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- Al Ministro dell'interno. -
Premesso che:
il 23 febbraio 2024, a Pisa e Firenze, studenti delle scuole superiori manifestavano pacificamente a sostegno della Palestina;
nonostante il carattere di assoluta non violenza delle manifestazioni, il numero esiguo dei partecipanti, quasi tutti minorenni, molti ragazzi, tutti disarmati, sono stati caricati e manganellati dalle forze dell’ordine anche mentre erano a terra, inermi e nonostante le mani alzate, senza poter scappare perché chiusi dalle forze dell’ordine in tenuta antisommossa, con un’evidente sproporzione nell’uso della forza da parte degli agenti;
secondo quanto riportato dal quotidiano “la Repubblica” del 24 febbraio, i testimoni della manifestazione di Pisa hanno riferito: “Un agente rideva davanti al volto insanguinato di una minore. Anche i soccorsi sono stati intralciati, non hanno fatto passare l’ambulanza, ma solo alcuni medici”;
il risultato delle cariche delle forze dell’ordine a Pisa è stato di 13 feriti: nove minorenni con traumi cranici e ferite lacero-contuse sulla testa e sulle braccia e fratture alle mani per difendersi dai colpi di manganello, e quattro maggiorenni, di cui un venticinquenne con trauma cranico ed escoriazione del capo, e tre diciannovenni, uno con braccio steccato, colpito con manganello mentre si riparava il capo, e altri due per trauma cranico e ferite lacero-contuse;
il 24 febbraio, in una nota diffusa dal Quirinale si legge: “Il Presidente della Repubblica ha fatto presente al Ministro dell’Interno, trovandone condivisione, che l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”;
in un’intervista al quotidiano “Corriere della Sera” del 25 febbraio, il Ministro in indirizzo ha detto: “Vedere quelle immagini ha contrariato e amareggiato anche me. Quando si giunge al contatto fisico con ragazzi minorenni è in ogni caso doveroso svolgere ogni esame obiettivo su come siano andati i fatti. Ho chiesto di avere una dettagliata relazione sullo svolgimento degli eventi e su quale possibile attività di mediazione sia stata sviluppata per prevenire quegli incidenti (...) Il Governo non ha cambiato le regole della gestione dell’ordine pubblico”;
secondo quanto riportato dal quotidiano “la Repubblica” del 25 febbraio, a seguito di un’interlocuzione tra il Ministro e il capo della Polizia è stato concordato “un documento in cui il Dipartimento di sicurezza parla della necessità di ‘un momento di riflessione sugli aspetti organizzativi e operativi’”;
secondo quanto riportato dal “Corriere della Sera” del 25 febbraio, “Il Capo della polizia, Vittorio Pisani, intervistato dal Tg1, intanto promette provvedimenti. ‘Le iniziative assunte dagli operatori a Firenze e Pisa devono essere verificate con severità e trasparenza. Momenti critici capitano in caso di cortei non preavvisati, ma non sono una giustificazione’”;
secondo quanto riportato dal “Corriere della Sera” del 26 febbraio, ci sono stati due ordini di caricare gli studenti e ora insieme ai video postati on line e in onda sui telegiornali nazionali e locali, le testimonianze dei ragazzi picchiati sono al centro delle indagini della Procura e già oggi “i pm pisani, guidati dal procuratore Giovanni Porpora potrebbero iscrivere i primi indagati sul fascicolo (...) A Pisa non si esclude che l’indagine si possa allargare all’intera catena di comando della Questura che ha gestito l’ordine pubblico per il corteo non autorizzato dei liceali. (...) il responsabile della Questura, raccontano i sindacati, ha ammesso che c’è stato ‘un problema di gestione della piazza, dal punto di vista organizzativo e operativo, a suo avviso causato dal fatto che non erano chiari gli obiettivi del corteo’”;
in un articolo dell’esecutivo di “Magistratura democratica” del 24 febbraio, “Libertà costituzionali e ordine pubblico”, si sottolinea come “L’articolo 18 della legge in materia di sicurezza pubblica prevede, è vero, l’obbligo per i promotori di una di riunione in luogo pubblico di darne avviso almeno tre giorni prima al questore, ma l’omesso avviso non rappresenta una condizione di illegittimità della riunione né un’automatica presunzione di pericolo per l’ordine pubblico. All’omissione dell’avviso, infatti, consegue solo la facoltà (non l’obbligo), per il questore, di ordinare lo scioglimento della riunione. Tale facoltà, incidendo su un diritto costituzionalmente garantito, deve essere di stretta interpretazione, il che significa, in primo luogo, che il motivo dello scioglimento deve rigorosamente inerire a ragioni di sicurezza e non al merito o al tema della manifestazione. In secondo luogo, sono previste delle modalità per lo scioglimento della riunione agli articoli 24 e 25 del regolamento di attuazione della stessa legge, le quali non autorizzano in alcun modo un uso indiscriminato o sproporzionato della forza. L’uso della forza è legittimo solo quando sia inevitabile per effettive ragioni di sicurezza degli agenti e della collettività”,
