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Al Ministro della salute.
Premesso che:
secondo dati ISTAT in Italia: 34,9 per cento saranno i residenti con almeno 65 anni nel 2050, a fronte del 23,5 per cento attuale; 7 miliardi di euro sono destinati dal PNRR per l'assistenza sanitaria territoriale; 1.430 sono le case della comunità che si prevede di costituire con i fondi PNRR; oltre 400 sono gli ospedali di comunità da istituire entro il 2026;
il rischio è che questi investimenti abbiano un’attuazione disomogenea sul territorio nazionale. Perciò è essenziale il monitoraggio;
la previsione relativa alla popolazione è stata effettuata nell’ambito delle statistiche sperimentali di ISTAT, sulla base dello scenario mediano, e le previsioni sono formulate tenendo come base il numero di residenti al 1° gennaio 2021;
va ricordato che, nelle difficoltà dei mesi di pandemia, è apparso in tutta evidenza quanto sia importante l’investimento sulla prevenzione e in particolare su una rete di assistenza e sanità capillare sul territorio;
tale esigenza è dettata dal progressivo invecchiamento della popolazione, con il prevedibile incremento dell’incidenza delle malattie croniche, che renderanno improrogabile l’investimento in prevenzione nei prossimi anni;
tale scenario, e l’esperienza ancora viva delle difficoltà nell’emergenza Coronavirus, hanno portato a destinare una parte dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sul capitolo sanitario, e in particolare sulla rete territoriale di assistenza;
sono 8,2 per cento le risorse del PNRR destinate al potenziamento del sistema sanitario;
la Missione 5 (“Inclusione e coesione”) - Componente 3 (M5C3) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è dedicata a interventi speciali per la coesione territoriale. È a titolarità del Ministro per gli affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e si propone di ridurre i divari tra le aree del Paese. Nello specifico, la misura mira ad affrontare le disparità: a) demografiche e nei servizi, connesse alle distanze tra le aree urbane e quelle interne/rurali, montane e periferiche, per garantire gli stessi livelli di servizi essenziali e il rilancio di specifiche vocazioni produttive; b) nello sviluppo delle competenze, in una prospettiva di innovazione che coinvolge imprese, centri di ricerca ed enti pubblici; c) socio-economiche e negli investimenti nelle regioni meridionali, dove la crisi economica colpisce una filiera più debole e un mercato del lavoro più frammentato;
per raggiungere questi obiettivi, la M5C3 distingue due aree di intervento: a) un piano per la resilienza delle aree interne, periferiche e montane, così da promuovere uno sviluppo integrato del Paese ed evitare lo spopolamento delle aree non connesse direttamente con la rete di viabilità primaria; b) progetti per lo sviluppo del Mezzogiorno, compresi investimenti di contrasto della povertà educativa, per la valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, per le infrastrutture e il rafforzamento delle Zone economiche speciali;
la Missione n. 6 del Piano è dedicata alla salute: si tratta di 15,63 miliardi di euro divisi in due componenti, la prima, da 7 miliardi di euro, si concentra sul rafforzamento dell’assistenza sanitaria territoriale, e in particolare sulle reti di prossimità, la telemedicina e la cura domiciliare; la seconda, invece, pari a 8,63 miliardi, prevede progetti di digitalizzazione e innovazione del sistema sanitario, insieme ad investimenti sulla ricerca;
la componente rivolta al rafforzamento della sanità territoriale si basa su una strategia in 2 tempi. Il primo, è l’approvazione di una riforma dell’intero sistema di assistenza, con l’obiettivo di riorganizzarlo, renderlo omogeneo in tutto il Paese e stabilire così un nuovo assetto dell’offerta territoriale;
la scadenza era prevista per la metà del 2022, ed è stata attuata nel maggio dello scorso anno con l’approvazione del decreto ministeriale n. 77 del 2022;
il secondo tempo dell’attuazione è il rafforzamento della rete presente sul territorio, con la costituzione a livello locale dei presidi e delle strutture sanitarie previsti dalla riforma approvata;
in questo nuovo assetto, case e ospedali di comunità sono chiamati a rappresentare il primo presidio della sanità territoriale rivolta al paziente;
