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Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica.
Premesso che:
con la legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, recante "Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente", il Parlamento è intervenuto, nella XVIII Legislatura, per introdurre nella Costituzione il principio della tutela dell’ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi e degli animali;
intervenendo per la prima volta su uno dei dodici articoli iniziali della Costituzione è stato introdotto, in particolare, un nuovo comma all’articolo 9 della carta, al fine di riconoscere nell’ambito dei principi fondamentali, accanto alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della nazione, anche quella dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi. Il principio di tutela degli animali viene inserito attraverso la previsione di una riserva di legge statale che ne disciplini le forme e i modi;
l’altra modifica riguarda l’articolo 41 della Costituzione: da una parte si stabilisce che l’iniziativa economica privata non possa svolgersi in danno alla salute e all'ambiente, premettendo questi due limiti a quelli già vigenti e riguardanti la sicurezza, la libertà e la dignità umana; dall’altra si riserva alla legge la possibilità di indirizzare e coordinare l'attività economica, pubblica e privata, a fini non solo sociali, ma anche ambientali;
nei giorni scorsi, con decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica e del Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa è stata costituita, presso l’ufficio di gabinetto del Ministro dell’ambiente, una commissione interministeriale con i seguenti compiti: a) elaborare uno schema di legge delega per il riassetto e la codificazione delle normative vigenti in materia ambientale, onde raccoglierle in un unico testo normativo coerente con la legge costituzionale n. 1 del 2022 e con i principi eurounitari e internazionali; b) elaborare lo schema di uno o più decreti legislativi attuativi dei principi e criteri direttivi della legge delega di cui sopra;
da un articolo di stampa pubblicato il 13 novembre 2023 da “la Repubblica” si legge che tra i nomi che stanno facendo discutere vi sarebbero “i soliti bocciati alle elezioni e avvocati e ingegneri che lavorano, o hanno lavorato, a stretto contatto con lobby importanti e sulle quali le norme andrebbero a impattare: legali vicini all’Eni, a grandi gruppi del cemento, ma anche vicini a compagnie leader nel settore del gas e del petrolio”;
si legge: “a presiedere la Commissione è stato scelto il professore Eugenio Picozza, esperto di diritto amministrativo e docente a Tor Vergata. Insieme a lui altri docenti, come il professore e consulente della presidente Giorgia Meloni Francesco Saverio Marini, che ha scritto la riforma del premierato cara alla leader di Fratelli d’Italia. Nell’elenco anche generali della Guardia di finanza, esperti di aviazione e intelligenze, come Christian Tettamanti, e il magistrato militare Giuseppe Leotta. Ma non mancano alcune 'curiosità', diciamo così. Tra gli esperti della commissione c’è a esempio il professore Vincenzo Pepe, candidato alla Camera in Campania e non eletto nelle file della Lega, ma anche l’ex senatrice non ricandidata in Forza Italia Urania Papatheu, già consulente retribuita della ministra Casellati”;
tra i componenti della commissione, accanto a figure di alta professionalità ed esperienza in campo giuridico (alcune delle quali facenti capo a ISPRA), figurano quindi anche molti nomi di “esperti” o “tecnici” con conflitti di interesse evidenti o di dubbia professionalità nel campo richiesto,
si chiede di sapere quali siano i criteri seguiti per la nomina dei componenti della commissione e se il Ministro in indirizzo abbia verificato la compatibilità, o anche l’opportunità, che tra di loro figurino soggetti che lavorano, o hanno lavorato, con lobby importanti e sulle quali le nuove norme andrebbero a impattare.
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Al Ministro della giustizia.
