Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-01458. Atto n. 3-01458. Pubblicato il 6 novembre 2024, nella seduta n. 239. Nicola Irto cofirmatario

Al Ministro delle imprese e del made in Italy.
Premesso che:
la produzione automobilistica delle principali case europee sta registrando una contrazione senza precedenti. Gli ultimi dati ACEA e ANFIA evidenziano la crisi di un settore che rappresenta il 7 per cento del PIL della UE e 13 milioni di lavoratori occupati, e che minaccia la tenuta dell’intera economia europea. Nel corso del 2024, alcuni dei principali impianti di produzione di autovetture delle 5 più grandi case automobilistiche europee (BMW, Mercedes-Benz, Stellantis, Renault e Volkswagen) hanno operato a ritmi inferiori rispetto alle proprie capacità produttive. Di recente, la Volkswagen, la più grande casa automobilistica europea per vendite, ha preannunciato la chiusura di tre stabilimenti, mentre in Italia la Stellantis ha registrato nel terzo trimestre 2024 un preoccupante calo dei volumi produttivi che hanno coinvolto gli stabilimenti di Melfi e Mirafiori e l’avvio di una fase di proteste da parte dei lavoratori del settore;
al crollo delle immatricolazioni in Europa e in Italia concorrono numerosi fattori: con più di 500 auto per mille abitanti, il mercato europeo dell’automobile presenta margini di crescita assai ridotti; la progressiva reinterpretazione della mobilità urbana sta spingendo molte amministrazioni locali a favorire l’utilizzo del trasporto pubblico sostenibile, delle piste ciclabili e il car pooling; a differenza delle precedenti, le giovani generazioni non vedono nell’automobile un bene materiale indispensabile, tanto che, come evidenziano i dati ACI e ISTAT, tra il 2011 e il 2021 il numero di auto intestate a persone under 25 è diminuito del 43 per cento; l’incremento dei prezzi delle autovetture, che nel solo periodo tra il 2019 e il 2022 hanno registrato un aumento del 34,3 per cento; la riduzione del numero di autovetture del segmento delle utilitarie;
nella presente congiuntura, la Cina e l’approccio cinese al prodotto sono emersi come disruptor del settore. In base a recenti analisi di mercato, si stima che i costruttori cinesi, entro il 2030, conquisteranno una quota pari al 33 per cento del mercato globale di autovetture, consolidandosi nel mercato europeo con una quota pari al 12 per cento. Alla base di tale successo ci sono diversi vantaggi strutturali, in parte costruiti diligentemente negli anni. Le case automobilistiche cinesi producono autovetture ormai comparabili a quelle dei concorrenti occidentali, ma con costi largamente inferiori. Il vantaggio competitivo si registra in particolare nel settore delle autovetture a propulsione elettrica che richiedono un impiego massiccio di semiconduttori e di terre rare di cui la Cina controlla gran parte dell’estrazione mondiale e della lavorazione intermedia. Ciò permette ai produttori cinesi di controllare circa il 75 per cento della produzione mondiale di batterie;
a differenza dei produttori cinesi, i numerosi costruttori europei operano in orizzonti temporali ristretti. Sotto la pressione dei mercati finanziari, si trovano costretti ad adottare politiche incentrate sui profitti a breve termine. In Europa, l’approccio alla produzione è caratterizzato da una scarsa coordinazione, anche nell’ambito della ricerca e dello sviluppo e nelle politiche di incentivazione;
il contesto impone una profonda riflessione sulle politiche industriali da adottare. Si è di fatto di fronte ad uno shock sistemico settoriale paragonabile per dimensioni e gravità a quello recentemente sperimentato nel settore dell’approvvigionamento energetico. Appare concreto il rischio, al netto delle misure protezionistiche varate dalla UE, di un duro confronto sullo scenario internazionale;
