Nicola Irto - Interrogazioni
Al Ministro dell'interno.
Premesso che:
i sistemi di videosorveglianza sono sempre più diffusi nelle nostre città, solo per citare qualche dato nel comune di Milano ci sono 2.174 telecamere con finalità di sicurezza urbana, di cui 1.650 orientabili verticalmente e orizzontalmente e 524 fisse, 1.769 a Roma, 392 a Venezia, 350 a Parma;
dal 2017, con il decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città, lo Stato garantisce un finanziamento annuale per sostenere gli oneri sostenuti dai Comuni per l'installazione di sistemi di videosorveglianza, previsti nell'ambito dei patti per la sicurezza urbana, sottoscritti da prefetti e sindaci;
le tecnologie di riconoscimento facciale, anche a fini predittivi, sono utilizzate in molti Paesi, con risultati controversi e soprattutto con il rischio di gravi violazioni del diritto alla privacy delle persone che si ritrovano inconsapevolmente tracciate, con la possibilità da parte dello Stato o di privati di effettuare match tra la propria fisionomia e i propri profili digitali, aperti o chiusi, particolarmente intrusivi;
nel recente passato, diverse amministrazioni comunali (Como, Torino, Udine, fra le altre) hanno provato a ricorrere all’utilizzo di sistemi di riconoscimento facciale applicati alla videosorveglianza nei luoghi pubblici, prendendo a pretesto supposte esigenze di sicurezza; intenzioni finora rimaste tali grazie all’intervento del Garante per la protezione dei dati personali e del Parlamento, che hanno scongiurato simili decisioni sulla base dell’articolo 7 del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51 (“Trattamento di categorie particolari di dati personali”), che prevede che “Il trattamento di dati di cui all'articolo 9 del regolamento UE è autorizzato solo se strettamente necessario e assistito da garanzie adeguate per i diritti e le libertà dell'interessato e specificamente previsto dal diritto dell'Unione europea o da legge o, nei casi previsti dalla legge, da regolamento, ovvero, ferme le garanzie dei diritti e delle libertà, se necessario per salvaguardare un interesse vitale dell'interessato o di un'altra persona fisica o se ha ad oggetto dati resi manifestamente pubblici dall'interessato”;
la risoluzione del Parlamento europeo del 20 gennaio 2021 sull'intelligenza artificiale ha invitato la Commissione europea a prendere in considerazione l'introduzione di una moratoria sull'utilizzo di tali sistemi da parte delle autorità statali nei luoghi pubblici, aeroporti ad esempio, e nei locali destinati all'istruzione e all'assistenza sanitaria poiché, fino a quando le norme tecniche non saranno considerate pienamente conformi ai diritti fondamentali, i risultati ottenuti non saranno privi di distorsioni e di discriminazioni e non vi saranno rigorose garanzie contro gli utilizzi impropri in grado di assicurare la necessità e la proporzionalità dell'utilizzo di tali tecnologie;
i garanti della privacy europei, l'EDPS (European data protection supervisor) e l'EDPB (European data protection board) in un parere congiunto del 18 giugno 2021 sulla proposta di regolamento della Commissione europea relativa all'utilizzo dell'AI (artificial intelligence), presentata ad aprile 2021, hanno ribadito la necessità di "un divieto generale di qualsiasi uso dell'IA per il riconoscimento automatico di caratteristiche umane in spazi accessibili al pubblico, come il riconoscimento di volti, andatura, impronte digitali, DNA, voce, sequenze di tasti e altri segnali biometrici comportamentali";
con il decreto-legge 8 ottobre 2021, n. 139, recante disposizioni urgenti per l'accesso alle attività culturali, sportive e ricreative, nonché per l'organizzazione di pubbliche amministrazioni e in materia di protezione dei dati personali, l’Italia è diventato il primo Paese dell’Unione europea a vietare il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici;
l’articolo 9, comma 9, sospende, fino al 31 dicembre 2023, “l'installazione e l'utilizzazione di impianti di videosorveglianza con sistemi di riconoscimento facciale operanti attraverso l'uso dei dati biometrici (...) in luoghi pubblici o aperti al pubblico, da parte delle autorità pubbliche o di soggetti privati”, che, ad esempio, non potranno utilizzare sistemi di videosorveglianza con riconoscimento facciale in negozi, palazzetti sportivi e mezzi di trasporto;
il Parlamento europeo sta lavorando ad una disciplina dell'intelligenza artificiale (“AI act”), sulla base delle indicazioni formulate dalla Commissione europea nell'aprile 2021 che prevede uno spazio minimo per l’utilizzo delle tecnologie di riconoscimento facciale in caso di deroghe relative alle autorità pubbliche, che potrebbero avvalersene per ragioni di sicurezza nazionale, difesa e scopi militari: una discussione e un negoziato ancora in corso e i cui esiti saranno vincolanti anche per l’Italia;
nei giorni scorsi, con la necessità di regolamentare l’intelligenza artificiale, è stato firmato un accordo siglato dai gruppi politici al Parlamento europeo, che elimina l’uso più invasivo di alcune tecnologie ritenute inaccettabili quali il social scoring, ovvero la classificazione dei comportamenti sociali su modello cinese, lo stop agli algoritmi che leggono le emozioni in contesti di lavoro o educativo e il divieto di utilizzo, appunto, di telecamere biometriche a riconoscimento facciale nei luoghi pubblici;
in una recente intervista al “Quotidiano nazionale”, del 1° maggio 2023, il Ministro in indirizzo ha dichiarato che: “La videosorveglianza è uno strumento fondamentale. La sua progressiva estensione è obiettivo condiviso con tutti i sindaci. Il riconoscimento facciale dà ulteriori e significative possibilità di prevenzione e di indagine. È chiaro che il diritto alla sicurezza va bilanciato con il diritto alla privacy. C’è un punto di equilibrio che si può e si deve trovare. Proprio in questi giorni abbiamo avviato specifiche interlocuzioni con il Garante per trovare una soluzione condivisa”,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo non ritenga urgente fornire elementi informativi su quali interventi intenda adottare per modificare la normativa vigente che vieta l’utilizzo delle tecnologie di riconoscimento facciale, operanti attraverso l'uso di dati biometrici, nei luoghi pubblici fino alla fine del 2023, alla luce di un dibattito internazionale molto negativo nei confronti dell’utilizzo di simili tecnologie così invasive e lesive dei diritti delle persone e nelle more di una decisione europea che regolerà in maniera cogente l'utilizzo;
quali interlocuzioni abbia avviato con il Garante per la protezione dei dati personali e in quali tempi ritenga possibile una modifica della normativa che, almeno fino a tutto il 2023, vieta espressamente l’utilizzo di queste tecnologie a tutela dei diritti costituzionali dei cittadini.