Premesso che:
in data 29 settembre 2023 il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale ha diffuso uno studio sull’applicazione sperimentale delle nuove direttive per il circuito di media sicurezza, di cui alla circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria n. 3693/6143 del 18 luglio 2022; tale studio offre un’analisi ampia e dettagliata della situazione penitenziaria a valle della prima fase di applicazione sperimentale della circolare (avvenuta tra luglio e dicembre 2022), nei territori che sono stati interessati dalla sperimentazione (Lombardia, Campania, Sicilia e Triveneto);
la circolare n. 3693/6143, nel delineare una generale riorganizzazione del regime e del trattamento penitenziario nel circuito di media sicurezza, interveniva in particolare al fine di realizzare il compiuto superamento dell’alternativa tra regime di custodia chiusa e regime di custodia aperta a favore della distinzione tra un regime ordinario e un regime ordinario “a trattamento intensificato”, con la specifica finalità di collegare il diverso regime penitenziario alla tipologia di attività trattamentali cui il detenuto è ammesso, nonché alla loro effettività e intensità;
in particolare, al regime ordinario accedono i detenuti in accesso, quelli ritenuti non in grado di “sostenere l’adesione a programmi che prevedano margini di maggiore libertà e autodeterminazione nella vita comunitaria” e quelli in rientro dalle sezioni previste dall’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 per la detenzione di persone a rischio di comportamenti aggressivi; al regime ordinario “a trattamento intensificato” accedono, invece, le persone detenute ritenute “idonee a essere ammesse ad attività che implicano maggiore autodeterminazione, maggiori esigenze di movimento e di permanenza fuori dai reparti detentivi e/o una permanenza fuori dalle camere di pernottamento” (così la predetta circolare);
ulteriore differenza tra il regime ordinario e regime ordinario a trattamento intensificato è il numero di ore in cui è consentito alla persona detenuta di permanere al di fuori della camera di pernottamento; non meno 8 ore nel caso del regime ordinario e non meno di 10 ore in quello a trattamento intensificato; ciò, tuttavia, con l’ulteriore fondamentale differenza che nel regime a trattamento intensificato si assicura una vera e propria apertura delle camere per almeno 10 ore, con conseguente libertà di movimento; mentre nel regime ordinario l’apertura della camera è subordinata all’effettivo accesso della persona detenuta alle attività consentite;
come osservato dal Garante nazionale nel parere reso sullo schema di circolare e come ora ribadito nel menzionato studio sull’applicazione sperimentale, dalla circolare è possibile desumere “una preoccupante correlazione tra l'andamento del percorso trattamentale e la maggiore o minore apertura delle camere di pernottamento”; ciò implica, come evidente, che le condizioni di detenzione sono suscettibili di variare, in modo talora significativo, a seconda, da un lato, dell’offerta trattamentale assicurata dall’istituto penitenziario e, dall’altro, in ragione della concreta disponibilità di spazi comuni e ricreativi;
i dati raccolti ed elaborati nello studio del Garante mostrano, al riguardo, che in sede di applicazione sperimentale sono aumentate le sezioni a regime ordinario (e cioè le ex sezioni a custodia chiusa) con corrispondente riduzione delle sezioni a regime a trattamento intensificato (e cioè le ex sezioni a custodia aperta): in particolare, a fronte di 434 sezioni a custodia aperta (con 12.033 persone assegnate a luglio 2022) si è passati a 390 sezioni e regime di trattamento intensificato (con 2.283 persone assegnate a dicembre 2022) e, a fronte 608 sezioni a custodia chiusa (con 8.080 persone assegnate a luglio 2022) si è passati a 687 sezioni a regime ordinario (con 15.154 persone assegnate a dicembre 2022); emerge altresì che ciò si pone in correlazione, per effetto delle nuove direttive introdotte con la circolare del 2022, con l’effettiva offerta trattamentale e di spazi; come osservato nel medesimo studio, in altri termini, “l’assenza di capacità progettuale da parte dell’istituzione detentiva si riflette su un’accentuazione della chiusura del modello detentivo stesso”;
tale complessiva situazione ha un impatto cruciale sulle concrete condizioni di detenzione, soprattutto alla luce della circostanza che nelle sezioni a trattamento ordinario le camere devono rimanere chiuse e le persone detenute possono uscire solo se partecipano ad attività, ove garantite dall’istituto;
tali criticità sono legate non solo a ragioni di carattere strutturale ma anche, e in modo significativo, alla cronica condizione di sovraffollamento carcerario che ad oggi, stando ai dati forniti dal Garante, è dato da una popolazione di 58.491 persone detenute a fronte dell’effettiva disponibilità di 49.395 posti,
si chiede di sapere quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda porre in essere al fine di assicurare che, nell’applicazione della circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria n. 3693/6143 del 18 luglio 2022 siano assicurate condizioni di detenzione adeguate, soprattutto sotto il profilo dell’effettiva possibilità per la persona detenuta di avvalersi delle 8 ore di potenziale apertura della camera di pernottamento previste nel regime di detenzione ordinario; e come intenda, in particolare, assicurare il rafforzamento dell’offerta trattamentale negli istituti penitenziari al fine di garantire che l’offerta lavorativa, culturale, sportiva, ricreativa e scolastica sia all’altezza delle esigenze della popolazione detenuta anche in relazione all’applicazione delle direttive di cui alla circolare; e come intenda, infine, intervenire per migliorare la disponibilità e la qualità degli spazi destinati alle suddette attività.