a fronte di un quadro generale dell’automotive in progressivo deterioramento, per resistere alle spinte competitive provenienti dall’estero, abbattere i costi e rilanciare le produzioni sostenibili e a zero emissioni appare indispensabile: favorire l’aggregazione delle forze fra i marchi, la condivisione di piattaforme e avanzamenti tecnologici per ricostruire economie di scala e ottimizzare gli investimenti in ricerca e sviluppo; accompagnare tale percorso con la creazione di un apposito fondo europeo comune per il settore automotive; istituire una vera e propria catena di valore europea, dotata di una filiera integrata in grado di autoprodursi le batterie destinate alle vetture a propulsione elettrica, riducendo contestualmente la dipendenza dell’Unione da fonti di approvvigionamento rischiose sotto il profilo geopolitico; promuovere le politiche di transizione verso le nuove tecnologie e di sostegno alle tecnologie da affiancare all’elettrico, quali i motori con propulsione ad idrogeno; sostenere la domanda con appositi incentivi;
in tale contesto, il taglio previsto nel disegno di legge di bilancio dell’80 per cento delle risorse stanziate per gli anni compresi tra il 2025 e il 2030 del fondo per la transizione verde, la ricerca, gli investimenti del settore automotive e per il riconoscimento di incentivi all’acquisto dei veicoli non inquinanti (da 5,8 a 1,2 miliardi di euro) appare una scelta incomprensibile. La transizione del settore automotive è soggetta a leve di attuazione che necessitano di incentivi pubblici per colmare il proprio gap competitivo e le decisioni finora assunte, unitamente al dialogo avviato per favorire l’insediamento in Italia di produttori extraeuropei, appaiono in contrasto con gli interessi del Paese,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo intenda attivarsi per ripristinare con urgenza le risorse del fondo per la transizione verde, la ricerca, gli investimenti del settore automotive e per il riconoscimento di incentivi all’acquisto dei veicoli non inquinanti, oggetto del taglio previsto nel disegno di legge di bilancio per l’anno 2025 pari a circa 4,6 miliardi di euro, e se intenda assumere iniziative, condivise con altri Paesi membri UE, per l’istituzione di un fondo pluriennale per la competitività europea dedicato a supportare, con ulteriori risorse, le imprese del settore automotive implicate nella transizione;
quali misure intenda adottare al fine di mantenere operativi gli stabilimenti di produzione di autovetture in Italia e i marchi storici della nostra filiera dell’automotive, altrimenti destinati alla chiusura o al trasferimento all’estero oppure ad essere oggetto di acquisizione da parte dei concorrenti internazionali, e se intenda attivarsi nelle sedi istituzionali europee al fine di promuovere politiche volte alla creazione di grandi player industriali europei nel settore della produzione automobilistica e nella filiera dell’automotive europea, anche mediante aggregazioni, capaci di competere sul mercato internazionale, con l’obiettivo di una presenza stabile e significativa nel territorio italiano di stabilimenti operativi, di investimenti, di livelli occupazionali, di indotto e componentistica;
quali misure intenda adottare nei confronti di Stellantis per garantire un futuro certo agli stabilimenti in Italia e all’indotto e il mantenimento dei livelli occupazionali;
se intenda attivarsi per prorogare al 2025 la cassa integrazione straordinaria per il settore dell’automotive;
se intenda proseguire e rafforzare le politiche di sostegno volte alla transizione del settore automotive, in quanto le novità introdotte nel contesto normativo europeo, l'evoluzione tecnologica nella propulsione elettrica, delle batterie di ricarica e dei circuiti e le nuove esigenze di mobilità dei cittadini impongono alle aziende automobilistiche l'avvio immediato di un processo di ulteriore profonda trasformazione del loro assetto produttivo e della filiera di distribuzione;
se intenda attivarsi al fine di garantire nell’immediato l’erogazione di bonus, benefici e altre misure di vantaggio volte a sostenere la domanda di autoveicoli, con priorità per i veicoli a propulsione elettrica.

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