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- Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. -
Premesso che:
con nota congiunta dello scorso 23 settembre 2024, indirizzata via PEC al gabinetto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e, per conoscenza, al gabinetto del Ministero delle imprese e del made in Italy, le segreterie della regione Calabria dei sindacati Slc-CGIL, Fistel-CISL e Uilcom-UIL hanno lamentato un ritardo, da parte del Ministero del lavoro, rispetto all’emanazione del decreto di concessione della cassa integrazione straordinaria per i lavoratori di Abramo customer care in amministrazione straordinaria, azienda ubicata nello stesso territorio regionale;
il ritardo riguarda il periodo che va dal 7 agosto al 7 novembre 2024;
gli stessi sindacati hanno osservato che ciò rischia di compromettere ulteriormente la già precaria situazione economica e sociale dei dipendenti coinvolti, ad oggi pesantemente provati da una lunga fase di incertezza e difficoltà;
di norma, il provvedimento di concessione è adottato con decreto del Ministero entro un periodo che va da un minimo di 30 giorni dalla richiesta a un massimo di 90 giorni, a seconda della motivazione in base alla quale si chiede l’intervento della cassa integrazione straordinaria;
la cassa integrazione straordinaria è uno strumento fondamentale per garantire la sostenibilità economica e lavorativa nell’attuale fase, molto delicata, dell’azienda;
è indispensabile quanto urgente l’intervento del Ministro in indirizzo al fine di scongiurare ulteriori problemi e difficoltà per i lavoratori interessati e le rispettive famiglie,
si chiede di sapere quali iniziative urgenti il Ministro in indirizzo intenda adottare al fine di assicurare al più presto l’effettiva integrazione della retribuzione dei lavoratori dell’azienda Abramo customer care.
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- Ai Ministri della salute e dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
dal 2010 la Regione Calabria è commissariata dal Governo per l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale. Nella stessa regione persiste una situazione di grave criticità sul piano dell’assistenza sanitaria pubblica;
in Calabria, per quanto ricostruito in un articolo del quotidiano “Gazzetta del Sud” del 2 aprile 2025, vi è un’estensione delle liste d’attesa per prestazioni essenziali tale da generare un fenomeno strutturale di mobilità sanitaria passiva, con una spesa annua, da parte dell’ente Regione, di circa 300 milioni di euro;
il fenomeno è attivo da oltre 20 anni, con un flusso costante di pazienti calabresi verso strutture sanitarie di eccellenza del Nord Italia, in particolare in Lombardia e Veneto, nelle quali i cittadini calabresi si recano per ricevere cure e accertamenti che il sistema regionale non riesce a garantire in tempi utili;
si tratta di una situazione che sottrae risorse al servizio sanitario della Calabria, aggravandone le già pesanti criticità;
in numerose strutture della Calabria, secondo quanto riportato nell'articolo, si registrano tempi di attesa fuori scala. Ad esempio, nell’ospedale “Annunziata” di Cosenza, per una colonscopia con endoscopio flessibile, l’attesa media è di un anno, mentre una visita cardiologica presso l’ASP di Cosenza viene fissata al momento per febbraio 2026;
nell’articolo si riporta, altresì, che per le prestazioni diagnostiche si possono in genere ottenere in tempi più brevi spostandosi verso centri periferici come Bocchigliero o Praia a Mare, ma questi risultano difficilmente raggiungibili per le fasce più fragili della popolazione, in particolare gli anziani;
anche a Reggio Calabria e a Catanzaro la situazione è critica, tanto che per una colonscopia a Reggio Calabria si attendono 221 giorni, mentre a Catanzaro i tempi sono superiori all’anno. Inoltre, le attese per le visite urologiche raggiungono i 163 giorni a Reggio Calabria, mentre una giovane donna di Cosenza, secondo l'articolo, è in lista d’attesa per 15 mesi;
quanto esposto riguarda, stando alla fonte giornalistica, esami e visite classificate come “programmate” (codice “P” sulla ricetta), ma in realtà spesso fondamentali per prevenzione e diagnosi. Secondo Federconsumatori Calabria, riporta l’articolo, il SSR della Calabria soffre di carenze di personale, disservizi, mancanza di trasparenza e persistenti inefficienze gestionali, elementi che determinano un progressivo spostamento della domanda di sanità pubblica verso il settore privato, che però non è accessibile a tutte le fasce sociali;
la situazione, aggravata da quasi 15 anni di commissariamento governativo e da un deficit strutturale ancora irrisolto, mette concretamente a rischio il diritto alla salute dei cittadini calabresi, sancito dall’articolo 32 della Costituzione,
si chiede di sapere quali iniziative urgenti i Ministri in indirizzo, per quanto di rispettiva competenza, intendano assumere, anche per il tramite del commissario per l’attuazione del piano di rientro, al fine di assicurare in tempi brevi una significativa riduzione delle liste e dei tempi di attesa relativi alle prestazioni diagnostiche e specialistiche e di garantire il riequilibrio della mobilità sanitaria interregionale.
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Al Ministro della salute. -
Premesso che:
l’ultimo rapporto nazionale di ANDOS-CREA, presentato il 31 marzo 2025 e intitolato "Effetti collaterali del cancro alla mammella", ha evidenziato dati estremamente preoccupanti. Secondo il rapporto, il costo delle cure per le pazienti italiane affette da tumore al seno è sempre più elevato: il 70 per cento delle pazienti con tumore al seno ha dovuto sostenere spese private nel percorso di cura, con un onere annuo medio di 1.665,8 euro, che raggiunge punte di 4.129,7 euro nel Sud e nelle isole, a fronte di una spesa minima di 614 euro nel Nordest;
come riportato dal 36,4 per cento delle pazienti, il 32,1 per cento dei costi sono dovuti alla distanza del centro di cura dalla propria residenza. In media, le donne percorrono 43 chilometri per il tragitto di sola andata verso la struttura sanitaria, per un totale di circa 160 chilometri al mese;
inoltre, nonostante la quasi totalità delle pazienti goda di esenzione dalle compartecipazioni, il 15 per cento ha dovuto dotarsi di una copertura assicurativa aggiuntiva, mentre il 17,6 per cento ha subito il rifiuto di una polizza assicurativa e il 12,5 per cento ha incontrato ostacoli o divieti nell’accesso al credito, ad esempio per l’acquisto di una casa;
i dati di ANDOS-CREA dicono che le spese private affrontate dalle pazienti riguardano per il 40,8 per cento i farmaci (502,8 euro annui), per il 14,7 per cento le visite specialistiche (181,6 euro), per il 10,5 per cento i trattamenti di fisioterapia e riabilitazione (129,1 euro), per il 7,6 per cento gli esami diagnostici (93,6 euro) e per il 5,7 per cento presidi medici e protesici (70,3 euro);
considerato che:
la copertura degli screening mammografici è significativamente più bassa nel Sud (58 per cento) rispetto al Nord (80 per cento) e al Centro (76 per cento), evidenziando una minore efficacia dei programmi di prevenzione oncologica nelle regioni meridionali;
il fenomeno della migrazione sanitaria evidenzia ulteriormente le disparità territoriali: nel 2022, su 629.000 ricoveri fuori regione, il 44 per cento riguardava pazienti residenti nel Mezzogiorno. Per le patologie oncologiche, il 22 per cento dei pazienti meridionali si è spostato per ricevere cure in altre regioni, sottolineando la carenza di servizi adeguati nel Sud;
il 4° rapporto GIMBE sulla sostenibilità del servizio sanitario nazionale ha evidenziato come uno dei principali fattori della crisi del sistema sanitario sia il definanziamento pubblico, che ha determinato una progressiva riduzione delle risorse destinate alla sanità pubblica e ha contribuito all’aumento delle disparità territoriali nell’accesso alle cure;
rilevato inoltre che:
l’articolo 117 della Costituzione attribuisce allo Stato la competenza esclusiva nella determinazione dei livelli essenziali di assistenza, che devono essere garantiti uniformemente su tutto il territorio nazionale;
la disparità di accesso alle cure tra Nord e Sud rappresenta una violazione del principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione, che impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto l’uguaglianza dei cittadini,
si chiede di sapere quali interventi urgenti intenda adottare il Ministro in indirizzo per garantire che tutte le pazienti affette da tumore al seno, indipendentemente dalla regione di residenza, possano accedere tempestivamente alle cure del SSN, senza dover sostenere oneri economici insostenibili o affrontare spostamenti proibitivi, nel pieno rispetto dei principi costituzionali di uguaglianza e tutela della salute.