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Al Ministro della salute. -
Premesso che:
l’articolo 1-quater del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, recante «Disposizioni in materia di potenziamento dell’assistenza a tutela della salute mentale e dell’assistenza psicologica e psicoterapica», convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione 25 febbraio 2022, n. 15, ha introdotto «un contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia fruibili presso specialisti privati regolarmente iscritti nell’elenco degli psicoterapeuti nell’ambito dell’albo degli psicologi» conosciuto come bonus psicologo;
tale norma è stata in seguito modificata in sede di esame della legge di bilancio per il 2023 che, all’articolo 1, comma 538, grazie a un emendamento del gruppo parlamentare del Partito Democratico, ha stanziato 5 milioni di euro per il 2023 e 8 milioni di euro dal 2024 per rifinanziare la misura, rendendola stabile e portando il limite del contributo da 600 a 1.500 euro; risorse, tuttavia, ridotte rispetto allo stanziamento previso dai governi precedenti, che era arrivato nel 2022 a 25 milioni, cifra, purtroppo, capace di fare fronte soltanto al 10 per cento delle domande presentate all’INPS;
ad oggi, tuttavia, il decreto attuativo per la misura non è stato ancora pubblicato, non consentendo a migliaia di cittadini di poter usufruire del bonus; mancanza resa ancora più grave dalle rassicurazioni che, a più riprese, il Governo ha fornito circa l’erogazione del bonus: la prima, del Ministro della salute, Orazio Schillaci, che in una intervista a “Il Sole 24 ore”, aveva assicurato che l’erogazione sarebbe partita entro giugno 2023; la seconda, lo scorso 24 maggio 2023, in XII Commissione permanente (Affari sociali) della Camera, da parte del sottosegretario di Stato per la salute, Marcello Gemmato, il quale, rispondendo a una interrogazione in Commissione da parte dell'opposizione, aveva detto che erano in via di risoluzione “alcune criticità derivanti da possibili interpretazioni differenti della norma primaria” e che, di conseguenza, il bonus sarebbe stato erogato in tempi brevi, entro l’estate 2023;
secondo quanto previsto dalla legge di bilancio per il 2023, il bonus psicologo di quest’anno dovrebbe arrivare entro il 31 dicembre 2023, scadenza massima consentita, dopo la quale le risorse verrebbero redistribuite nel bilancio ordinario dello Stato;
a 10 mesi dall’entrata in vigore della legge di bilancio, mancando il decreto attuativo, latitano ancora le indicazioni sulle modalità e la tempistica della presentazione delle domande per usufruire del bonus per il 2023,
si chiede di sapere se
il decreto attuativo per l’erogazione del cosiddetto bonus psicologico, per l’anno 2023, sia finalmente in fase di emanazione, così da consentire, anche per l’anno in corso, di usufruire delle risorse utili per le sessioni di psicoterapia o, in caso contrario, quando sarà emanato.