in particolare le prime, le case della comunità: un presidio fisico di facile individuazione al quale i cittadini possono accedere per i bisogni di assistenza sanitaria. Si distinguono tra hub (quelle principali che erogano servizi di assistenza primaria, attività specialistiche e di diagnostica di base) e spoke, che offrono unicamente servizi di assistenza primaria;
oggi sono poco meno di 14 milioni i residenti anziani nel nostro Paese, rispetto a un totale di circa 60 milioni di abitanti, e nel 2050, pur con una popolazione complessiva molto ridotta (nello scenario di previsione mediano circa 54 milioni di persone) gli ultra 65enni potrebbero essere quasi 19 milioni;
il sistema, così concepito, dovrà accompagnare i bisogni di una popolazione in progressivo invecchiamento, con tutte le necessità connesse: dalla presa in carico della non autosufficienza alla gestione delle malattie croniche;
perciò è cruciale che il modello organizzativo stabilito dal decreto ministeriale n. 77 del 2022 trovi un’applicazione omogenea sull’intero territorio nazionale. Questa è la vera sfida da qui al giugno 2026, scadenza europea per l’istituzione di case e ospedali di comunità,
si chiede di sapere quanta parte delle risorse stanziate dal PNRR per le Missioni 5 e 6 sia a tutt’oggi impegnata e perché il Ministro in indirizzo non abbia, ancora, nominato un direttore generale che si occupi dei fondi del PNRR.
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Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Premesso che:
l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, in data 29 marzo 2022, ha approvato il Piano di azione italiano sulla “Child Guarantee” (Garanzia infanzia), in attuazione della Raccomandazione del 14 giugno 2021 sul Sistema di garanzia europeo per i bambini e i ragazzi vulnerabili;
a seguito della validazione da parte della Commissione, il suddetto Piano è ad oggi operativo, con un finanziamento europeo di 635 milioni di euro, pari al cinque per cento del Fondo sociale europeo plus;
il benessere dei bambini e dei ragazzi, per la prima volta, è al centro di una Strategia nazionale complessa, che trova i suoi assi portanti nel 5° Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2022 e, appunto, nel Piano di azione italiano sulla “Child Guarantee”;
il Piano prevede, tra i suoi obiettivi, l’aumento dei posti a tempo pieno nei nidi e la cancellazione progressiva delle rette per la loro frequenza; l’aumento del servizio di refezione a scuola con la progressiva riduzione delle contribuzioni da parte delle famiglie ai costi di gestione del servizio di mensa e l’estensione delle fasce di gratuità; maggiori interventi finalizzati a rafforzare il benessere psicosociale di bambine e bambini, preadolescenti e adolescenti; più attenzione fin dai primi giorni di vita al benessere delle bambine dei bambini; maggiore sostegno ai minorenni che vivono in contesti di povertà materiale, abitativa, relazionale ed affettiva o che vivono in situazioni di fragilità, come molti minorenni provenienti da contesti migratori o come minorenni con disabilità o che vivono in alcune aree del Paese con pochi servizi, a partire dal Sud;
in data 7 marzo 2023, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in risposta all’interrogazione a risposta immediata in commissione 5-00469 depositata alla Camera dei deputati sullo stato di attuazione del Piano, ha dichiarato che “(….) che il Governo, sin dal suo insediamento, ha posto in essere attività volte a perseguire gli obiettivi del Piano per migliorare l'accesso e aumentare la partecipazione ai servizi da parte dei minorenni in difficoltà e delle loro famiglie, ponendo anche un'attenzione specifica verso coloro che vivono svantaggi particolari. In tale direzione, proseguono le attività di attuazione del Piano attraverso specifici gruppi appositamente costituiti. Nel mese di aprile del 2023 si concluderà la terza fase del programma pilota della Child Guarantee. In particolare, il 19 aprile 2023 è convocato il Comitato di sorveglianza per gli adempimenti di rito e nel quale ci sarà un primo confronto sugli interventi da attivare”;
la risposta non ha dato indicazioni di merito precise rispetto ai temi posti dall’interrogante;
considerato che:
