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Dettagli: | Pubblicato: 06 Luglio 2015

E’ un fatto positivo che il Governo si avvii a varare, su proposta del ministro Delrio, il Piano nazionale per la portualità e la logistica. Fino ad oggi il nostro paese ha rinunciato (sulla base di uno sfondo di culture nordiste che hanno danneggiato l’economia dell’intero paese) a potenziare e mettere in rete il proprio sistema portuale che, considerate le caratteristiche geografiche dell’Italia e, soprattutto, del mezzogiorno e delle isole, può diventare la marcia in più che serve al paese rispetto alla produzione delle risorse e della ricchezza. L’Italia è interamente dentro un mare, il Mediterraneo, che torna ad essere uno dei grandi centri del traffico mondiale, luogo attraversato da quasi il 40 per cento delle merci che si producono in tutto il mondo.
Anche la drastica riduzione delle autorità portuali da 24 a 8 è da considerare un fatto positivo perché sottrae l’insieme dei porti alle spinte localistiche e punta a inserirle in un progetto nazionale unitario dove ciascun territorio gioca fino in fondo le proprie potenzialità, senza farsi distrarre da risse campanilistiche e da altri obiettivi.
Giusta, infine, la scelta di accorpare le autorità portuali dell’Italia meridionale e insulare secondo i propri territori per cui tutti i porti della Sardegna sono in un’unica portualità, come in Campania, come in Puglia e nessuna regione fa parte di sistemi portuali diversi.
La cosa che però diventa incomprensibile, e va rivista, è la soluzione che il Piano propone per la Calabria il cui territorio si vorrebbe accorpare a Messina, da sempre inserita nel sistema economico portuale Augusta, con Catania e Siracusa. Tale progetto, che nello schema allegato al Piano viene definito “Sistema autorità portuale Calabra e dello Stretto” rischia di creare un pasticcio istituzionale e di paralizzare fino a vanificarle potenzialità straordinarie della portualità calabrese (spegnendo sul nascere le giuste ambizioni di Crotone e Corigliano) e di umiliare le potenzialità, fin qui realizzate solo in piccola parte, del porto di Gioia Tauro a cui, invece, la stessa logica del Piano assegna una funzione rilevantissima nella strategia d’insieme della portualità italiana, anche in considerazione della megastruttura lì esistente e del patrimonio di alta professionalità delle maestranze ormai ricche di una esperienza universalmente apprezzata.
Se a questa difficoltà, vero e proprio colpo alle speranze della Calabria, si aggiungono le voci di un presunto spostamento dell’autorità portuale da Gioia Tauro a Messina dovremmo registrare il definitivo tramonto dell’ipotesi di fare del Porto di Gioia un traino con la centro la Calabria e tale da contribuire ad aiutare tutto il Mezzogiorno (pur accennato nel Piano).
Ecco perché bisogna chiedere al Governo con determinazione la costituzione di un’autorità portuale organica alla Calabria, rispettando la naturale collocazione di Messina con la Sicilia, senza dar peso alle spinte localistiche che da quella città vorrebbero scardinare l’accorpamento siciliano e quello calabrese e, nello stesso tempo, pretendere la inamovibilità della sede dell’autorità portuale a Gioia Tauro.

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