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Ai Ministri dell'economia e delle finanze e per le disabilità. -
Premesso che:
con legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio per il 2020), il Governo Conte II ha istituito un fondo a carattere strutturale denominato “fondo per la disabilità e la non autosufficienza”. Il comma 330 dell’articolo 1 prevedeva una dotazione finanziaria di 29 milioni di euro per il 2020, di 200 milioni di euro per il 2021, di 300 milioni di euro annui a decorrere dal 2022, indirizzando le risorse del fondo all’attuazione di interventi a favore della disabilità, finalizzati al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno in materia. Inoltre, il successivo comma 331 ha disposto un incremento di 50 milioni di euro a favore del fondo per le non autosufficienze;
con legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio per il 2022), il Governo Draghi ha mutato la denominazione in “fondo per le politiche in favore delle persone affette da disabilità”, disponendone il trasferimento presso lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, al fine di conferire maggiore ordine sistematico alle risorse destinate alle politiche in favore di persone con disabilità e consentire una migliore allocazione delle risorse a copertura del processo di riforma in materia di disabilità;
in attuazione della riforma 1.1 prevista nella missione 5 "inclusione e coesione", componente 2 “infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore” del piano nazionale di ripresa e resilienza, durante il Governo Draghi è stata approvata la legge 22 dicembre 2021, n. 227, collegata alla manovra di finanza pubblica 2021-2023, recante “Delega al Governo in materia di disabilità” (detta legge quadro sulla disabilità), i cui ambiti di intervento sono stati individuati: a) nella definizione della condizione di disabilità, riassetto e semplificazione della normativa di settore; b) nell’accertamento della condizione di disabilità e revisione dei suoi processi valutativi di base, unificando tutti gli accertamenti concernenti l’invalidità civile, la cecità civile, la sordità civile, la sordocecità, l’handicap, anche ai fini scolastici, la disabilità prevista ai fini del collocamento mirato e ogni altra normativa vigente in tema di accertamento dell’invalidità; c) nella valutazione multidimensionale della disabilità, progetto personalizzato e vita indipendente; d) nell’informatizzazione dei processi valutativi e di archiviazione; e) nella riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità; f) nell’istituzione di un Garante nazionale delle disabilità;
l’articolo 1, comma 1, della legge n. 227 aveva previsto un termine di 20 mesi per l’adozione dei decreti legislativi per la revisione e il riordino delle disposizioni vigenti in materia di disabilità, in attuazione degli articoli 2, 3, 31 e 38 della Costituzione e in conformità alle disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e del relativo protocollo opzionale; tale termine legislativo è stato differito al 15 marzo 2024, dall’articolo 1, comma 5, della legge 24 febbraio 2023, n. 14, di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198 (milleproroghe);
considerato che:
nella relazione illustrativa al disegno di legge di delega in materia di disabilità, essa viene rappresentata come una “condizione della persona che richiede un approccio globale, teso a riconoscerne le implicazioni e la rilevanza nel quadro di ogni politica, sia specifica sia di ordine generale, affinché le esigenze delle persone con disabilità siano sempre e debitamente considerate. Non a caso, l’attenzione verso le persone con disabilità caratterizza tutto il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), interessando trasversalmente differenti misure e comportando un impegno trasversale da parte di più amministrazioni competenti”. Aggiungendo che, secondo quanto riportato dall’ISTAT “il numero delle persone con disabilità in Italia è di 3.150.000, pari al 5,2 per cento della popolazione”. Inoltre, “solo i beneficiari di provvidenze economiche, in Italia, ammontano a 4,5 milioni”;
il decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145 (detto decreto “anticipi”), attualmente all’esame della Commissione Bilancio del Senato, all’articolo 23, comma 7, lettera l), prevede la riduzione di 350 milioni per l’anno 2023 del fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità di cui all'articolo 1, comma 178, della citata legge n. 234 del 2021;
considerato, altresì, che:
alla manifestazione “Expo AID”, sul tema delle disabilità, dello scorso 22 e 23 settembre 2023 il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato: "il modello che stiamo cercando di costruire con il ministro Locatelli e con il Governo, non è solamente erogare dei servizi, che sì possono migliorare la qualità della vita di persone che comunque rimangono a un margine ma è cercare di costruire percorsi personali che ruotino attorno ai bisogni specifici di quella persona, che ruotino intorno al talento di quella persona. Quello vuol dire dare una dignità”, aggiungendo, “noi siamo impegnati in una serie di fronti, abbiamo tutto il tema dei decreti delegati collegati alla Legge sulla disabilità. E lì ce ne sono due che sono centrali: la riforma dell'accessibilità per l'invalidità e i percorsi multidisciplinari personalizzati per le persone con disabilità”;
numerose associazioni di settore hanno appreso, con sconcerto e delusione, l’azzeramento delle risorse del fondo per la disabilità. Dello stesso avviso sono anche le associazioni sindacali che hanno lamentato lo scarso coinvolgimento e la insufficiente interlocuzione con il Governo in materia di disabilità,
si chiede di sapere:
quali siano i motivi che, dapprima, hanno indotto il Governo a differire al 15 marzo 2024 l’adozione dei decreti legislativi attuativi della legge di delega in materia di disabilità e, poi, ad azzerare le risorse del fondo per le politiche in favore delle persone affette da disabilità, previsto come una delle fonti di copertura necessarie per dare attuazione alla legge delega;
se il Governo non reputi opportuno adottare, in tempi brevi, in anticipo rispetto alla scadenza prevista per il 15 marzo 2024, i decreti attuativi della riforma in materia di disabilità al fine di consentire di avere un quadro normativo coerente e unitario e di rispondere, finalmente, in maniera più efficace all’esigenza di semplificare l’accesso ai servizi e i procedimenti di accertamento della disabilità, così da rendere effettivi gli strumenti finalizzati alla determinazione dei progetti di vita personalizzate delle persone con disabilità;
se non ritenga urgente e doveroso provvedere a ripristinare le risorse del fondo per le politiche in favore delle persone affette da disabilità al fine di garantire la necessaria copertura finanziaria al processo di riforma in materia di disabilità.
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Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
l’Agenzia delle entrate, nell’audizione svolta lo scorso 17 luglio 2023 presso la 6a Commissione permanente (Finanze e tesoro) del Senato della Repubblica, ha evidenziato che circa 23 milioni di contribuenti italiani devono al fisco circa 1.153 miliardi di euro, di cui soltanto il 10 per cento (114 miliardi) realmente esigibili, mentre il restante 90 per cento (1.039 miliardi) sarebbe di difficile recupero;
gli evasori hanno potuto beneficiare dal momento dell’insediamento del Governo Meloni di numerose misure di “tolleranza” fiscale, tra cui: 1) la rottamazione della cartelle esattoriali sotto i 1.000 euro affidate alla riscossione dal 2000 al 2015; 2) la definizione agevolata per liti pendenti; 3) la rottamazione delle multe stradali; 4) lo sconto sulle controversie tributarie pendenti al 1° gennaio 2023; 5) gli sconti e pagamenti rateali per i ravvedimenti; 6) le modalità di pagamento agevolato per gli avvisi bonari; 7) le irregolarità formali da denuncia dei redditi sanate con il pagamento di 200 euro; 8) le sanzioni ridotte per gli atti di accertamento; 9) il condono sui guadagni da criptovalute; 10) la rinuncia agevolata alle controversie tributarie; 11) la regolarizzazione dei versamenti senza sanzioni o interessi; 12) il condono per società calcistiche; 13) il condono penale per chi è stato già condonato per reati tributari;
