Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-00550 Pubblicato il 5 luglio 2023, nella seduta n. 84 - Nicola Irto cofirmatario

Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Premesso che:

la legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio per il 2023), prevede, all’articolo 1, comma 310, “in via eccezionale” e “in via transitoria” un incremento dei trattamenti pensionistici, con riferimento alle mensilità, inclusa la tredicesima mensilità, relative agli anni 2023 e 2024, qualora il trattamento pensionistico sia complessivamente pari o inferiore all’importo mensile del trattamento minimo INPS;

l’incremento è pari a 1,5 punti percentuali per il 2023, elevati a 6,4 punti percentuali per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni, e di 2,7 punti percentuali per il 2024;

la circolare dell’INPS del 3 aprile 2023, n. 35, al paragrafo 3.2 definisce il calcolo dell’incremento, precisando che esso viene effettuato prendendo a base l’importo mensile complessivo lordo delle pensioni di cui l’interessato risulta titolare, in base alla normativa vigente prima dell’entrata in vigore della legge di bilancio per il 2023;

l’incremento transitorio è stato disposto “al fine di contrastare gli effetti negativi delle tensioni inflazionistiche registrate e attese per gli anni 2022 e 2023”;

considerato, altresì, che:

durante il Governo Prodi II, il decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, all’articolo 5, commi da 1 a 4, ha introdotto l’istituto della “quattordicesima” mensilità a favore dei pensionati con almeno 64 anni di età, stabilendo, ai fini della corresponsione della somma aggiuntiva al trattamento pensionistico, il requisito del possesso di un reddito non superiore ad una volta e mezzo il trattamento minimo annuo del fondo pensioni lavoratori dipendenti;

durante il Governo Renzi, la legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), all’articolo 1, comma 187, ha ampliato la platea dei beneficiari, stabilendo il diritto all’erogazione “a condizione che il soggetto possieda un reddito complessivo individuale relativo all'anno stesso compreso tra una volta e mezza e due volte il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti”;

considerato che:

come denunciato dai sindacati, nei cedolini delle pensioni del mese luglio 2023, l’erogazione della “quattordicesima” mensilità è stata “mescolata” all’aumento (esiguo) delle pensioni basse stabilito con l’ultima legge di bilancio, inducendo in errore i beneficiari e dando luogo a un vero e proprio falso trattandosi di due fattispecie completamente diverse sotto i profili sia giuridico che sostanziale per modalità e tempi nell’erogazione, nonché per il quantum;

ci si chiede come sia stato possibile che l’INPS abbia commesso questo “errore”, in palese violazione dell’obbligo di trasparenza e considerato che la quattordicesima viene erogata solo nel mese di luglio;

a seguito della denuncia dei sindacati, l’INPS ha emanato un comunicato stampa contenente “chiarimenti” in cui “si precisa che nei cedolini le due somme sono ora identificate rispettivamente come quattordicesima - legge 3 agosto 2007, n. 127) - credito anno 2023, e incremento legge 197/2022. A ognuna delle voci corrisponde una nota illustrativa riportata in coda al cedolino stesso. La dicitura ‘aumento pensioni basse 2023’, erroneamente riportata per una ridotta platea di pensionati, è stata cambiata al fine di semplificare la lettura dei diversi importi specifici”,

si chiede di sapere:

quali siano le valutazioni del Ministro in indirizzo in merito a quanto esposto;

quali iniziative intenda adottare al fine di evitare il ripetersi di tali “grossolani” errori garantendo un’informazione da parte dell’INPS improntata ai più rigorosi criteri di correttezza e trasparenza.

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Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-00551 Pubblicato il 5 luglio 2023, nella seduta n. 84 - Nicola Irto cofirmatario

Al Ministro della salute.

Premesso che:

è notizia recente, diffusa dai maggiori quotidiani del nostro Paese, di un’inchiesta che ha portato a scoprire che farmaci scadenti verrebbero utilizzati in alcuni ospedali italiani;

allo stato attuale sono almeno 16 le strutture coinvolte, e a rivelarlo è stata l'inchiesta di “Bureau of investigative journalism”, “Politico” e “il Fatto Quotidiano”; gli ospedali avrebbero trattato pazienti oncologici, inclusi bambini, con farmaci anticancro scadenti, in termini sia di efficacia sia di sicurezza, a basso costo e non approvati in Europa, importandoli dall'India;

nello specifico, così come riportato da “il Fatto Quotidiano”, un farmaco indiano, celginase, è stato ripetutamente importato dal 2016 al 2023 anche quando, in Italia, era disponibile un farmaco migliore, ma molto più caro, e approvato in Europa, ovvero l’oncaspar, approvato dall’EMA, da 2.500 euro a fiala, contro i 15 euro di quello indiano;

celginase è un farmaco usato per trattare la leucemia linfoblastica acuta, la forma più comune di cancro infantile, è prodotto in India e costa molto meno del farmaco "gold standard": 13 euro a fiala rispetto a circa 2.500 euro; secondo alcuni studi non soddisferebbe gli standard minimi di produzione o non raggiungerebbe costantemente la soglia di attività clinica per il trattamento del cancro;

