La Calabria è protagonista dei media in questi giorni, anche questa volta non per buone notizie. Il violento maltempo dello scorso week end ha piegato la regione. Allagamenti, smottamenti, frane. Le strade e le linee ferroviarie cedono sotto la pioggia battente. I morti sono già due. Left ha fatto il punto con Nicola Irto, presidente del Consiglio Regionale della Calabria.

Non è la prima volta che ci si trova a parlare di dissesto del territorio. Questa volta, però, la Calabria sembra davvero in ginocchio, si contano persino due morti. Qual è al momento la situazione dei danni?
La situazione è molto grave, come hanno potuto constatare di persona anche il ministro Delrio e il capo del dipartimento della Protezione civile Curcio. I danni sono ingenti ma per una conta definitiva e compiuta occorrerà ancora del tempo. In Calabria si ripetono periodicamente eventi catastrofici legati al clima ma soprattutto al dissesto idrogeologico che è una piaga mai curata nella nostra regione, oggi purtroppo è diventata cronica. La Calabria è in ginocchio, come dice lei, e ha bisogno del sostegno e del supporto dello Stato centrale ma anche di un’assunzione di responsabilità collettiva della sua classe dirigente. Dobbiamo essere noi a rendere più sicura la nostra terra, pianificando bene e non solo facendo fronte all’emergenza.

Alla già difficile e carente situazione dei trasporti, si aggiungono linee ferroviarie e strade che crollano. Un colpo di grazia per la Regione che, soprattutto nel sud reggino, rischia di rimanere ancora più isolata. Come pensate di intervenire?
Il presidente della Regione ha già preannunciato la richiesta dello stato di emergenza. È al governo che ci appelliamo perché in materia di grandi reti di comunicazione esiste ancora, nelle more della riforma, una legislazione concorrente Stato/Regioni che presuppone competenze e risorse che sono in capo allo Stato. Personalmente sono molto preoccupato per la Locride, un comprensorio che soffre da sempre di una condizione inaccettabile di marginalità e di isolamento rispetto non solo alla Calabria ma anche all’intero sistema Paese. Senza un intervento tempestivo volto al ripristino della ferrovia jonica e della Statale 106, interi centri resteranno tagliati fuori dal mondo. Vogliamo che finalmente anche quest’area della provincia di Reggio si senta parte dello Stato: non è mai stato così, purtroppo. Da calabresi siamo pronti a fare la nostra parte, a rimboccarci le maniche e a lavorare sodo per tornare alla normalità. Anzi, per arrivarci, alla normalità, che da queste parti è in gran parte ancora sconosciuta sul versante dei servizi pubblici essenziali.

Perdoni se glielo chiedo in modo così diretto. Non per fare dietrologia, ma in Calabria contiamo anni, decenni, di abbandono del territorio e abusivismo edilizio. Possiamo dire che non è la natura matrigna il problema ma che sarebbe ora di cambiare politica del territorio – per esempio, abbandonando l’idea di grandi opere in stile Ponte sullo Stretto?
In Calabria esistono gravissime responsabilità dell’uomo e, come dicevo prima, colpe storiche di quanti si sono succeduti alla guida delle amministrazioni. Si è cementificato in maniera incontrollata, selvaggia, senza criterio e senza coscienza. I risultati sono sotto gli occhi di tutti ma noi oggi non possiamo militarci a denunciare gli altri: dobbiamo agire. Ci sono centinaia di milioni di euro già stanziati per la mitigazione del rischio del dissesto idrogeologico. La Calabria è commissariata in questa materia. Solo nell’ultimo anno il nuovo soggetto attuatore del Piano ha avviato decine e decine di interventi e molti altri appalti partiranno a breve ma dobbiamo colmare un enorme gap. Ci vorranno tempo, pazienza, rigore e lavoro. Più in generale, sul piano politico, auspico una sorta di “costituente per la tutela del territorio”. Un’occasione per fermarsi a riflettere, prendendo atto che l’uomo in Calabria ha superato davvero ogni limite e che dunque bisogna immediatamente invertire la rotta: altrimenti, di questo passo, finiremo in un burrone. Quanto al Ponte, non voglio eludere il suo riferimento. Il punto non è farlo o meno, perché queste sono decisioni strategiche che spettano ai governi, ma sempre nel rispetto dell’ambiente e del superiore interesse delle comunità locali. Il punto è che il miliardo di euro di denaro pubblico, stanziato in passato per il Ponte, dovrebbe comunque essere investito su questo territorio. Anche se bisogna saperli spendere bene, i soldi pubblici. Non come è stato fatto in passato per il dissesto idrogeologico.

   

f t g

Nicola Irto - Sito ufficiale

 

e-mail: segreteria.nicolairto@gmail.com

Privacy Policy

   

 

 

Restiamo in contatto

Iscriviti alla newsletter per ricevere news e bandi