altre misure di clemenza fiscale sono state previste e programmate con l’approvazione della legge 9 agosto 2023, n. 111, recante la delega al Governo per la “Riforma fiscale”, tra cui: 1) l’introduzione di un concordato preventivo biennale per i titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo di minore dimensione, che rischia di legalizzare la sotto dichiarazione di ricavi e compensi; la previsione di ulteriori “istituti speciali di definizione”; 3) le misure di attenuazione dei controlli riguardanti l’accertamento (ad esempio la riduzione della possibilità di fare riferimento ai valori di mercato) e delle sanzioni (ad esempio per la dichiarazione infedele, ma anche con lo sconto del penale a chi aderisce ai vari condoni); 4) le misure riguardanti il contenzioso (con la previsione di ulteriori definizioni agevolate); 5) le limitazioni all’azione dell’Agenzia delle entrate in tema di riscossione (viene limitata nel suo campo di azione e accompagnata da rateizzazioni talmente lunghe da rendere conveniente, dal punto di vista economico, non pagare le imposte);
ai suddetti provvedimenti, si affiancano: 1) le misure contenute nel decreto-legge «energia», rivolte a commercianti e autonomi titolari di partita IVA, che hanno commesso una o più violazioni tributarie e che sana le violazioni degli obblighi in materia di certificazione dei corrispettivi commesse tra il 1° gennaio 2022 e il 30 giugno 2023, dietro il pagamento, entro il 15 dicembre 2023, delle maggiori imposte dovute, gli interessi e solo un diciottesimo delle multe previste, con una soglia minima di 2.000 euro; 2) le misure annunciate nella NADEF 2023, relative alla prima applicazione della suddetta Riforma fiscale, che verranno inserite in manovra di bilancio per il 2024 e nel decreto-legge ad essa collegato, in quello che agli interroganti appare il disperato tentativo del Governo di reperire «risorse per interventi» attraverso la reiterazione di definizioni agevolate, sconti, concordati fiscali e altri interventi della medesima natura;
considerato che a giudizio degli interroganti:
la politica fiscale del Governo Meloni rischia di esacerbare il conflitto sociale tra contribuenti fedeli, che pagano regolarmente le imposte e che si trovano ad affrontare le irrisolte problematiche del carovita e coloro che invece non adempiono agli obblighi tributari e sono incoraggiati a proseguire su tale strada;
in termini finanziari, oltre al mancato recupero dei circa 114 miliardi di euro evasi e certificati dall’Agenzia delle entrate, si sommano nel corso dell’ultimo anno svariati miliardi di euro sottratti all’azione di recupero di evasione fiscale, in conseguenza delle misure adottate e in via di adozione da parte del Governo;
nella NADEF approvata durante il Consiglio dei ministri del 27 settembre 2023, nessun particolare cenno viene fatto in merito alla lotta all’evasione fiscale e al recupero delle suddette somme sottratte all’Erario, né al contrasto all’economia sommersa, mentre particolare enfasi viene attribuita al costo sostenuto dallo Stato relativamente alle misure di efficientamento energetico degli edifici accusate di condizionare, insieme all’inflazione, la disponibilità di risorse per interventi in vista della prossima legge di bilancio,
si chiede di sapere:
quali siano le misure che il Governo intende adottare, e in che tempi, al fine di contrastare la lotta all’evasione fiscale e contributiva e l’economia sommersa e quante risorse abbia stimato di recuperare da tali attività, già a partire dal 2024, al fine di sostenere le famiglie, a partire da quelle con i redditi più bassi, e le imprese, alle prese con le irrisolte problematiche del carovita, dell’aumento delle bollette energetiche, dei carburanti e dei materiali;
se, a fronte delle suddette problematiche che affliggono famiglie ed imprese, intenda abbandonare ogni percorso normativo che conduca a qualsiasi forma di condono, sanatoria o definizione agevolata, già a partire dalla prossima legge di bilancio e nei provvedimenti ad essa collegati, nonché a riforme fiscali di tipo regressivo, evidenziando per tale via una chiara presa di posizione a difesa della funzione sociale del fisco.