nei giorni scorsi Anna Serafini, coordinatrice nazionale per l’Italia della Child Guarantee, ha dichiarato di considerare esaurito il suo incarico in ragione delle mancate risposte da parte del Governo alle ripetute sollecitazioni per adottare “rapide decisioni che non pregiudicassero l'attuazione del Piano e per scongiurare il rischio di non poter accedere ai finanziamenti europei”;
la ex coordinatrice nazionale, che ha assunto l’incarico a titolo gratuito, mettendo a disposizione la sua grande competenza in materia, ha descritto un quadro allarmante che rischia seriamente di vanificare un piano che è stato molto apprezzato a Bruxelles e approvato dalla Commissione europea senza alcuna modifica (…) “non posso non esprimere la preoccupazione per il rischio che l’assenza di decisioni e i conseguenti ritardi del paino compromettano politiche essenziali per bambini adolescenti e famiglie”;
ritenuto che:
il Ministro Fitto nel corso dell’informativa resa al Parlamento sullo stato del PNRR ha dichiarato che fra i 27 obiettivi del PNRR da realizzare entro il 30 giugno 2023 “ci sono alcuni obiettivi da rimodulare tra cui la realizzazione degli asili nido e scuole dell’infanzia”;
il PNRR ha stanziato 4,6 miliardi di euro per quella che è considerata una delle misure economiche più importanti del piano: dovrebbero essere costruiti 1.857 nuovi asili nido e 333 scuole dell’infanzia. L’obiettivo dichiarato in fase di negoziazione del piano è di garantire complessivamente 264.480 nuovi posti entro la fine del 2025;
il Governo ha annunciato di voler rilanciare la natalità e il sostegno alle famiglie con figli, anche di fronte al calo demografico italiano culminato nel 2022 nel record negativo di appena 392.000 nuove nascite;
tuttavia, in modo contraddittorio con gli intenti dichiarati, sta rischiando di perdere le risorse necessarie a implementare servizi educativi per l’infanzia che sono indispensabili anche per sostenere la genitorialità,
si chiede di sapere:
in quale fase si trovi il processo di implementazione del Piano di azione italiano sulla “Child Guarantee”;
a che punto siano le interlocuzioni con la Commissione europea sul tema;
quale sia il piano operativo e le tempistiche previste per la realizzazione del Piano stesso e quali siano i successivi passaggi previsti ai fini dell’ottenimento dei finanziamenti europei;
quali siano gli esiti dell’incontro del Comitato di sorveglianza per gli adempimenti di rito.
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Al Ministro dell'università e della ricerca.
Premesso che l’articolo 34 della Costituzione stabilisce, ai commi terzo e quarto, che “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”;
premesso inoltre che la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio per il 2022) ha previsto, a favore del Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione, lo stanziamento di 230 milioni per l’anno 2022, poi aumentato di ulteriori 100 milioni per l’anno 2022 dall’articolo 37 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91, per un totale di 330 milioni di euro, mentre la legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio per il 2023) non ha previsto alcun rifinanziamento del suddetto Fondo;
considerato che:
in questi giorni si stanno svolgendo, soprattutto nelle grandi città, numerose mobilitazioni studentesche, con tende posizionate davanti alle università, contro il fenomeno del cosiddetto “caro-affitti”: negli ultimi anni, infatti, i prezzi delle stanze per gli studenti fuori sede, già alti, sono ulteriormente aumentati fino a raggiungere cifre che oscillano, per una stanza, tra i 500 e gli 800 euro, al netto delle spese per il condominio;
in risposta a queste mobilitazioni, il Ministro dell’istruzione e del merito, Valditara, intervistato da Sky sul “caro-affitti”, ha affermato, in modo, a giudizio degli interroganti, assolutamente improvvido e inopportuno, che “Il problema è grave, ma tocca le città governate dal centrosinistra”, ignorando o facendo finta di ignorare che il Governo, con l’ultima legge di bilancio, ha scelto di non rifinanziare il cosiddetto Fondo affitti;
considerato inoltre che:
l’esiguo numero dei posti letto nelle residenze universitarie consente a poco meno del 10 per cento degli studenti fuorisede di usufruirne. A ciò si aggiunge il ritardo nei tempi di pubblicazione dei bandi e delle relative graduatorie, nonché dell’assegnazione dei posti letto, i quali vengono messi a disposizione degli studenti quando l’anno accademico è già cominciato;
