Nicola Irto - News
Parlare oggi di governance multilivello implica non solo rappresentare uno strumento teorico che dia ragione dei rapporti tra Unione Europea, Stato e Regioni, in un'ottica interistituzionale.
Ma implica, ne siamo tutti consapevoli, un confronto continuo per definire caratteristiche e ambiti di azione dei processi decisionali nelle politiche pubbliche.
Entrano in gioco elementi imprescindibili quali l'utilizzo di strategie di cooperazione e di acquisizione del consenso.
Processi non sempre fluidi per il sopravvenire, con grande frequenza, di fenomeni di conflitto determinati da posizioni e punti di vista differenti rispetto all'obiettivo che si intende perseguire.
Per questo, anche nell'ambito delle politiche pubbliche, centrale è il ruolo della negoziazione, quale elemento indispensabile per una governance che spesso si trova a gestire attriti, inevitabili, tra i diversi livelli e piani di azione degli enti locali.
La negoziazione come processo continuo, che guardando e ascoltando le posizioni dell'altro e accettandole in quanto portatrici di una verità altra, permette di superare il conflitto, maturando soluzioni efficaci, nuove, mai pensate prima e nate dal dialogo, dal confronto, dal superamento dell'individualismo identitario.
Se la questione che ci poniamo oggi è, quindi, se il background culturale e istituzionale di ciascuno di noi, costituisce un limite, un vincolo, per approdare a una governance multilivello efficace, la mia risposta è no.
Le identità, le tradizioni, i differenti piani di azione istituzionale, se mai, costituiscono, proprio per le loro specificità, un valore aggiunto alla governance, intesa nel senso più vero, quello democratico.
Se è vero che questo termine declina da una nuova e matura visione dello Stato che si trasforma e si adatta alle nuove esigenze e istanze della società.
Non dunque la "morte" dello Stato, ma una realtà che diventa capace di attrarre un consenso consapevole, sulla base dell'abilità di intercettare i bisogni e aprirsi alla partecipazione.
È chiaro che se immaginiamo una governance fortemente strutturata, dal punto di vista gerarchico, il nostro ruolo di amministratori sarà necessariamente destinato al fallimento.
Siamo chiamati oggi a una nuova responsabilità dell'amministrare, che da un lato guarda favorevolmente al coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali, e dall'altro non può non tentare di captare le energie del settore privato, se portatore di innovazione e produttività.
Partecipazione e strutturazione di reti (network) le parole chiave per assicurare nella governance multilivello, collegamenti e scambi costanti.
Eventualmente anche con la creazione di reti specifiche, che agendo a livello interistituzionale, siano chiamate a risolvere altrettanti specifici conflitti.
E a ciascun livello di governance, dal Governo nazionale a quello regionale, fino ai Comuni, costruire prima e condividere poi, strumenti operativi in grado di essere applicati in maniera omogenea nei diversi contesti territoriali, per consentire agli ultimi gradini di questa scala di raggiungere gli obiettivi prefissati. Solo con queste condizioni si può parlare di trasferimento delle competenze nella gestione politica e amministrativa di un territorio, anche quando si tratti di trasferire ambiti di potere importanti.
Penso, ad esempio alle Città metropolitane, la vera sfida, per l'Italia e l'Europa di oggi.
Creare sistemi operativi omogeni, può, naturalmente, anche dare risposte rispetto al valore differente che il termine stesso di governance multilivello può acquisire in un contesto che esula dall'Unione Europa. Dove lo scontro è tra Nazioni in grado di agire con governance efficaci e strutturate a altri in cui questo procedimento deve ancora maturare.
E solo politiche di coesione sociale consentono oggi di colmare tale distanza.
A mio avviso è certamente il piano delle politiche e della pianificazione territoriali, il luogo privilegiato in cui la governance multilivello si delinea in tutta la sua complessità, ma anche la sua forza costruttiva.
Penso, in primis, ai processi di trasformazione territoriale e di sviluppo sostenibile, spesso frenati dall'illegalità e dai ritardi e dalle inefficienze della pubblica amministrazione.
Processi che per loro stessa natura coinvolgono interessi pubblici e privati, governo, imprese, società.
Una governance in grado di gestire la complessità delle relazioni, e i conflitti, che da questo genere di politiche pubbliche inevitabilmente emergono, non può rinunciare a due elementi: la partecipazione e la trasparenza amministrativa.
Le politiche territoriali pubbliche impongono allo Stato il coinvolgimento di attori non istituzionali, portatori di interessi differenti, e la costruzione di un campo di azione dove si scontrano sia il sapere tecnico dei professionisti sia le istanze dei cittadini.
In una governance che si voglia definire democratica resta fondamentale, quindi, il ruolo dei mediatori. Figure che giocano un ruolo centrale nell'interpretare il desiderio partecipativo della collettività alle scelte del governo e collimarlo con le esigenze tecnico pratiche dell'amministrazione.
Consapevoli che il rischio che corriamo è quello di una dispersione di autorità e autorevolezza tra i diversi livelli territoriali e istituzionali.
Sono stati elaborati strumenti per facilitare le azioni e immaginare una governance responsabile in grado di mitigare le istanze delle istituzioni, con quello del settore privato e della società.
In un'ottica europea, già dall'aprile del 2014, con la Carta Europea della Partecipazione, elaborata con il Comitato delle Regioni dell'Unione Europea, fino a una dimensione nazionale, con il contributo dell'Istituto nazionale di Urbanistica, nel dicembre 2014, con la Carta della Partecipazione.
Strumenti che guardano con fiducia al mondo dell'università, delle organizzazioni non governative, ai gruppi più rappresentativi della società civile, per la stesura di un parternariato multiattoriale in grado di coordinare l'impegno, il dialogo, le buone pratiche a ogni livello di governo.
Elaborando insieme nuove politiche, sperimentando soluzioni che rispecchino le tecnologie di un mondo globale, anche con riferimento alla possibilità di accedere a documenti condivisi, e che contribuiscano allo sviluppo della democrazia partecipativa, senza la quale, oggi non si può parlare di una sana governance multilivello.
Intesa, questa, come porta di accesso all'Europa, chiave per superare i limiti territoriali e normativi.
Lo dico in chiusura: i diversi livelli di governo di enti locali non hanno dato ancora risposte efficaci nelle pratiche di governance multilivello.
Solo una volontà politica che si agganci a un desiderio di crescita civica, può permettere oggi di cambiare.
E qui con voi, io oggi, voglio lanciare questo messaggio: è necessario un nuovo impulso per cambiare le cose e a questo può contribuire solo un confronto democratico aperto e innovativo, quale strumento di educazione per le nuove generazioni e il mondo in divenire.
L'intervento integrale del Presidente del Consiglio regionale