si chiede di sapere:
se e quali direttive siano state impartite dal Ministero dell’interno nella gestione dell’ordine pubblico e se, come il Ministro ha affermato più volte in questi giorni, si possa confermare che non sono cambiate le regole della suddetta gestione;
quali provvedimenti urgenti il Ministro in indirizzo abbia finora adottato e intenda adottare, nell’ambito delle sue competenze, al fine di fare al più presto chiarezza sugli inquietanti fatti esposti e, in particolare, su che cosa non abbia funzionato nella catena di comando, stigmatizzando con fermezza tali comportamenti e punendo i responsabili degli episodi di violenza, incompatibili con i principi di uno Stato democratico, a tutela e difesa della Costituzione, della libertà di manifestare pubblicamente opinioni, come ricordato dal Capo dello Stato, e della democrazia.
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Al Ministro dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
il sistema “NoiPA”, nei primi mesi dell’anno, effettua per molti dipendenti pubblici il conguaglio IRPEF relativo al periodo corrispondente all’anno solare precedente sulla base delle ritenute d’acconto operate mensilmente nel corso dell’anno solare precedente e l’imposta effettivamente dovuta sull’ammontare complessivo degli emolumenti erogati nell’anno precedente;
tale operazione deve essere effettuata entro il 28 febbraio di ciascun anno e il datore di lavoro che utilizza il sistema NoiPA ha il compito di ricalcolare l’IRPEF e le detrazioni spettanti al lavoratore, sulla base delle retribuzioni effettivamente corrisposte nel corso dell’anno e dei dati comunicati dal lavoratore stesso, quali ad esempio il numero dei familiari a carico e le eventuali spese deducibili o detraibili;
si tratta, di fatto, di un ricalcolo delle imposte IRPEF e dei contributi INPS dovuti da dipendenti sulla base del reddito effettivamente percepito nell’anno d’imposta;
dalle operazioni di calcolo e pagamento può risultare un credito a favore del dipendente, se l’imposta complessivamente dovuta è inferiore al totale delle ritenute già operate nei singoli periodi; in questo caso le maggiori ritenute applicate nell’anno sono rimborsate direttamente al dipendente amministrato nel mese di febbraio, oppure un debito, se l’imposta complessivamente dovuta è superiore al totale delle ritenute già operate nei singoli periodi; in tal caso le ritenute a debito sono trattenute nel cedolino del mese del conguaglio;
molti dipendenti pubblici, i cui stipendi sono gestiti dal sistema NoiPA, così come avvenuto in anni passati, si troveranno nella busta paga di febbraio 2024 a sostenere un conguaglio fiscale che in molti casi rischia di falcidiare le loro retribuzioni, per effetto delle insufficienti trattenute effettuate durante l’anno, generando un debito fiscale elevato, con l’impossibilità di rateizzarlo;
tale problema è acuito, inoltre, dal ritardo con cui vengono erogati i trattamenti accessori, lasciando numerosi dipendenti pubblici senza stipendio o con emolumenti di importo irrisorio;
le richieste delle singole amministrazioni per rateizzare il debito fiscale di questi dipendenti pubblici, consentito in 5 rate per tutti gli altri contribuenti, non sono allo stato attuale possibili per coloro che sono gestiti dal sistema NoiPA, il che si riverbera pesantemente sui dipendenti pubblici con i redditi più bassi e sulle loro famiglie,
si chiede di sapere:
quali iniziative intenda adottare il Ministro in indirizzo, e in che tempi, per risolvere le problematiche esposte;
se non ritenga opportuno adottare tempestivamente misure che consentano anche ai dipendenti pubblici, i cui stipendi sono gestiti dal sistema NoiPA, di rateizzare in 5 rate il debito fiscale a seguito del conguaglio effettuato nel mese di febbraio.