la residenzialità universitaria nel nostro Paese è oggetto di specifici obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e di correlati finanziamenti per un totale di 960 milioni di euro;
in particolare, nell’ambito della Riforma 1.7, è prevista, quale target da conseguire entro il mese di dicembre 2026, la realizzazione di 60.000 posti letto aggiuntivi, “portandoli da 40.000 a oltre 100.000”;
ad oggi, secondo i dati disponibili, il raggiungimento del suddetto target entro i tempi stabiliti appare alquanto improbabile;
considerato infine che:
il problema del “caro-affitti” e della mancanza di alloggi per gli studenti rappresenta una vera e propria emergenza che “discrimina” gran parte della popolazione giovanile, impossibilitata per ragioni economiche, a mantenersi agli studi, in palese contrasto con quanto previsto dalla Costituzione;
il diritto allo studio e le politiche per il welfare studentesco dovrebbero rappresentare la priorità per il Paese e per il suo futuro,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo non ritenga necessario ripristinare il finanziamento, già previsto precedentemente, per il “Fondo affitti” e quali misure urgenti intenda altresì adottare, al fine di consentire a questa generazione di studenti di realizzare il proprio diritto allo studio;
quali misure intenda altresì adottare al fine di realizzare, entro i tempi stabiliti, il conseguimento dell’obiettivo previsto dalla Riforma 1.7 del PNRR, riguardante l’incremento degli alloggi per gli studenti.
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Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Premesso che:
martedì 9 maggio 2023, il tribunale di Mansura in Egitto ha rinviato, per la decima volta e senza che il giudice si presentasse in aula, la nuova udienza del processo a carico di Patrick Zaki, fissandola al prossimo 18 luglio;
Amnesty Italia, che segue attentamente la vicenda di Zaki, ha commentato il fatto che il giudice non si sia neppure presentato in udienza come “un’ennesima prova del disprezzo per i diritti umani da parte della magistratura egiziana”;
Patrick Zaki è tornato in libertà lo scorso 8 dicembre 2021, dopo 22 mesi di custodia cautelare passati in carcere: da allora è in attesa di giudizio e soggetto al divieto di espatrio. Non potendo lasciare il suo Paese gli è, pertanto, impossibile fare rientro a Bologna per proseguire i suoi studi;
val la pena ricordare come Zaki, già tra il febbraio 2020 e il settembre 2021, avesse subito lo stillicidio di ben 18 udienze, slittate peraltro 9 volte, in cui sono stati decisi prolungamenti della sua custodia cautelare, svoltasi per tutta la sua durata nel carcere di Tora a Il Cairo, tristemente noto per le condizioni disumane in cui versano i detenuti;
come Zaki, altre attivisti egiziani hanno subito misure restrittive di “travel ban”: tra gli altri Hossam Bahgat, direttore dell’organizzazione non governativa “Egyptian initiative for personal rights” (EIPR), con cui collabora lo stesso Zaki, o l’attivista politica Mahienour el-Massry che lo scorso ottobre ha scoperto di essere nella lista dei cittadini su cui pende il divieto di espatrio nonostante la Procura generale del Cairo le avesse garantito il contrario, proprio mentre era in viaggio verso l'Italia per ritirare l'“Aurora prize for awakening humanity”;
come denunciato da diverse organizzazioni internazionali, il regime egiziano starebbe vietando ai dissidenti politici di recarsi all'estero per impedire loro di denunciare le ripetute violazioni dei diritti umani di fronte alla comunità internazionale;
considerato che nell’aprile e nel luglio 2021, il Parlamento italiano all’unanimità, e dunque con il voto favorevole delle attuali forze di maggioranza, ha approvato mozioni con cui è stato impegnato il Governo ad intraprendere le iniziative necessarie al fine di riconoscere la cittadinanza onoraria a Patrick Zaki,
si chiede di sapere quali iniziative il Governo intenda intraprendere, nell’ambito dei rapporti bilaterali con l’Egitto, affinché le autorità egiziane revochino il divieto di espatrio per Patrick Zaki, consentendogli così di concludere il suo ciclo di studi in Italia.
