Nicola Irto - Interrogazioni
Al Ministro della salute.
Premesso che:
secondo dati ISTAT in Italia: 34,9 per cento saranno i residenti con almeno 65 anni nel 2050, a fronte del 23,5 per cento attuale; 7 miliardi di euro sono destinati dal PNRR per l'assistenza sanitaria territoriale; 1.430 sono le case della comunità che si prevede di costituire con i fondi PNRR; oltre 400 sono gli ospedali di comunità da istituire entro il 2026;
il rischio è che questi investimenti abbiano un’attuazione disomogenea sul territorio nazionale. Perciò è essenziale il monitoraggio;
la previsione relativa alla popolazione è stata effettuata nell’ambito delle statistiche sperimentali di ISTAT, sulla base dello scenario mediano, e le previsioni sono formulate tenendo come base il numero di residenti al 1° gennaio 2021;
va ricordato che, nelle difficoltà dei mesi di pandemia, è apparso in tutta evidenza quanto sia importante l’investimento sulla prevenzione e in particolare su una rete di assistenza e sanità capillare sul territorio;
tale esigenza è dettata dal progressivo invecchiamento della popolazione, con il prevedibile incremento dell’incidenza delle malattie croniche, che renderanno improrogabile l’investimento in prevenzione nei prossimi anni;
tale scenario, e l’esperienza ancora viva delle difficoltà nell’emergenza Coronavirus, hanno portato a destinare una parte dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sul capitolo sanitario, e in particolare sulla rete territoriale di assistenza;
sono 8,2 per cento le risorse del PNRR destinate al potenziamento del sistema sanitario;
la Missione 5 (“Inclusione e coesione”) - Componente 3 (M5C3) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è dedicata a interventi speciali per la coesione territoriale. È a titolarità del Ministro per gli affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e si propone di ridurre i divari tra le aree del Paese. Nello specifico, la misura mira ad affrontare le disparità: a) demografiche e nei servizi, connesse alle distanze tra le aree urbane e quelle interne/rurali, montane e periferiche, per garantire gli stessi livelli di servizi essenziali e il rilancio di specifiche vocazioni produttive; b) nello sviluppo delle competenze, in una prospettiva di innovazione che coinvolge imprese, centri di ricerca ed enti pubblici; c) socio-economiche e negli investimenti nelle regioni meridionali, dove la crisi economica colpisce una filiera più debole e un mercato del lavoro più frammentato;
per raggiungere questi obiettivi, la M5C3 distingue due aree di intervento: a) un piano per la resilienza delle aree interne, periferiche e montane, così da promuovere uno sviluppo integrato del Paese ed evitare lo spopolamento delle aree non connesse direttamente con la rete di viabilità primaria; b) progetti per lo sviluppo del Mezzogiorno, compresi investimenti di contrasto della povertà educativa, per la valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, per le infrastrutture e il rafforzamento delle Zone economiche speciali;
la Missione n. 6 del Piano è dedicata alla salute: si tratta di 15,63 miliardi di euro divisi in due componenti, la prima, da 7 miliardi di euro, si concentra sul rafforzamento dell’assistenza sanitaria territoriale, e in particolare sulle reti di prossimità, la telemedicina e la cura domiciliare; la seconda, invece, pari a 8,63 miliardi, prevede progetti di digitalizzazione e innovazione del sistema sanitario, insieme ad investimenti sulla ricerca;
la componente rivolta al rafforzamento della sanità territoriale si basa su una strategia in 2 tempi. Il primo, è l’approvazione di una riforma dell’intero sistema di assistenza, con l’obiettivo di riorganizzarlo, renderlo omogeneo in tutto il Paese e stabilire così un nuovo assetto dell’offerta territoriale;
la scadenza era prevista per la metà del 2022, ed è stata attuata nel maggio dello scorso anno con l’approvazione del decreto ministeriale n. 77 del 2022;
il secondo tempo dell’attuazione è il rafforzamento della rete presente sul territorio, con la costituzione a livello locale dei presidi e delle strutture sanitarie previsti dalla riforma approvata;
in questo nuovo assetto, case e ospedali di comunità sono chiamati a rappresentare il primo presidio della sanità territoriale rivolta al paziente;
in particolare le prime, le case della comunità: un presidio fisico di facile individuazione al quale i cittadini possono accedere per i bisogni di assistenza sanitaria. Si distinguono tra hub (quelle principali che erogano servizi di assistenza primaria, attività specialistiche e di diagnostica di base) e spoke, che offrono unicamente servizi di assistenza primaria;
oggi sono poco meno di 14 milioni i residenti anziani nel nostro Paese, rispetto a un totale di circa 60 milioni di abitanti, e nel 2050, pur con una popolazione complessiva molto ridotta (nello scenario di previsione mediano circa 54 milioni di persone) gli ultra 65enni potrebbero essere quasi 19 milioni;
il sistema, così concepito, dovrà accompagnare i bisogni di una popolazione in progressivo invecchiamento, con tutte le necessità connesse: dalla presa in carico della non autosufficienza alla gestione delle malattie croniche;
perciò è cruciale che il modello organizzativo stabilito dal decreto ministeriale n. 77 del 2022 trovi un’applicazione omogenea sull’intero territorio nazionale. Questa è la vera sfida da qui al giugno 2026, scadenza europea per l’istituzione di case e ospedali di comunità,
si chiede di sapere quanta parte delle risorse stanziate dal PNRR per le Missioni 5 e 6 sia a tutt’oggi impegnata e perché il Ministro in indirizzo non abbia, ancora, nominato un direttore generale che si occupi dei fondi del PNRR.