarma”, l'associazione sindacale dei carabinieri, ha preannunciato un esposto, che verrà depositato a breve in Procura a nome dei familiari della giovane, con il quale si rammenta la necessità di fare piena luce non solo sul drammatico evento, ma più in generale sul fenomeno dei suicidi in uniforme;
nell'ambito delle indagini in corso, saranno sottoposti all’attenzione dei magistrati anche i racconti e le testimonianze con le quali la giovane allieva avrebbe riportato quanto vissuto alla scuola, dai quali emergerebbero un clima e una modalità formativa lesivi dei diritti e della dignità delle persone, nonché del tutto estranei ai principi fondanti dell’Arma dei Carabinieri,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei drammatici fatti esposti e quali siano le sue valutazioni in merito al fenomeno dei suicidi, che con preoccupante allarme si verificano all’interno delle diverse scuole allievi;
se, alla luce dei rapporti ricevuti, ritenga che siano stati attivati gli opportuni strumenti ispettivi all’interno dell’Arma, e se non ritenga altresì necessario adoperarsi con proprie iniziative per fare veramente luce sulle dinamiche interne alla scuola marescialli e brigadieri dei Carabinieri di Firenze.