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Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Premesso che:
in data 12 gennaio 2021, il Consiglio dei ministri ha approvato una proposta di piano nazionale di ripresa e resilienza, che, tra le diverse misure, prevede il finanziamento di progetti di elettrificazione delle banchine portuali (cold ironing), per complessivi 700 milioni di euro;
ad oggi risulta che siano state convocate 2 riunioni presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti cui hanno partecipato: Assoporti, l’associazione di categoria che rappresenta le autorità di sistema portuale, le associazioni rappresentanti l’armamento, Cassa depositi e prestiti, Terna e altre aziende di produzione energetica. Tali riunioni si sono svolte senza il coinvolgimento degli operatori portuali e della loro associazione;
la Corte dei conti, con la delibera n. 2/22, ha espresso preoccupazione in merito al rispetto dei cronoprogrammi definiti per la realizzazione dei progetti previsti;
considerato che:
non è chiaro come sia stata effettuata l’analisi dei fabbisogni di potenza energetica regolabile, quale sia la struttura della tariffa dell’energia elettrica che sarà erogata, da quali fonti di energia sarà prodotta, quale sarà il modello operativo adottato dai porti;
il tema dell’elettrificazione delle banchine, così come quello della disponibilità di fonti di alimentazione alternativi per le navi, è un tema di competitività della portualità del nostro Paese e non deve essere un tema di competizione interna tra porti,
si chiede di sapere:
come sia stata effettuata l’analisi dei fabbisogni di potenza energetica regolabile, quale sia la struttura della tariffa dell’energia elettrica che sarà erogata e da quali fonti di energia sarà prodotta, e quale sarà il modello operativo adottato dai porti;
se il Ministro in indirizzo intenda rendere noti informazioni e chiarimenti in merito allo stato di realizzazione dei progetti e se, ad oggi, risulti rispettato il cronoprogramma dei lavori;
se non ritenga opportuno avviare una rapida consultazione con gli stakeholder del settore portuale per finalizzare una norma volta a regolare la creazione di comunità energetiche portuali in cui la partnership pubblico-privato possa avere idonei strumenti per autoprodurre energia da fonti rinnovabili per il fabbisogno portuale, essere agevolate nella predisposizione di manufatti per la distribuzione di carburanti alternativi per l’utenza di mezzi che transitano per i porti, potersi efficientare al punto di costruire potenziali hub energetici a favore di territori prospicenti;
se ritenga opportuno che ai tavoli tecnici istituiti presso il Ministero partecipino anche le associazioni di categoria che rappresentano gli operatori portuali.
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Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Premesso che:
il sistema portuale nazionale è composto da 58 porti principali, dedicati al trasporto di merci e passeggeri, riuniti sotto 16 autorità di sistema portuale, e ricopre un ruolo strategico per l’economia nazionale italiana;
il mercato in cui operano i concessionari portuali, sotto il profilo merceologico, riguarda la movimentazione dei passeggeri e delle merci;
con riferimento alle merci, il mercato in cui operano le imprese terminaliste riguarda la movimentazione delle rinfuse liquide e solide, container e ro-ro (roll on-roll off);
negli ultimi anni si sta assistendo al crescente fenomeno dell’integrazione verticale tra realtà armatoriali ed operatori portuali, laddove le prime (le imprese armatoriali) stanno acquistando quote significative delle società che gestiscono i terminal situati nei porti nazionali. In particolare, in alcuni casi, le imprese armatoriali detengono il 100 per cento delle società, in altri casi detengono quote di maggioranza e in altri casi ancora detengono quote di minoranza;
i vettori nazionali e internazionali ai sensi della legge 28 gennaio 1994, n. 84, possono svolgere l’esercizio delle operazioni portuali in regime di autoproduzione con propri mezzi meccanici e proprio personale;
le imprese armatoriali che operano in regime di autoproduzione, a differenza delle imprese italiane terze che esercitano attività ancillari, beneficiano di un regime di sgravio contributivo e fiscale di favore, come previsto dalla normativa del registro internazionale e del tonnage;
come risulta da diverse notizie di stampa, è intenzione del Governo estendere i benefici riconosciuti dal registro internazionale e dal tonnage anche alle attività accessorie svolte dalle imprese armatoriali;
tale situazione potrebbe comportare, anche in via potenziale, un vantaggio anticoncorrenziale, sottoforma di abuso di posizione dominate o di intesa restrittiva della concorrenza, da parte delle imprese armatoriali verso le imprese italiane terze prestatrici dei servizi ancillari, proprio in ragione dei vantaggi fiscali e contributivi che la normativa del registro internazionale e del tonnage riconosce alle imprese vettoriali,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia conoscenza di come siano suddivise le quote delle concessioni portuali rilasciate dalle autorità di sistema portuale nei porti di propria competenza;
quali misure intenda adottare per il monitoraggio dell’accesso alle infrastrutture portuali e come intenda garantire la concorrenzialità tra gli operatori terminalisti;
quale sia la posizione in merito all’estensione dei benefici previsti dalla normativa sul tonnage e del registro internazionale alle attività accessorie svolte dall’imprese armatoriali e se intenda chiarire quali attività accessorie verranno individuate nel decreto attuativo che, ad oggi, è in fase di predisposizione da parte del Ministero.