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Al Ministro dell'interno. -
Premesso che:
il 16 febbraio 2024 il dissidente russo Alexei Navalny, recluso in una colonia penale della regione artica, è stato dichiarato morto dal servizio penitenziario federale. La notizia ha fatto rapidamente il giro del mondo, dal momento che Navalny era considerato il principale oppositore politico di Vladimir Putin;
manifestazioni di cordoglio e di protesta per la morte di Navalny si sono tenute in tutto il mondo nelle ore e nei giorni successivi al suo decesso;
il 18 febbraio a Milano una dozzina di aderenti e simpatizzanti dell’associazione “Annaviva” si sono dati appuntamento, mediante il social network “Facebook”, presso i giardini dedicati ad Anna Politkovskaja, la giornalista uccisa in circostanze misteriose a Mosca nel 2006, per rendere omaggio a Navalny, restando in silenzio in prossimità della targa dedicata a Politkovskaja;
arrivati sul luogo, sono stati avvicinati da tre persone in borghese, già presenti nei giardini e seduti su una panchina adiacente, che hanno richiesto ai convenuti i documenti e l’indirizzo di residenza, qualificandosi come agenti della DIGOS;
gli aderenti all’associazione si sono limitati, secondo quanto ricostruito da una dei partecipanti alla testata on line “Fanpage”, a portare fiori e a lasciare due foto e non hanno opposto alcuna resistenza alla richiesta delle generalità;
inoltre, durante una breve intervista che una degli esponenti dell’associazione stava rilasciando a un giornalista presente all’iniziativa, uno degli agenti era vicino all’intervistata e ascoltava con attenzione le sue parole;
considerato che, secondo quanto riportato dall’agenzia AGI e da altre agenzie il 19 febbraio 2024, il Ministro in indirizzo ha dichiarato: "L'identificazione delle persone è un'operazione che si fa normalmente nei dispositivi di sicurezza per il controllo del territorio. Mi è stato riferito che il personale che aveva operato non avesse piena consapevolezza (...) È capitato anche a me nella vita di essere identificato, non credo che sia un dato che comprime una qualche libertà personale";
considerato inoltre che il 16 febbraio scorso, la Presidente del Consiglio dei ministri ha rilasciato una dichiarazione, pubblicata sul sito del Governo, in cui definisce la morte di Alexei Navalny un “inquietante evento”,
si chiede di sapere:
quali istruzioni abbiano avuto gli agenti da parte dei loro superiori in ordine al raduno e in base a quali valutazioni gli agenti abbiano ritenuto di procedere all’identificazione di coloro che rendevano omaggio a Navalny, considerato che non era stato posto in essere alcun atto contra legem, che le persone che si erano radunate per la commemorazione erano in un numero esiguo, che la stessa si è svolta in assoluta tranquillità, nonché il fatto, come affermato dallo stesso Ministro, che non ne avessero “piena consapevolezza”;
se il Ministro in indirizzo non ritenga di fare luce su questo episodio, tanto più grave in quanto avvenuto in occasione della commemorazione di un uomo la cui morte ha colpito il mondo intero, determinando manifestazioni di solidarietà, cordoglio e indignazione a livello internazionale.