il farmaco sarebbe stato importato per la carenza di oncaspar, ma secondo le importazioni sarebbero proseguite anche in seguito;

le lacune nelle normative nazionali e comunitarie sui farmaci avrebbero permesso agli ospedali italiani di richiedere legalmente spedizioni di celginase anche quando erano disponibili alternative migliori. Né l'AIFA né il Ministero della salute sono responsabili di verificare la qualità, l'efficacia o la sicurezza di questo farmaco prima di consentirne l'uso negli ospedali italiani. Né rientra nelle competenze dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA);

centinaia di fiale del farmaco sono arrivate dall'India negli ultimi 7 anni. Non è noto quanti malati di cancro potrebbero aver avuto effetti collaterali avversi o minori probabilità di remissione a causa di ciò. Molte fiale si troverebbero ancora oggi sugli scaffali di alcuni ospedali;

per assumere farmaci che non abbiano autorizzazione EMA bisogna avere una carenza di prodotto certificata oppure una necessità di trattamento alternativo a fronte di terapie disponibili che non funzionano (in questo secondo caso è il medico prescrittore che si assume la responsabilità);

dal 2019 è stato attivato un sistema di tracciatura e vigilanza dei farmaci, attivo in 31 Stati dello spazio economico europeo (i 28 Paesi membri UE più Islanda, Liechtenstein e Norvegia), basato sull’apposizione di un codice identificativo univoco a barre bidimensionale (Datamatrix 2D), un passaporto elettronico indispensabile per “circolare” nel network del nuovo European medicines verification system (EMVS), il sistema europeo di verifica dei medicinali, istituito nel 2016 in attuazione della direttiva anticontraffazione (62/2011/UE) e del relativo regolamento delegato;

in Italia, però, la nuova disciplina non è entrata in vigore alla luce della proroga al 2025 concessa all’Italia, assieme a Belgio e Grecia, in quanto Paesi già dotati di un preesistente sistema (in Italia il cosiddetto bollino autoadesivo), scelta che è stata evidentemente non ben ponderata visto ciò che è purtroppo accaduto,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia al corrente di tale situazione e come intenda procedere affinché si mettano in atto tutte le verifiche del caso per scoprire se corrisponda a verità quanto descritto;

come intenda agire nei confronti di chi, qualora venisse appurato che ciò che è stato riferito corrisponde a verità, ha messo in atto questo odioso e irresponsabile comportamento;

se intenda spendersi affinché venga adottata anche nel nostro Paese la direttiva 2011/62/UE (falsified medicine directive, FMD) che ha disciplinato nel dettaglio il tema della contraffazione nel settore farmaceutico, prevedendo l’istituzione di sistemi di sicurezza e di identificazione “end-to-end” di ogni singola confezione di medicinali.

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Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-00517 - Pubblicato il 21 giugno 2023, nella seduta n. 79 Nicola Irto cofirmatario

Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Premesso che:

in data 12 gennaio 2021, il Consiglio dei ministri ha approvato una proposta di piano nazionale di ripresa e resilienza, che, tra le diverse misure, prevede il finanziamento di progetti di elettrificazione delle banchine portuali (cold ironing), per complessivi 700 milioni di euro;

ad oggi risulta che siano state convocate 2 riunioni presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti cui hanno partecipato: Assoporti, l’associazione di categoria che rappresenta le autorità di sistema portuale, le associazioni rappresentanti l’armamento, Cassa depositi e prestiti, Terna e altre aziende di produzione energetica. Tali riunioni si sono svolte senza il coinvolgimento degli operatori portuali e della loro associazione;

la Corte dei conti, con la delibera n. 2/22, ha espresso preoccupazione in merito al rispetto dei cronoprogrammi definiti per la realizzazione dei progetti previsti;

considerato che:

non è chiaro come sia stata effettuata l’analisi dei fabbisogni di potenza energetica regolabile, quale sia la struttura della tariffa dell’energia elettrica che sarà erogata, da quali fonti di energia sarà prodotta, quale sarà il modello operativo adottato dai porti;

il tema dell’elettrificazione delle banchine, così come quello della disponibilità di fonti di alimentazione alternativi per le navi, è un tema di competitività della portualità del nostro Paese e non deve essere un tema di competizione interna tra porti,

si chiede di sapere:

come sia stata effettuata l’analisi dei fabbisogni di potenza energetica regolabile, quale sia la struttura della tariffa dell’energia elettrica che sarà erogata e da quali fonti di energia sarà prodotta, e quale sarà il modello operativo adottato dai porti;

se il Ministro in indirizzo intenda rendere noti informazioni e chiarimenti in merito allo stato di realizzazione dei progetti e se, ad oggi, risulti rispettato il cronoprogramma dei lavori;

se non ritenga opportuno avviare una rapida consultazione con gli stakeholder del settore portuale per finalizzare una norma volta a regolare la creazione di comunità energetiche portuali in cui la partnership pubblico-privato possa avere idonei strumenti per autoprodurre energia da fonti rinnovabili per il fabbisogno portuale, essere agevolate nella predisposizione di manufatti per la distribuzione di carburanti alternativi per l’utenza di mezzi che transitano per i porti, potersi efficientare al punto di costruire potenziali hub energetici a favore di territori prospicenti;

se ritenga opportuno che ai tavoli tecnici istituiti presso il Ministero partecipino anche le associazioni di categoria che rappresentano gli operatori portuali.