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Al Ministro dell'università e della ricerca. -
Premesso che:
il Ministero dell’università ha pubblicato i decreti n. 156 del 24 febbraio 2025 e n. 148 del 24 febbraio 2025 per disciplinare i percorsi abilitanti per il personale docente della scuola secondaria di secondo grado, previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 agosto 2023;
dovrebbe essere assicurato a tutti i vincitori di concorso “PNRR1”, assunti a tempo determinato fino al 31 agosto 2025, la possibilità di completare il percorso abilitante;
per l’anno accademico 2024/2025 i percorsi universitari e accademici di formazione iniziale possono essere svolti, ad esclusione delle attività di tirocinio e di laboratorio, con modalità telematiche, comunque sincrone, anche in deroga al limite previsto dal citato articolo 2-bis, comma 1, secondo periodo, e in ogni caso in misura non superiore al 50 per cento del totale;
i posti autorizzati sono 44.823, ma ciò avviene nelle more dell’accreditamento di ulteriori posti per l’anno accademico 2024/25 e si prevede un secondo decreto con altre classi di concorso autorizzate;
nel frattempo alcuni atenei hanno già predisposto delle pagine per le informazioni relative ai percorsi dell’anno accademico 2024/25 e pubblicato anche alcuni bandi: da quanto si apprende si tratta solo di università telematiche;
molti atenei statali, infatti, devono completare l'iter autorizzativo attraverso un secondo decreto ministeriale;
il decreto n. 156 del 24 febbraio 2025 contiene solo una parte dei posti autorizzati, soprattutto, se si tratta di docenti neoassunti da PNRR che devono completare i 30 o 36 CFU entro il 31 agosto 2025 per trasformare il contratto in tempo indeterminato;
il Ministero ha chiarito che “con riferimento ai percorsi per i quali è stato richiesto un nuovo accreditamento, e ai percorsi già accreditati per i quali sono state apportate modifiche, è in fase di ultimazione la relativa procedura di verifica. I posti verranno autorizzati con un successivo provvedimento";
inoltre in data 29 gennaio il Ministero ha riaperto la banca dati alla ricerca di Università che eroghino corsi per A006; A072; A073; A075; B005; B008; B009; B010; B013; B025; B026;
non si comprende se l’accreditamento per queste ulteriori classi di concorso avverrà all’interno del secondo decreto atteso a breve oppure con provvedimento specifico successivo;
ciò sta determinando una situazione di grande incertezza a danno degli aspiranti abilitanti,
si chiede di sapere quali tempistiche si prevedano per l'avvio delle iscrizioni ai percorsi abilitanti previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 agosto 2023 ed entro quando verrà adottato il successivo provvedimento ministeriale già anticipato.