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Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Premesso che:
con il decreto n. 321 del 30 dicembre 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 febbraio 2023, n. 31, è stato fissato, nella misura del 25,15 per cento in più, l’adeguamento delle misure unitarie dei canoni per le concessioni demaniali marittime, che sommato al 7,95 per cento in più del 2021 provoca un aumento “geometrico” del 36 per cento del costo unitario del canone concessorio;
a seguito dell’incontro tenutosi in data 17 gennaio 2023 tra il vice Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Edoardo Rixi, e le associazioni di categoria del comparto portuale (Assiterminal, Assoporti, Confitarma, Assamatori, Fise-uniport), le stesse associazioni sono state rassicurate sull’adozione di un provvedimento, non meglio specificato, finalizzato ad indicare alle autorità di sistema portuale le modalità di applicazione dell’adeguamento dei canoni solo sulla misura minima prevista nel suddetto decreto;
considerato che, nonostante le reiterate richieste di incontro, ordini del giorno presentati da diversi parlamentari e emendamenti proposti dalle associazioni su diversi provvedimenti normativi, ad oggi non si ha alcun riscontro su come il Governo intenda porre rimedio all’impatto che l’aumento dei canoni e alla rimodulazione dei criteri di indicizzazione dei canoni così come previsto dal decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda assumere per ovviare a questo aumento del canone demaniale, a giudizio degli interroganti ingiustificato, che rischia di paralizzare e danneggiare l’intero settore portuale italiano;
se non ritenga urgente adottare immediatamente iniziative al fine di fornire maggiori dettagli alle autorità di sistema portuale in merito alla corretta applicazione dell’adeguamento ISTAT.
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Premesso che:
si apprende da articoli di stampa dell’intenzione del Governo di procedere alla riforma del modello di governance dei porti italiani come disciplinati dalla legge 8 novembre 1994, n. 84;
il demanio marittimo in Italia è inalienabile e le autorità di sistema portuale, ad oggi enti pubblici non economici, esercitano un’attività di regolamentazione e, per alcuni atti, di regolazione degli ambienti portuali cui sono preposti;
è evidente che un qualunque percorso di revisione dell’attuale assetto della governance dei porti italiani deve essere oggetto di ampio dibattito tra gli stakeholder economici e istituzionali,
si chiede di sapere:
quale sia l’orientamento in merito al contenuto della riforma e quale modello di governance portuale la riforma intenda prevedere;
se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno, su tali tematiche, avviare un tavolo di confronto con le categorie maggiormente rappresentative degli stakeholder economici e istituzionali che operano in ambito portuale.
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Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Premesso che:
l’articolo 10 del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, ha avviato, di fatto, l’istituzione di un fondo funzionale al prepensionamento dei lavoratori portuali;
l’istituzione è stata fortemente voluta dalle parti stipulanti il contratto collettivo nazionale per i lavoratori portuali;
il fondo dovrebbe essere alimentato dall’accantonamento dell’1 per cento dell’ammontare delle tasse portuali sulle merci e su importi che le aziende e i lavoratori stanno già accantonando;
l’articolo 10 prevede, altresì, che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le parti stipulanti e la conferenza nazionale di coordinamento delle autorità di sistema portuale, siano stabilite le modalità di attuazione della norma istitutiva del fondo e il suo funzionamento;
considerato che, ad oggi, il decreto attuativo non è ancora stato emanato, e senza non è possibile attivare la misura,
si chiede di sapere quali chiare e precise indicazioni il Ministro in indirizzo intenda fornire in merito alle tempistiche di emanazione del decreto ministeriale necessario per costituire il fondo di prepensionamento dei lavoratori portuali.