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Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-00518 - Pubblicato il 21 giugno 2023, nella seduta n. 79 Nicola Irto cofirmatario

Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Premesso che:

il sistema portuale nazionale è composto da 58 porti principali, dedicati al trasporto di merci e passeggeri, riuniti sotto 16 autorità di sistema portuale, e ricopre un ruolo strategico per l’economia nazionale italiana;

il mercato in cui operano i concessionari portuali, sotto il profilo merceologico, riguarda la movimentazione dei passeggeri e delle merci;

con riferimento alle merci, il mercato in cui operano le imprese terminaliste riguarda la movimentazione delle rinfuse liquide e solide, container e ro-ro (roll on-roll off);

negli ultimi anni si sta assistendo al crescente fenomeno dell’integrazione verticale tra realtà armatoriali ed operatori portuali, laddove le prime (le imprese armatoriali) stanno acquistando quote significative delle società che gestiscono i terminal situati nei porti nazionali. In particolare, in alcuni casi, le imprese armatoriali detengono il 100 per cento delle società, in altri casi detengono quote di maggioranza e in altri casi ancora detengono quote di minoranza;

i vettori nazionali e internazionali ai sensi della legge 28 gennaio 1994, n. 84, possono svolgere l’esercizio delle operazioni portuali in regime di autoproduzione con propri mezzi meccanici e proprio personale;

le imprese armatoriali che operano in regime di autoproduzione, a differenza delle imprese italiane terze che esercitano attività ancillari, beneficiano di un regime di sgravio contributivo e fiscale di favore, come previsto dalla normativa del registro internazionale e del tonnage;

come risulta da diverse notizie di stampa, è intenzione del Governo estendere i benefici riconosciuti dal registro internazionale e dal tonnage anche alle attività accessorie svolte dalle imprese armatoriali;

tale situazione potrebbe comportare, anche in via potenziale, un vantaggio anticoncorrenziale, sottoforma di abuso di posizione dominate o di intesa restrittiva della concorrenza, da parte delle imprese armatoriali verso le imprese italiane terze prestatrici dei servizi ancillari, proprio in ragione dei vantaggi fiscali e contributivi che la normativa del registro internazionale e del tonnage riconosce alle imprese vettoriali,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia conoscenza di come siano suddivise le quote delle concessioni portuali rilasciate dalle autorità di sistema portuale nei porti di propria competenza;

quali misure intenda adottare per il monitoraggio dell’accesso alle infrastrutture portuali e come intenda garantire la concorrenzialità tra gli operatori terminalisti;

quale sia la posizione in merito all’estensione dei benefici previsti dalla normativa sul tonnage e del registro internazionale alle attività accessorie svolte dall’imprese armatoriali e se intenda chiarire quali attività accessorie verranno individuate nel decreto attuativo che, ad oggi, è in fase di predisposizione da parte del Ministero.

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Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-00520 - Pubblicato il 21 giugno 2023, nella seduta n. 79 Nicola Irto cofirmatario

Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Premesso che:

con il decreto n. 321 del 30 dicembre 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 febbraio 2023, n. 31, è stato fissato, nella misura del 25,15 per cento in più, l’adeguamento delle misure unitarie dei canoni per le concessioni demaniali marittime, che sommato al 7,95 per cento in più del 2021 provoca un aumento “geometrico” del 36 per cento del costo unitario del canone concessorio;

a seguito dell’incontro tenutosi in data 17 gennaio 2023 tra il vice Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Edoardo Rixi, e le associazioni di categoria del comparto portuale (Assiterminal, Assoporti, Confitarma, Assamatori, Fise-uniport), le stesse associazioni sono state rassicurate sull’adozione di un provvedimento, non meglio specificato, finalizzato ad indicare alle autorità di sistema portuale le modalità di applicazione dell’adeguamento dei canoni solo sulla misura minima prevista nel suddetto decreto;

considerato che, nonostante le reiterate richieste di incontro, ordini del giorno presentati da diversi parlamentari e emendamenti proposti dalle associazioni su diversi provvedimenti normativi, ad oggi non si ha alcun riscontro su come il Governo intenda porre rimedio all’impatto che l’aumento dei canoni e alla rimodulazione dei criteri di indicizzazione dei canoni così come previsto dal decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda assumere per ovviare a questo aumento del canone demaniale, a giudizio degli interroganti ingiustificato, che rischia di paralizzare e danneggiare l’intero settore portuale italiano;

se non ritenga urgente adottare immediatamente iniziative al fine di fornire maggiori dettagli alle autorità di sistema portuale in merito alla corretta applicazione dell’adeguamento ISTAT.

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