Il senatore dem boccia il ddl Calderoli: «Iniquo e ingiusto, una “cambiale” di Salvini ai governatori del Nord. I medici cubani? Un bluff»

Corriere Suem torna sul rapporto fra autonomia differenziata e sanità regionale, con un’intervista al senatore dem Nicola Irto, segretario del Pd calabrese, già presidente del Consiglio regionale della Calabria e al suo primo mandato a Palazzo Madama. Mercoledì scorso avevamo sentito la deputata M5S Anna Laura Orrico e ieri il deputato leghista Domenico Furgiuele. Secondo Irto, «l’impatto dell’autonomia differenziata sarebbe devastante in ogni materia e avrebbe conseguenze molto gravi anche sulla sanità della Calabria». «Già con l’impianto legislativo attuale, le differenze tra le varie Regioni, sia per quel che riguarda i Lea che le strutture e i servizi sanitari in genere, sono molto evidenti e – sostiene il senatore del Partito democratico – lo Stato, almeno fin qui, non è riuscito a riequilibrare il sistema. La pandemia, che evidentemente non ci ha insegnato alcunché, ha dimostrato con estrema chiarezza i limiti del servizio sanitario calabrese e le sue fragilità».
«L’autonomia non farebbe altro che – rimarca Irto – acuire le differenze già in atto e rendere ancora più evidente lo scarto tra il Servizio sanitario che le Regioni più ricche sarebbero in grado di offrire, rispetto a quelle che già oggi arrancano o, addirittura, sono ancora sottoposte a Piano di rientro, così com’è per la Calabria. Il risultato finale sarebbe quello di indebolire ancora la sanità calabrese, favorendo l’aumento della migrazione sanitaria verso le Regioni più ricche e alimentando un circolo vizioso che azzererebbe ogni possibilità di sviluppo e ammodernamento del comparto».

Come si pone il Pd calabrese rispetto al tema dell’autonomia differenziata?
«La posizione del Pd calabrese è la stessa di quella assunta dal Pd nazionale. Il ddl Calderoli, così come formulato, non è accettabile. È iniquo, ingiusto, presenta alcuni profili di incostituzionalità ed è stato già bocciato dalla Conferenza Stato-Regioni. Affidare i Lep ad una Commissione interministeriale, poi, non fa altro che privare il Parlamento delle sue competenze e, in ogni caso, finisce con il legare i finanziamenti alle Regioni al criterio della spesa storica, senza prevedere alcun tipo di perequazione. Chiaramente un impianto di questo genere rischia di dividere in due il Paese con conseguenze molto gravi per le Regioni meridionali che già hanno un importante gap da recuperare nei confronti del Nord del Paese».

Secondo il politologo Isaia Sales, i presidenti Zaia e Fedriga tirano la giacchetta a Salvini per tutelare gli interessi delle loro regioni. L’accelerazione sull’autonomia differenziata ne sarebbe una riprova.Qual è il suo punto di vista nel merito?

«Mi sembra un’interpretazione aderente alla realtà. Il risultato ottenuto dalla Lega alle elezioni è stato inferiore alle aspettative e, per la prima volta, la leadership di Salvini è stata messa in discussione. I potenti governatori del Nord chiedono adesso che venga mantenuto quanto promesso e, dunque, che si arrivi all’autonomia nel più breve tempo possibile. Questo spiega l’accelerazione, altrimenti ingiustificata, impressa da Calderoli. Si tratta, invece, di una riforma importante che richiederebbe ben altro tipo di concertazione e di approfondimento e che non può essere trattata come una cambiale elettorale da estinguere anche in vista delle prossime regionali in Lombardia».

Salvini ha detto che l’autonomia differenziata sarà pronta entro il 2023. Lei ci crede? Come si sta muovendo, al riguardo, il Pd calabrese?
«Mi auguro che anche le altre forze del centrodestra riflettano sul tema e rallentino l’iter legislativo per arrivare ad una riforma equa che tenga in debito conto gli interessi di tutte le aree del Paese. Il Pd calabrese, così come quello nazionale, farà tutto quello che è possibile per bloccare un ddl che, così come formulato, non può trovare approvazione».

Ritiene che l’iter per l’autonomia differenziata possa influenzare il dibattito politico sulla modifica dei criteri di ripartizione del Fondo sanitario? Se sì, in che modo?
«Non credo si possano fare previsioni precise al riguardo. Quello che è certo che con 21 Servizi sanitari diversi si avranno ancora maggiori sperequazioni nel senso indicato prima. E, al momento, ci sarebbe invece la necessità di interventi decisi per migliorare la sanità nelle Regioni del Sud».

Come valuta la riorganizzazione in atto della sanità della Calabria? Nel contesto, l’autonomia differenziata può essere un pericolo oppure un vantaggio?
«I Lea in Calabria non migliorano nonostante da lunghi anni la sanità sia commissariata e sia aumentato il disavanzo. Una vera e propria riorganizzazione non esiste, anche perché si è costretti ad inseguire le emergenze senza avere né i fondi necessari né l’autonomia per programmare la spesa. Non è la parola “autonomia” che deve fare paura, ma il modo in cui viene declinata dal centrodestra e dalla Lega, cioè in un’ottica che vuole cristallizzare le inaccettabili differenze già in atto».

Di che cosa avrebbe bisogno il Servizio sanitario calabrese per garantire il diritto alla salute e ridurre la migrazione sanitaria?
«La Calabria deve ritornare alla gestione ordinaria e risolvere il problema del debito. I calabresi non possono essere chiamati a rispondere del debito prodotto durante la gestione dei commissari inviati da Roma. Servono poi i fondi necessari per potere avere strutture all’altezza, a cominciare da quelle dell’emergenza-urgenza. Indispensabile è poi fare una scelta decisa, complessiva, verso una sanità pubblica con investimenti in grado di risolvere il problema degli organici e degli stipendi. Sperare di ridurre la migrazione con bluff come quelli del ricorso ai medici cubani non porterà ad alcun miglioramento di tipo strutturale».

Corriere della Calabria del 20 gennaio 2023

 

   

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