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Dettagli: | Pubblicato: 02 Agosto 2017

Dopo il via libera definitivo della Camera dei Deputati, il decreto Sud è lo strumento con cui lo Stato potrà iniziare ad affrontare in termini concreti alcuni degli atavici problemi che attanagliano il Mezzogiorno. Dalla fuga dei cervelli al rilancio dell’economia, il provvedimento che ha ottenuto il ‘disco verde’ di Montecitorio individua misure precise e stanzia significative risorse per l’area del Paese che versa nelle condizioni più difficili.
Il Sud continua a faticare a ritornare ai livelli pre-crisi, dopo il vero e proprio tracollo segnato, nel devastante periodo 2008-2012, da tutti gli indicatori economici, a cominciare dal pil e dai dati sull’occupazione. Un’inversione di tendenza è stata avviata da tempo e si è consolidata, come comprovano i più recenti dati Istat sul mercato del lavoro. Tuttavia, è indispensabile che questi effetti vengano concretamente percepiti dai cittadini di un gruppo di regioni, tra cui la Calabria, chiamate a compiere uno sforzo in più per evitare di allontanarsi ulteriormente dalle performance delle realtà più sviluppate del Paese.
In un contesto del genere, il miliardo e 600 milioni di risorse stanziate per questo pacchetto di misure a favore del Mezzogiorno costituisce una base di partenza indispensabile per riattivare le leve dello sviluppo. In particolare, riconosco l’attenzione che il governo Gentiloni, in stretta continuità con il governo Renzi, sta rivolgendo al rilancio dell’economia meridionale, mediante importanti risorse (200 milioni di euro) per l’istituzione delle zone economiche speciali. Tra queste, la Zes di Gioia Tauro, di cui è stata riconosciuta la centralità per il rilancio del sistema economico del Porto. La creazione di un’area dotata di fiscalità di vantaggio rappresenta infatti un decisivo fattore di attrattiva per stimolare gli investimenti, soprattutto da parte di realtà industriali extraeuropee che si distinguono per l’elevata capacità economica e finanziaria.
Meritano di essere messe in evidenza anche le altre misure previste: i 40 milioni per le politiche attive dei lavoro, i 150 milioni per il sostegno amministrativo agli enti locali, i 50 milioni per l’imprenditorialità giovanile in agricoltura. E, soprattutto, il provvedimento che personalmente mi sta più a cuore, perché considero un preciso dovere della politica lavorare per contrastare la fuga dei cervelli. Il miliardo e 250 milioni di euro che il governo ha previsto per il programma ‘Resto al Sud’ è, a mio avviso, una potenziale rivoluzione, specie nell’approccio.
Destinare ingenti risorse agli under 35 perché avviino un’attività d’impresa significa restituire loro la speranza ma, soprattutto, indurli a rimboccarsi le maniche e a diventare il cambiamento che vogliono vedere. Non più un meccanismo di carattere assistenziale o, peggio, un punto di debolezza del sistema per favorire pratiche predatorie e malversazioni, ma un investimento mirato a dare ai giovani una chance concreta di mettersi in gioco e di costruire il loro avvenire con l’autoimprenditorialità. Nell’economia globalizzata, è una delle poche strade rimaste per non essere destinati al sottosviluppo e alla desertificazione industriale.
Ancora molto resta da fare. Non possiamo sentirci appagati. Le recenti anticipazioni del rapporto Svimez segnalano il perdurare della sofferenza e l’aggravarsi di alcune situazioni. Ma non possiamo rassegnarci allo scenario secondo il quale i livelli economici pre-crisi torneranno al Sud tra più di dieci anni. Questo decreto va nella direzione giusta e, soprattutto, esprime in maniera efficace l’idea di un nuovo meridionalismo: un Mezzogiorno fiero e orgoglioso, che non si piange addosso e che, se viene messo nelle condizioni di far da sé, può ripartire e raggiungere notevoli risultati. È una grande e importante sfida, adesso bisogna saperla raccogliere.