5) a sostenere le iniziative di cooperazione e sostegno delle istituzioni italiane, delle città, delle università e della società civile per il Myanmar.
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Al Ministro della giustizia. -
Premesso che:
un video del 3 aprile 2023, registrato dalle telecamere di sicurezza interne della Casa circondariale e di reclusione di Reggio Emilia, confluito agli atti dell'inchiesta chiusa dalla procura di Reggio Emilia a carico di dieci agenti della Polizia penitenziaria, accusati, a vario titolo, di tortura, lesioni e falso, documenta un brutale pestaggio subito da un detenuto tunisino di 44 anni;
nelle immagini si vede il detenuto incappucciato con una federa, messo pancia a terra con uno sgambetto e poi preso a pugni sul volto e sul costato, calpestato con gli scarponi, trattenuto alcuni minuti per braccia e gambe dagli agenti della Polizia penitenziaria. Le immagini mostrano, inoltre, come successivamente, denudato e sollevato di peso e sempre col cappuccio in testa, il detenuto venga trascinato in cella dove, nuovamente picchiato, è stato lasciato completamente nudo dalla cintola in giù per oltre un'ora, malgrado nel frattempo si fosse ferito e sanguinasse;
il filmato mostra quasi dieci minuti del pestaggio, che avviene prima nel corridoio fuori dalla stanza del direttore, poi sulla porta della cella che finisce allagata del sangue della vittima;
secondo quanto riportato da diversi organi di stampa, nonostante le richieste di aiuto, il detenuto sarebbe rimasto nella cella per oltre un’ora, prima di ricevere i soccorsi;
a seguito della denuncia della vittima e dell’apertura di un fascicolo presso la procura di Reggio Emilia, il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio per dieci agenti di Polizia penitenziaria accusati, a vario titolo, di tortura, lesioni e falso. Val la pena evidenziare, come a luglio, in occasione dell’adozione di dieci misure interdittive disposte dal giudice per le indagini preliminari, nell'ordinanza il comportamento degli agenti venga definito come «brutale, feroce e assolutamente sproporzionato rispetto al comportamento del detenuto»;
il detenuto, nel frattempo trasferito a Parma, ha espresso il timore di subire ritorsioni e nuove violenze a seguito della denuncia che ha portato all’apertura delle relative indagini;
il garante dei detenuti dell'Emilia-Romagna, Roberto Cavalieri, ha dichiarato che: "Le immagini del violento pestaggio rappresentano una pagina nera della gestione carceraria nella nostra regione. Non si può che provare un senso di ripugnanza e dolore nel vedere uomini in divisa usare metodi non solo illegali ma che tolgono ogni sembianza umana a un uomo incappucciandolo, colpendolo con pugni e calci, rendendolo totalmente vulnerabile e indifeso";
le violente immagini, acquisite dalla Procura di Reggio Emilia, testimoniano di una violenza gratuita e brutale e di una vera e propria tortura avvenuta nei confronti di una persona privata della libertà e sotto la responsabilità dello Stato;
inoltre, tali immagini e il ripetersi di episodi di violenza in diversi istituti penitenziari del nostro Paese provano, ancora una volta, l’importanza, nel rispetto della Convenzione di New York contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti del 1984, del reato di tortura, introdotto nel nostro ordinamento con la legge 14 luglio 2017, n. 110, quale presidio di legalità e rispetto dell’inviolabilità dell’incolumità fisica e della dignità umana, maggiormente in pericolo nei casi di limitazione della libertà personale,
si chiede di sapere:
quali iniziative necessarie e urgenti il Ministro in indirizzo intenda intraprendere al fine di fare chiarezza sul gravissimo episodio di tortura avvenuto nella Casa circondariale e di reclusione di Reggio Emilia e quali iniziative necessarie ed urgenti intenda, altresì, intraprendere per garantire l’inviolabilità e l’incolumità fisica dei detenuti in tutti gli istituti penitenziari nazionali;
quali iniziative intenda adottare al fine di scongiurare eventuali ritorsioni ai danni del detenuto vittima delle violenze e degli abusi citati in premessa.