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Al Ministro delle imprese e del made in Italy. -
Premesso che:
il Piano Transizione 5.0 rappresenta una misura strategica per incentivare la digitalizzazione e la sostenibilità energetica delle imprese italiane, attraverso un sistema di crediti d’imposta volto a supportare investimenti in tecnologie innovative e a migliorare l’efficienza produttiva;
ad oggi, solo il 6,3 per cento del totale dei fondi disponibili è stato allocato, segnale evidente delle difficoltà incontrate dalle imprese nell’accesso agli incentivi previsti;
numerose aziende segnalano criticità burocratiche, in particolare per quanto riguarda la rendicontazione degli investimenti e la certificazione dei progetti, con difficoltà legate alla misurazione del risparmio energetico;
la misurazione del risparmio energetico risulta particolarmente complessa per le imprese di nuova costituzione o che hanno variato sostanzialmente prodotti e servizi negli ultimi sei mesi, rendendo difficile operare una stima realistica dei consumi pregressi;
per accedere agli incentivi, è necessario dimostrare una riduzione dei consumi energetici di almeno il 3 per cento rispetto ai livelli precedenti per l’intero stabilimento produttivo. Se tale soglia non viene raggiunta, l’impresa perde il credito d’imposta prenotato, pur potendo passare al Piano 4.0, con incentivi di entità ridotta;
in quest’ultimo caso, le imprese hanno comunque sostenuto costi non rimborsabili per le certificazioni ex ante ed ex post, oltre a una perizia finale che attesta il mancato raggiungimento del risparmio energetico richiesto e il conseguente decadimento dal Piano 5.0;
la legge di bilancio per il 2025 ha stabilito un plafond predefinito per il Piano Transizione 4.0, con il rischio che le risorse disponibili non siano sufficienti e che le imprese non possano usufruire di nessuna delle due agevolazioni;
il Piano Transizione 5.0 ha introdotto modifiche sostanziali, tra cui: l’unificazione delle fasce di investimento fino a 10 milioni di euro, con aliquote del 35, 40 e 45 per cento in base alla riduzione dei consumi energetici; una ridefinizione delle maggiorazioni per impianti fotovoltaici; l’ampliamento della cumulabilità con altre misure, incluse quelle finanziate con fondi europei;
nonostante queste modifiche, al 10 marzo 2025 risultano impegnati solo l’8 per cento dei 6,3 miliardi stanziati, evidenziando un forte ritardo nell’utilizzo delle risorse disponibili;
il ministro per gli Affari Europei, le Politiche di Coesione e il PNRR ha annunciato una possibile riprogrammazione delle risorse, ipotizzando una riallocazione di circa 3 miliardi di euro su altre misure industriali;
tale eventuale riprogrammazione potrebbe ridurre ulteriormente i fondi a disposizione per le imprese interessate al Piano Transizione 5.0, aumentando il rischio di esclusione dalle agevolazioni previste;
il Ministero delle imprese e del made in Italy ha aggiornato le “FAQ” sul Piano Transizione 5.0 solo il 24 febbraio 2025, fornendo ulteriori chiarimenti sugli incentivi e le procedure di accesso con grande ritardo;
permangono ostacoli burocratici, in particolare per le imprese che investono in soluzioni software e tecnologie digitali strettamente connesse all’ottimizzazione dei processi produttivi e alla gestione dell’efficienza energetica;
in particolare, diverse aziende segnalano difficoltà nell’inserire nei progetti finanziabili software gestionali, sistemi di automazione e soluzioni avanzate, pur essendo tecnologie essenziali per il monitoraggio dei consumi, l’ottimizzazione della produzione e la riduzione degli sprechi;
il settore ICT ha evidenziato che i vincoli imposti creano incertezza nell’ammissibilità di alcuni investimenti strategici, come quelli in intelligenza artificiale, cloud computing e analisi dei dati, strumenti sempre più utilizzati per una gestione sostenibile della produzione,
si chiede di sapere:
se il Governo intenda adottare misure urgenti, anche di carattere normativo, finalizzate a superare le difficoltà burocratiche di cui in premessa, che rallentano la rendicontazione degli investimenti e l’accesso delle imprese agli incentivi del Piano Transizione 5.0;
se intenda attivarsi tempestivamente, in particolare, per rafforzare le procedure di certificazione e le linee guida per agevolare le imprese nella dimostrazione del risparmio energetico richiesto, al fine di garantire il riconoscimento delle agevolazioni previste dal Piano Transizione 5.0;
quali misure intenda adottare al fine di garantire un coordinamento efficace tra gli incentivi previsti dal Piano Transizione 5.0 e quelli del Piano 4.0, evitando che le imprese restino escluse da entrambi i benefici;
se intenda adottare misure volte a favorire l’integrazione tra investimenti in digitalizzazione e criteri di efficienza energetica, chiarendo le modalità di accesso agli incentivi per le imprese che adottano soluzioni software avanzate, strumenti di automazione industriale e sistemi di monitoraggio intelligente dei consumi;
se intenda attivarsi per escludere, nell’ambito della riprogrammazione del PNRR, la riduzione dei fondi a disposizione per le imprese interessate al Piano Transizione 5.0, aumentando il rischio di esclusione dalle agevolazioni previste.