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Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Premesso che:
lunedì 1° maggio 2023, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha convocato una riunione a Doha sul futuro dell’Afghanistan, al fine di raggiungere un’intesa comune all’interno della comunità internazionale su quali relazioni stabilire con il regime talebano;
alla riunione erano invitati numerosi Paesi interessati alla crisi. Al tavolo sedevano, infatti, Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Iran, Giappone, Kazakhstan, Kirghizistan, Norvegia, Pakistan, Qatar, Russia, Arabia saudita, Tagikistan, Turchia, Turkmenistan, Emirati arabi uniti, Regno Unito, Usa, Uzbekistan, UE e Organizzazione della cooperazione islamica. Al tavolo tuttavia non sedeva, poiché non invitata, l’Italia;
considerato che:
dopo il ritiro USA dall’Afghanistan nel 2021 e la riconquista del Paese da parte dei talebani, le condizioni di vita della popolazione afghana, in particolar modo delle donne, sono drammaticamente peggiorate;
secondo quanto dichiarato lo scorso 4 marzo da Ramiz Alakbarov, vice rappresentante speciale delle Nazioni Unite e coordinatore umanitario per l’Afghanistan, circa 700.000 persone hanno perso il lavoro negli ultimi 18 mesi. Nello stesso periodo il prodotto interno lordo è diminuito del 35 per cento, mentre i costi dei beni alimentari sono aumentati del 30 per cento;
sono almeno 28 milioni, tra cui oltre 15 milioni di bambini, le persone che dipendono dagli aiuti umanitari e come chiarito da Alakbarov “l’Afghanistan rimane la più grande crisi umanitaria del mondo nel 2023, nonostante, ovviamente, i recenti devastanti terremoti in Turchia e Siria”;
le agenzie ONU hanno dichiarato di avere bisogno di almeno 4,6 miliardi di dollari per far fronte alla situazione umanitaria. Si aggiunga che secondo diverse stime serviranno almeno 18,3 milioni di dollari per lo sminamento e lo smaltimento degli ordigni esplosivi nel Paese;
rilevato inoltre che:
secondo quanto riportato dal quotidiano “la Repubblica”, alla domanda espressa sul motivo dell’esclusione dell’Italia dalla riunione svolta a Doha, il portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite, Stephan Dujarric, avrebbe risposto che: “Nell’inviare gli inviti, dovevamo garantire un equilibrio regionale, compresi i donatori e le organizzazioni regionali, mantenendo la riunione a un numero gestibile. C’è stato anche un fattore di coinvolgimento politico recente in termini di facilitazione dei colloqui”;
occorre ricordare come l'Italia, con le missioni che si sono svolte in Afghanistan: la “Enduring freedom”, la "International security assistance force”, Isaf, terminata il 31 dicembre 2014 e la missione “Resolute support”, subentrata il 1° gennaio 2015, abbia sempre garantito una delle presenze più numerose tra quelle dei Paesi NATO;
il contingente italiano ha comandato il Provincial reconstruction team (PRT) di Herat, territorio che ha registrato progressi sostanziali per le donne e le ragazze afghane con percentuali decisamente più alte rispetto alle altre province del Paese, in termini di istruzione, partecipazione politica e ruolo nell’economia;
l’esclusione dal tavolo di Doha certifica un’evidente situazione di marginalità del nostro Governo nella comunità internazionale e rischia di vanificare il prezioso lavoro svolto negli ultimi 20 anni in Afghanistan dal nostro Paese oltre a indebolirne il ruolo e il protagonismo in uno dei contesti internazionali più critici,
si chiede di sapere:
quali siano le valutazioni del Ministro in indirizzo rispetto all’esclusione del nostro Paese dal tavolo convocato a Doha dal Segretario generale delle Nazioni Unite;
quali iniziative necessarie e urgenti intenda intraprendere al fine di garantire la presenza di una delegazione italiana alle prossime conferenze che si terranno sul futuro dell’Afghanistan.