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Ai Ministri della giustizia e degli affari esteri e della cooperazione internazionale. -
Premesso che:
dal mese di maggio 2023 un cittadino italiano ventinovenne, Filippo Mosca, è rinchiuso in un carcere rumeno, in una cella di trenta metri quadri condivisa da ventiquattro detenuti che, come riportato da diversi organi di stampa, vivrebbero in un clima di costante tensione, tra risse, aggressioni e accoltellamenti;
Filippo Mosca, accusato di traffico internazionale di stupefacenti, è stato condannato a otto anni di reclusione, circa un mese dopo l’arresto, da scontare nel penitenziario di Porta Alba, a Costanza, noto per essere stato uno dei lager del dittatore Nicolae Ceausescu e che più volte la Corte europea per i diritti umani ha condannato a causa delle condizioni degradanti in cui si trovano costretti i reclusi;
inoltre, occorre evidenziare che, come denunciato dai legali, i primi venti giorni di detenzione sarebbero trascorsi in isolamento, in una cella piena di topi, anche all’interno del materasso, quasi senza cibo. Tali condizioni non sarebbero migliorate con la fine dell’isolamento, perché Filippo Mosca si è trovato a dividere una cella con altri ventiquattro detenuti in condizioni disumane, senza servizi igienici, senza acqua calda e finanche senza coperte in un Paese che, come noto, nella stagione invernale raggiunge temperature molto rigide, anche fino a meno dieci gradi;
più volte i legali del nostro connazionale hanno evidenziato le diverse criticità verificatesi nel corso del procedimento penale, in particolare l’utilizzo di intercettazioni non autorizzate, criticità rispetto alle quali si potrà ben adire la Corte EDU. Ma il fatto che più desta preoccupazione è senza dubbio il rigetto della richiesta di affidamento agli arresti domiciliari, nonostante la documentazione sanitaria depositata che attesta la presenza di una patologia permanente;
non solo, in maniera del tutto ingiustificabile, sempre secondo quanto denunciato dai legali di Filippo Mosca, l’amministrazione del penitenziario di Porta Alba avrebbe respinto anche la richiesta di far pervenire i medicinali necessari, sebbene l’amministrazione non ne abbia la disponibilità;
come già evidenziato, le condizioni di detenzione inumane e degradanti del predetto istituto penitenziario sono in aperto contrasto con il rispetto dei diritti umani del detenuto e di tutti gli standard richiesti dalle corti e dalla giurisprudenza europea;
da ultimo basti pensare alla Raccomandazione (UE) 2023/681 sui diritti procedurali di indagati e imputati sottoposti a custodia cautelare e sulle condizioni materiali di detenzione, che fornisce orientamenti agli Stati membri dell’Unione europea per rafforzare i diritti degli indagati e imputati soggetti a custodia cautelare, sia in relazione ai loro diritti procedurali che alle condizioni materiali di detenzione, al fine di garantire che le persone che sono private della libertà personale siano trattate con la dignità e nel rispetto dei loro diritti fondamentali,
si chiede di sapere:
quali iniziative necessarie e urgenti il Ministro della giustizia intenda intraprendere presso le autorità romene, nell’ambito della cooperazione giudiziaria in materia penale, al fine di garantire prioritariamente che le condizioni di detenzione di Filippo Mosca assicurino il pieno rispetto dei diritti umani e degli standard europei in materia e se non ritenga altresì necessario e urgente, a seguito della richiesta di detenzione domiciliare avanzata dai legali, adoperarsi perché tale detenzione avvenga in Italia;
quali iniziative il Ministro degli esteri e della cooperazione internazionale intenda intraprendere presso le sedi europee, affinché tutti gli Stati membri si adeguino ai principi della corti europee e alle disposizioni dell’Unione in materia di garanzia del rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti.